RUANDA

KAGAME SOGNA UN PAESE PIU’ GRANDE

(28 Marzo 2025)

KIGALI. Paul Kagame  sogna di guidar un giorno un Ruanda  più grande: «Discendente da una stirpe reale – scrive Colette Braeckman [1] – non si sente legato all’ordine internazionale imposto dagli occidentali dopo la seconda guerra mondiale. Il suo punto di riferimento è la lunga storia del Ruanda, una monarchia la cui capitale era Nyanza, in mezzo alle colline, dove il Mwami (re) governava su una popolazione industriosa di agricoltori e pastori. I mercanti di schiavi non entrarono mai in questo regno sugli altopiani, e tantomeno ci riuscì l’esploratore britannico-statunitense Henry Morton Stanley

Per questo, da quando Paul Kagame è al potere (Luglio 1994) sviluppa una politica estera ad ampio spettro che non esclude nulla:

  •  invia le proprie truppe in diversi teatri di crisi, come in Centrafrica  e Mozambico;
  • stringe relazioni coi principati del Golfo Persico, Qatar  ed Emirati Arabi   in primis, affinché investano in Ruanda;
  • fa entrare il Paese nel Commonwealth  ed a Kigali ospita il vertice dei capi di stato o di governo, presente Re Carlo III Windsor;
  • appassionato di sport, vuole che nel “Paese delle mille colline” si disputino il mondiale di ciclismo ed un gran premio di Formula Uno, inoltre alcune squadre di calcio recan sulle maglie il logo di “Visit Ruanda”, una campagna pubblicitaria internazionale che incoraggia i turisti a venir numerosi;

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  • vara piani per lo sviluppo d’un’economia “verde” che mira ad usare fonti energetiche rinnovabili.

Rwanda paese dalle mille colline, Rwanda punta alle miniere del Congo***

COME A SINGAPORE

Il Presidente Kagame sogna di far del Ruanda la “Singapore  d’Africa”: un luogo cioè dove il capitalismo gode della massima libertà, mentre il governo controlla i cittadini e limita il più possibile qualunque opposizione.

Il 15 Luglio 2024 è rieletto col 99,15% dei voti, l’FPR controlla il Parlamento, così come a Singapore il PAP domina da più di sessant’anni la scena politica e vince le elezioni a mani basse.

Per raggiungere questo risultato, qui come là, è stata chiusa la bocca a tutte le voci critiche con qualunque mezzo.

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UN TERRITORIO PIU’ VASTO

RDC Est e Ruanda, conflitto nella zona del Lago Kivu, espansione del Ruanda nel nord-est del CongoIn questo contesto, va collocata la politica d’espansione del territorio nazionale del Ruanda, a spese soprattutto della Repubblica Democratica del Congo, in particolare delle aree popolate da genti che parlan Kinyarwanda.

• Nel settembre 1996, ossia due anni dopo esser salito al potere, Paul Kagame appoggia l’insurrezione di Laurent D. Kabila che, partendo da Lubumbashi, Katanga, marcia su Kinshasa: quando il 17 maggio dell’anno successivo il ribelle prende il potere, i suoi collaboratori principali son dei ruandesi. L’anno dopo però, improvviso voltafaccia: Kabila li espelle.

• tra il 1998 e il 2002 Kigali partecipa in forze alla seconda guerra del Congo, in un primo momento alleata con l’Uganda, poi contro Kampala: la pace di Lusaka (2003) ristabilisce però l’integrità territoriale di Kinshasa.

Nell’est congolese non torna la calma, perché sorgon nuove milizie ribelli: nel 2008, ad esempio, nasce quello che poi diverrà il Mouvement du 23 mars  (M23) che difende gl’interessi dei tutsi che vivon intorno al lago Kivu.

Quattro anni più tardi, costoro occupan Goma: Barack Obama che teme una nuova guerra generale nel Congo, convince Kagame a far ritirare gli occupanti.

• Novembre 2021: dopo anni di relativa quiete, l’M23 riprende le ostilità ed avanza nelle province del Kivu: nel gennaio 2025 è lanciata l’offensiva che porta alla nuova occupazione di Goma, poi Bukavu ed altre località: il 20 Marzo, cade nelle mani dei ribelli Walikale che si trova a 50 km. da un’importantissima miniera di stagno, la terza al mondo per estensione).

Kinshasa, quindi, accusa Kigali d’aggressione, ma ciò che emerge dai resoconti indipendenti è l’impreparazione delle FARDC che talora si dan alla fuga, mentre i soldati denuncian la corruzione dei vertici: alleati dei governativi sono i Wazalendo, “patrioti” in kiswahili, una milizia, in passato ostile al governo, che ora però è passata dalla sua parte.

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PROVE DI PACE

Intanto, il 18 Marzo, Kagame si incontra in Qatar col suo collega congolese Félix Tshisekedi. Finora, tutti i tentativi per un vertice tra i due leader son falliti: stavolta, in segreto, la diplomazia qatarina centra l’obiettivo: al termine della riunione, con un comunicato congiunto, il Ministero degli Esteri di Doha, annuncia un cessate il fuoco e l’avvio di contatti per «stabilire solide basi per una pace duratura.»

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KAGAME CONTRO TUTTI

Per parecchio tempo, la tesi ufficiale in voga a Kigali è che i combattimenti in atto nell’area del Kivu son un affare interno congolese: perciò Kinshasa deve aprir trattative coi ribelli per risolver il contenzioso in atto.

I congolesi ribatton che nel loro est
i miliziani son appoggiati da militari ruandesi: lo conferman diverse inchieste giornalistiche, come quelle del Guardian, e rapporti pubblicati da esperti dell’ONU .

Dopo l’occupazione di Goma e Bukavu , poi, il quadro delle relazioni internazionali si complica:

• A New York, Palazzo di Vetro, il Consiglio di Sicurezza approva, su proposta francese la risoluzione N. 2773  con cui si chiede il ritiro delle forze straniere dal Congo;

Francia, germania, Gran Bretagna dichiaran di voler sospender dei contratti in atto col Ruanda, detto anche “Paese delle mille colline”;

• il Belgio, ex potenza coloniale, chiede all’UE di congelar gli accordi in atto che prevedon il finanziamento di alcune attività economiche promosse a Kigali e dintorni da società in cui Kagame ha degl’interessi: conseguenza, rotte le relazioni diplomatiche con l’ex potenza coloniale.

L’evoluzione degli eventi spinge Kigali a cambiar versione:

L’RDF  (Rwandan Defence Force), forse 3-4.000 tra soldati ed ufficiali, son a Goma e dintorni per difendere il proprio paese dalle aggressioni delle FDLR  (Forces Démocratique de Libération du Rwanda), una milizia messa in piedi dagli Hutu espatriati dopo l’apocalisse del ’94.

Sull’orizzonte di Kagame si profila un incubo: diverse fonti raccontan che Kinshasa ha offerto agli Stati Uniti di Donald J. Trump i minerali strategici che tanto interessano: cobalto, tantalio, rame… in cambio d’un cospicuo aiuto americano nella lotta contro i rivali.

Se quest’intesa prendesse corpo, sfumerebbe ancor una volta il desiderio ruandese d’espander la propria influenza in un’area più vasta rispetto all’angusto territorio nazionale e sarebbe una sconfitta clamorosa per una leadership che ha puntato molto, forse tutto, sull’acquisizione di terre ricche d’ogni ben di Dio su cui in questi anni è fiorito un lucroso contrabbando.

La popolazione civile è quella che soffre maggiormente a causa del conflitto:  a febbraio 2025 è stato ucciso  Delcat Idinco rapper attivista congolese per una canzone contro l’M23.

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MIRE ESPANSIONISTICHE

La storia dell’umanità è piena d’episodi d’espansionismo territoriale: per secoli, gl’imperi han esteso il proprio territorio sia per allontanare le minacce esterne, sia per aumentare la propria potenza economica.

I decenni che stiam vivendo son segnati dal risorgere del nazionalismo: a livello mondiale tre Paesi cercan d’affermare la propria leadership:

la Russia di Vladimir V. Putin, nel 2022, aggredisce l’Ucraina sperando di rovesciar il governo in carica ed installarvene uno più favorevole a Mosca.

La Cina di Xi Jinping sogna d’inglobare quanto prima Taiwan per impossessarsi dell’industria che produce il 90% dei microchip in circolazione.

Gli Stati Uniti di Donald J. Trump han già detto chiaramente che entro questo quadriennio voglion occupar la Groenlandia, riprendersi il Canale di Panamá e far del Canada il 51° stato dell’Unione.

Magari questi progetti espansionistici non andranno tutti in porto,ma ugualmente segnan un drammatico ritorno all’epoca dei nazionalismi spinti che dominaron la scena nella prima parte del XX secolo e provocaron lo scoppio delle due guerre mondiali.

Nel loro piccolo, poi, tanti altri leader cercan di regolar dei conti con vicini scomodi o riottosi:

Israele prova a reimpossessarsi di Gaza e bombarda senza tregua la Cisgiordania e il Libano;

Il Venezuela sogna di strappar alla Guyana l’Essequibo, regione scarsamente abitata, ma ricca di materie prime strategiche;

La Turchia sottrae alla Siria pezzi del suo territorio per impadronirsi delle sorgenti di tigri ed Eufrate e dirottar l’acqua a beneficio della propria agricoltura.

E si potrebbero far altri esempi: in questo contesto, quindi, si capisce come mai Paul Kagame, leader assoluto d’un piccolo e sovrappopolato stato dell’Africa equatoriale (26.338 kmq., 13 milioni d’abitanti, 500 persone per chilometro quadrato) sogni d’ampliare il suo spazio territoriale.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTA:

[1] C. Braeckman, La scommessa rischiosa di Paul Kagame, internazionale N. 1600, 7 Febbraio 2025