LA SVOLTA ROSA DEL GIAPPONE
(17 Settembre 2016)
TOKYO. «Vorrei che ciascuno di voi mi aiutasse a creare un partito che propone invece di criticare… è così che un
giorno diventeremo la scelta del Giappone». Murata Renho, 49 anni, figlia d’una coppia mista è la nuova leader del
Partito Democratico giapponese (PDJ).
La notizia è importante per due motivi:
1. Murata è una donna impegnata in politica;
2. Murata non è una “giapponese verace”, perché suo padre è di Taiwan.
Sono due fatti, che per la mentalità conservatrice nipponica, hanno molta importanza.
Le donne in politica. Attualmente, nelle due camere della dieta le donne sono, rispettivamente, il 10% alla Camera
dei rappresentanti ed il 20 alla Camera dei Consiglieri. Finora la promessa del Primo Ministro Abe shinzo di
portare la presenza femminile al 30%, sia negl’incarichi pubblici sia alla dirigenza delle società e delle aziende,
non ha avuto un reale seguito.
Tuttavia, in poco più d’un mese due avvenimenti hanno determinato una piccola svolta:
• il 31 luglio, Koike Yuriko, indipendente, è stata eletta governatrice di Tokyo, una carica di notevole
importanza, perché, in pratica, è il capo dell’amministrazione d’una città di 13 milioni d’abitanti;
• ad agosto, Inada Tomomi è stata nominata Ministro per la Difesa;
• ed ora Murata Renho diviene la leader dell’opposizione al governo liberaldemocratico di Abe Shinzo.
Non si può perciò escludere che un giorno, una di queste donne occupi la carica più importante del Paese, cioè la
premiership.
Gli stranieri nel sol Levante. Il Giappone si considera un’arcipelago etnicamente omogeneo e vede male la presenza
degli stranieri. Anche se i matrimoni misti sono in crescita, (nel 2015 erano il 3,3 per cento contro lo 0,5 della
fine degli anni Sessanta), l’inserimento nella società di elementi non pienamente giapponesi o addirittura
stranieri è problematico. Dal Seicento fino al 1853 il Paese era chiuso ad ogni influenza straniera e non mancarono
le persecuzioni religiose verso le minoranze cristiane. Dopo ci fu una timida apertura, ma non mancarono nel
Novecento i Pogrom contro le comunità cinesi e coreane e l’ottenimento della cittadinanza giapponese da parte di
uno straniero è operazione complessa.
Tuttavia, anche il Giappone è un paese in repentino invecchiamento e prima o poi dovrà essere modificata la
legislazione sulle naturalizzazioni.
«Ci saranno più discussioni all’interno del partito su come il Giappone possa promuovere valori come diversità e
coesistenza», ha sottolineato Murata, nel suo primo discorso da leader del partito democratico, lasciando intendere
che tra gli obiettivi della sua leadership vi sarà anche una certa apertura ai non pienamente giapponesi.
La mission di Murata. Giornalista ed ex presentatrice televisiva, Murata Renho è convinta che la priorità del suo
partito democratico sia quella di riqualificarsi come seria alternativa al partito liberal democratico che, a capo
della sua coalizione, ha la maggioranza in entrambe le camere del parlamento. «D’ora in avanti ci confronteremo con
un gigantesco Partito di governo» ha dichiarato appena eletta.
I liberaldemocratici sono alla guida del Giappone, quasi ininterrottamente, dal 1955. In particolare, hanno
stravinto sia le elezioni per la Camera Bassa del 2015, sia quelle per metà della Camera Alta tenutesi lo scorso
luglio. Il partito democratico ha avuto una travagliata esperienza di governo tra il 2009 ed il 2013, (fra l’altro
era al potere quando si verificò il tremendo terremoto di Fukushima l’11 marzo 2011), ma la fragile coalizione,
denominata da qualcuno l'”ulivo giapponese”, fece la fine della sua versione italiana, dilaniata da dissensi,
scandali di corruzione, rivalità personali e guerre intestine.
Ora, Murata si pone l’obiettivo di rilanciare l’immagine del PDJ e prepararlo alle prossime scadenze elettorali
nella speranza di battere la “balena gialla”, cioè il LDP e la sua coalizione conservatrice.
PIER LUIGI GIACOMONI