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SRI LANKA VOTA RAJAPAKSA
(10 Agosto 2020)

SRI-LANKA-VOTA-RAJAPAKSACOLOMBO. 7.452 candidati, 70 partiti, 313 liste locali questo il parcellizzato menù delle elezioni legislative del 5 agosto in Sri Lanka, l’isola dell’Oceano Indiano, situata a sud est dell’India, chiamata a rinnovare il proprio Parlamento: il sistema elettorale prevede che il popolo elegga direttamente 196 deputati, mentre i restanti 29 vengon nominati, traendoli dalle liste più votate a livello nazionale.

I sondaggi della vigilia prevedono un forte sostegno popolare per la lista dei fratelli Rajapaksa, rispettivamente Capo dello Stato, Gotabaya, e Capo del Governo, Mahinda e i risultati confermano.

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TUTTO IL POTERE AI RAJAPAKSA.

Secondo i dati definitivi, lo Sri Lanka Podujana Party (Slpp) del premier Mahinda Rajapaksa (che ne è il segretario) ottiene una larga maggioranza assoluta: 145 seggi su 225 e col sostegno di almeno altri cinque alleati, controlla saldamente la nuova Camera.

L’alleanza Samagi Jana Balawegaya, capeggiata da Sajith Premadasa, figlio del defunto Presidente Ranasinghe, assassinato nel 1993 dai ribelli Tamil, l’unica forza che in teoria poteva impensierire il clan dominante – raccoglie un deludente 20% ed avrà 54 deputati.

Ridimensionata anche la moderata Tamil National Alliance (Tna), che perde sei mandati, conquistandone solo 10.

Agli altri partiti rimangono le briciole: 16 seggi in tutto, tra essi polverizzato lo schieramento dell’ex premier Ranil Wickremesinghe che passa da 106 a un seggio.

Alta la partecipazione al voto: ben il 75% dell’elettorato si è recato alle urne.

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I RAJAPAKSA

Ma chi sono i fratelli Rajapaksa?

Il presidente Gotabaya, eletto nel novembre 2019, è un personaggio controverso, da tempo coinvolto in vicende di frode e corruzione: le sue posizioni ideologiche sono assimilabili a quelle dei militanti buddisti, noti per le loro violenze contro la minoranza musulmana, avvenute dopo gli attentati del 21 aprile 2019 contro alcune chiese cristiane la mattina di pasqua.

Gli stessi miliziani buddisti si macchiarono d’orrendi crimini durante la lunga guerra civile che lacerò il Paese.

Lo scorso marzo, il Presidente aveva decretato la dissoluzione del legislativo, accusato di remare contro il governo, ma il diffondersi della pandemìa ha consigliato rinviare lo svolgimento dello scrutinio.

Mahinda, invece, è il personaggio politico più noto degli ultimi anni: Presidente della Repubblica tra il 2005 ed il ’15, nel 2009 celebra come un vero trionfo personale la vittoria conseguita grazie all’esercito nella guerra ultradecennale contro i ribelli delle tigri dell’Elam Tamil che dal 1983 si battono per la separazione delle regioni tamilofone dal resto del Paese.

Rajapaksa non ha scrupoli e la lotta contro i ribelli fa uso anche del terrore: villaggi bruciati, torture, sparizioni, stupri della popolazione. Insomma, tutto il manuale del terrore di Stato è applicato a piene mani pur d’aver ragione d’una guerriglia che ha dato parecchio filo da torcere a tutti i governi succedutisi negli anni a Colombo.

Mahinda fa di più: concentra nelle sue mani un enorme potere, impone un vero e proprio culto della propria personalità ed usa spregiudicatamente la corruzione pur di mantenersi al potere il più a lungo possibile.

Nel 2015 però perde le presidenziali e passa all’opposizione finché a novembre il fratello diviene primo cittadino e lui è nominato Capo del Governo.

Se non sorgeranno rivalità personali c’è da supporre che il loro regime duri ancora a lungo: tutto il potere quindi ai Rajapaksa che potranno realizzare i loro programmi che prevedono un rafforzamento della figura del Presidente e un più stretto legame tra l’economia dell’isola con la Repubblica Popolare Cinese.

Non è un mistero che il clan dominante abbia rapporti stretti con Pechino che ha finanziato grandi progetti infrastrutturali ed ha rifinanziato con prestiti il pesante debito pubblico nazionale.

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SRI LANKA.

Abitato da circa 22 milioni di persone, Sri Lanka è indipendente dalla Gran Bretagna dal 1948: a quell’epoca si chiamava Ceylon.

Per decenni è guidato dalla famiglia Bandaranaike, ma poi nel 1977 le elezioni sono vinte dal Partito Nazionale Unito (UNP): la politica filo singalese dell’UNP getta le basi per il conflitto che sarebbe scoppiato nel 1983 tra i Tamil, generalmente induisti, e i singalesi, buddisti.

La guerra è andata avanti per 26 anni ed ha avuto come esito l’impoverimento dell’economia, basata soprattutto su turismo ed esportazione di tè, nonché lo sviluppo d’una forte diaspora.

Per sfuggire alle violenze e alla povertà, molti srilankesi, sia singalesi che tamil, sono emigrati all’estero ed oggi con le loro rimesse alimentano un Paese in forte difficoltà.

PIER LUIGI GIACOMONI

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