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LAOS. NO ALLA GRANDE STATUA DI BUDDHA IN PIEDI
(16 Novembre 2021)

VIENTIANE. Un’impresa cinese si è offerta di costruire un’enorme statua di Buddha, ma una parte dell’opinione pubblica non la vuole.

Motivo? Buddha verrebbe rappresentato in piedi «nello stile tipico della scuola Mahayana conosciuta come il “grande veicolo”» racconta lemonde.fr.
«Questa corrente è diffusa in Cina e nel nord-est asiatico, mentre in Laos prevale, come in Thailandia e Birmania, la scuola Theravada, detta del “piccolo veicolo”.»

Il Theravada, però, preferisce raffigurare l’Illuminato «in posizione di meditazione, cioè seduto».

Vientiane, in nome dell’amicizia sino-laotiana, celebra però il dono offerto da Wanfeng Real Estate di Shanghai: l’impresa fin dal 2012 ha proposto la realizzazione di questo monumento, ma finora non ha avuto il via libera dalle autorità.

Ora il governo lascia intendere che tutti gli ostacoli sono da considerare rimossi: in agosto, il vice premier Kikeo Khaykhamphithoun, si è recato nei locali dell’impresa promotrice per visionare il progetto insieme ai responsabili dell’azienda cinese, ma sulle reti sociali, conclude lemonde.fr si sono lette critiche.

la statua progettata dovrebbe, nelle intenzioni dei promotori, diventare la principale attrazione del parco acquatico che sarà aperto nella Zona Economica Speciale (ZES) di 3,65 kmq, prevista nella regione delle paludi di That Luang, ad est della capitale: gli accordi prevedono che turisti cinesi vengano a visitarla, una volta realizzata.

Già, il turismo. Sono decenni che i Paesi vicini al Laos cercano di coinvolgerlo nel grande business del turismo di massa, ma i laotiani recalcitrano: situato nel mezzo dell’Indocina, per anni ha scelto l’autoisolamento. Questa posizione geografica in passato gli costò carissimo: «Per rifornire i guerriglieri vietcong nel Sud Vietnam – narra Tiziano Terzani[1] – i comunisti di Hanoi aprirono attraverso le foreste del Laos quello che divenne famoso come «il sentiero di Ho Chi Minh»; per chiudere quel sentiero gli
americani fra il 1964 e il 1973 sganciarono – «segretamente» – sul Laos più bombe che sulla Germania e sull’intera Europa occupata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale: due milioni di tonnellate di esplosivo.»

Forse è per le sofferenze causate dal lungo conflitto indocinese che poi il Partito Rivoluzionario del Popolo Laotiano (PRPL) ha imposto un’autarchia che solo negli anni Novanta e molto cautamente è stata abbandonata: del resto, molti parlano dei Lao come d’un popolo rivolto al passato, molto rinchiuso in se stesso, profondamente diverso dai vicini.

«I francesi – prosegue Terzani – che conoscevano bene i popoli delle loro colonie, dicevano: “I vietnamiti piantano il riso, i khmer li stanno
a guardare e i lao ascoltano il riso che cresce”.»

PIER LUIGI GIACOMONI

***

NOTA.

[1] T. Terzani: un indovino mi disse, Longanesi, Milano, 1995.

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