LA SOMALIA VUOL ELIMINARE GLI AL SHABAAB
(14 Novembre 2022)
MOGADISCIO. La Somalia, devastata da oltre trent’anni di guerra civile, vuol eliminare gli al Shabaab, la milizia islamista, legata ad Al Qaeda.
Il nuovo Presidente Hassan Sheikh Mohamud, 67 anni, islamico moderato, legato alla sezione locale della Fratellanza musulmana, è stato eletto a maggio con la promessa che si sarebbe battuto con ogni mezzo contro i jihadisti.
Per questo, in Settembre, ha lanciato un’offensiva di vaste proporzioni contro la milizia fondamentalista che sogna d’instaurare nel Paese del Corno d’Africa un regime simile a quello dei Talebani in Afghanistan.
Dopo aver utilizzato i primi tre mesi del suo mandato più all’estero che in patria e distribuito cariche secondo logiche clientelari, ha solennemente dichiarato che l’obiettivo primario della sua amministrazione è sradicare al Shabaab.
Intervenendo dinanzi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 22 Settembre ha detto:
«Ora siamo fiduciosi che, con un maggiore sostegno pubblico, il nostro governo eliminerà il terrorismo dalla Somalia, perché il popolo ha finalmente capito che le azioni repressive di al Shabaab non finiranno finché non agiamo all’unisono per raggiungere questo obiettivo. Il popolo si è organicamente sollevato per sostenere il proprio governo.»
Rivolgendosi alla popolazione ha avvertito:
«Al Shabaab dovrà confrontarsi con ogni metodo consentito dalla guerra: sarà bombardato, saccheggiato e sottoposto ad attacchi aerei, quindi state alla larga da loro. Ogni membro di Shabaab è un bersaglio, proprio allo stesso modo in cui il gruppo prende di mira e uccide il popolo somalo».
***
DALLE PAROLE AI FATTI
I TRE FRONTI DI GUERRA
Finora, alle parole son seguiti i fatti: l’offensiva di Mohamud investe tre ambiti:
1. il militare: attaccare le basi dei miliziani;
2. l’economico: privare al shabaab delle fonti di finanziamento;
3. il mediatico: mettere la sordina alla propaganda fondamentalista. .
***
L’AMBITO MILITARE
Da metà Settembre le forze governative coadiuvate da droni turchi hanno attaccato con successo alcune basi degli al Shabaab:
L’esercito regolare somalo coadiuvato dalle forze speciali e dal supporto dei droni, ha ripreso il controllo di oltre trenta villaggi nella regione di Hiran e Galgudud. Le azioni militari hanno portato all’uccisione di circa 200 affiliati al gruppo terroristico.
Il governo, scrive l’agenzia di stampa “Sonna”, ha ripreso il controllo della città di Moqokori e di Jaw, un’area strategica situata tra le città di Guri’el ed El Bur, nella regione centrale di Mudug.
«è la prima azione del governo su grande scala per riprendere il controllo di intere porzioni del territorio nazionale, andate completamente in mano al gruppo terroristico oltre un decennio fa», narra Matteo Palamidesse[1].
Nell’ambito dell’offensiva già citata spicca l’uccisione, il 1° Ottobre, di Abdullahi Nadir, detto Yare, uno dei co-fondatori e dei leader del movimento armato. Un attacco al quale i terroristi hanno risposto con tre potenti attentati con autobombe che hanno ucciso almeno una ventina di persone nella città centrale di Beledweyne, mentre il 29 Ottobre, presso la sede del Ministero dell’Educazione, due autobombe son esplose provocando la morte di 120 persone, tra cui donne e bambini, e il ferimento di circa 300.
***
DUE NUOVI ATTORI SULLA SCENA: STATI UNITI E TURCHIA
Questo rinnovato impegno di Mogadiscio non sarebbe possibile senza l’intervento di due attori che stanno svolgendo un ruolo non secondario sulla scena somala: Stati Uniti e turchia hanno infatti garantito pieno sostegno al nuovo leader.
***
STATI UNITI
A quasi trent’anni da Restore Hope, la fallita missione condotta dai militari occidentali che mirava a ristabilire in Somalia un governo non ostile a Washington e ai suoi alleati, gli statunitensi hanno inviato, dice Mogadiscio, propri droni in appoggio all’esercito governativo.
«Il Comando africano degli Stati Uniti (Africom) – racconta Palamidesse[2] – ha affermato di aver effettuato lo scorso 18 Settembre, su richiesta del governo federale della Somalia, un attacco aereo contro i miliziani di al Shabaab vicino a Bulo Burti, nella regione centrale di Hiran, uccidendo 27 combattenti.»
Non è un caso che ciò sia avvenuto: le
operazioni hanno preso il via ad una settimana di distanza dalla prima visita ufficiale nella capitale statunitense del Presidente Mohamud, durante la quale ha incontrato i titolari della Difesa Lloyd Austin, degli Esteri Antony Blinken e della Sicurezza nazionale Jake Sullivan.
A Luglio, poi, Joe Biden aveva autorizzato il dispiegamento di un contingente di 500 uomini a contrasto delle azioni terroristiche di al Shabaab.
Un chiaro sostegno al neoeletto Mohamud e una chiara marcia indietro rispetto alla decisione di ritirare le truppe, presa nel dicembre 2020 da Donald J. Trump che aveva rapporti tesi col predecessore di Mohamud, Abdullahi Mohamed “Farmajo“, in carica dal 2017 al maggio 2022.
Secondo l’Africa Center for Strategic Studies, nel 2021 il numero degli attacchi alla popolazione civile per opera di al Shabaab si è incrementato del 17%: da 1.771 (2020) a 2.072.
Washington, intanto, starebbe valutando la possibilità d’estendere la propria presenza al somaliland, la regione settentrionale del Paese, autoproclamatasi indipendente nel 1991.[3]
***
TURCHIA
Ankara sta svolgendo un vasto programma d’intervento sulla scena africana: in pochi anni le sue ambasciate sono arrivate al significativo numero di 43 su 55 Stati indipendenti, inoltre il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha effettuato numerose tournée nel continente.
In questo caso, è lo stesso governo somalo a confermare il dispiegamento di droni turchi nell’offensiva militare contro al Shabaab.
Il Ministro dell’Interno Ahmed Mo’alim Fiqi ha affermato che i droni da combattimento e di sorveglianza d’Ankara hanno fornito supporto aereo all’esercito somalo che nelle ultime settimane ha lanciato – in collaborazione con il Comando Usa per l’Africa (Africom) e le milizie dei clan armati – una vasta offensiva nelle regioni centrali di Hiran e Galgudud.
Ankara è tra i principali alleati del governo somalo e Mogadiscio ospita la più grande base militare d’oltremare turca, aperta nel 2017, dove si sono addestrati migliaia di soldati somali.
***
ARMI AI CLAN
Nella strategia governativa rientra anche la distribuzione d’armi ai clan che operano sul territorio nazionale.
Per Suhaib Mahamoud[4], ricercatore e giornalista somalo, che vive a Doha (Qatar) «armare i clan” [è] una scelta debole […] perché mette a rischio il monopolio dello stato sull’uso della forza e la sua capacità di garantire la stabilità.»
Inoltre «è un ritorno al passato. Nella migliore delle ipotesi, modificherà le dinamiche interne ai gruppi di potere. Questo è pericoloso, soprattutto alla luce della politicizzazione dell’identità di clan e della lotta per gli incarichi statali. […] Le armi di cui lo stato inonderà i clan non faranno che gettare benzina sul fuoco».
Sarebbe meglio, secondo l’osservatore, affrontare l’ideologia di al Shabaab con una «contronarrazione convincente. I jihadisti cercano reclute tra le persone marginalizzate, spesso di clan minori, che nel nichilismo jihadista trovano una risposta alle ingiustizie commesse dallo stato o dai signori della guerra. La nuova strategia dovrebbe rispondere alle richieste di giovani senza speranze, ai quali sono negati dignità, istruzione e beni di prima necessità. È necessario rafforzare la lotta contro la corruzione e sviluppare il sistema giudiziario.»
***
GLI ALTRI DUE AMBITI: ECONOMICO E MEDIATICO
La guerra di Mohamud non comprende solo l’ambito militare, ma anche quelli economico e mediatico.
***
IL FRONTE ECONOMICO
Sotto il profilo economico, il governo di Mogadiscio vuol tagliare i fondi che giungono ai jihadisti: il Ministero del Commercio e dell’Industria perciò ha diramato una nota in cui avvisa che la legge sarà severamente applicata e dunque chi continuerà a pagare le “tasse” imposte dai jihadisti sarà sanzionato fino alla revoca della licenza commerciale e alla confisca dei beni.
«Al Shabaab – si legge su nigrizia.it[5] – nelle aree sotto il suo controllo, esige un tributo sugli immobili, attua posti di blocco sulle strade imponendo un pedaggio e riesce anche a riscuotere i diritti di dogana sulle importazioni che transitano dal porto di Mogadiscio.»
Un recente rapporto dell’Hiraal Institute, centro studi somalo, stima che al-Shabaab con queste imposizioni raccolga più di 15 milioni di euro al mese, che vanno a sostenere l’attività terroristica.
***
LA GUERRA MEDIATICA
Sul piano mediatico, il governo vuole anche agire in ambito informativo: L’8 ottobre, infatti, ha imposto agli organi di stampa e ai social media, il «divieto totale» di diffondere contenuti di «propaganda» di al Shabaab.
«Voglio informare i media somali e tutto il popolo che considereremo tutta la copertura propagandistica relativa ad al Shabaab, compresi i loro atti terroristici e la loro ideologia, come crimini punibili», ha detto il Viceministro dell’Informazione Abdirahman Yusuf. «I loro clip audio, video, foto e messaggi, non possono più essere diffusi».
Yusuf ha anche affermato che il governo ha lanciato operazioni informatiche contro «account terroristici» sui social media, disabilitandone più di 40 su Facebook e Twitter.
La stessa sorte toccherà «anche ad altre fonti online, come applicazioni e siti web che i terroristi utilizzano per diffondere i loro messaggi.»
***
AL SHABAAB
«Al Shabaab, che in arabo significa “la gioventù”, si è sviluppato – scrive ilpost.it[6] – dall’Unione delle Corti Islamiche, una rete di gruppi islamisti che all’inizio del 2006 prese il controllo di Mogadiscio.»
Per tentare d’inquadrare correttamente gli avvenimenti in corso, occorre riassumere la complicata storia della Somalia.
***
L’INDIPENDENZA
La Repubblica di Somalia nasce il 1° Luglio 1960 con la fusione in un’unica entità statuale dell’area settentrionale sotto controllo britannico e di quella meridionale affidata all’Italia in amministrazione fiduciaria dalle Nazioni Unite.
Dopo nove anni di governo civile, il 21 Ottobre 1969 un colpo di Stato porta al potere Mohammed Siad Barre (1919 – 1995). Questi rimane al potere 22 anni durante i quali impone un duro regime dittatoriale. Nel ’91, mentre nel resto dell’Africa spira il vento del multipartitismo, a Mogadiscio scoppia la guerra civile tra i “signori della guerra” che si combattono l’un contro l’altro, mentre il Somaliland si dichiara indipendente.
Seguono la missione Restore Hope che vede l’invio di militari occidentali nelpaese, anni di combattimenti senza quartiere, presa del potere dell’Unione delle Corti Islamiche. dall’UCI prende forma al Shabaab, che considerava tutte le altre formazioni dell’islam politico troppo moderate, per cui si produce, scrivono Filomena Grippa e Beatrice Nicolini[7] «la secessione interna all’organizzazione Al Ittihad Al Islami degli Al Shabaab che all’inizio del 2006 si riorganizzano come ala militare dell’Unione delle Corti Islamiche.»
Al Shabaab diviene gradualmente sempre più potente, estendendo i propri tentacoli nel fragile apparato governativo, infiltrandosi anche nell’intelligence, prelevando imposte sulle strade, gestendo un sistema giudiziario parallelo e valendosi d’un apparato propagandistico mediante cui diffonde le proprie idee, per esempio, tramite Radio al Andalus.
Per anni il traffico navale tra Mar Rosso e oceano Indiano è perturbato da pirati al shabaab che assalgono i navigli occidentali per attirare l’attenzione mediatica sul disastro somalo. La guerra civile ha infatti distrutto la pesca, una delle poche attività che danno reddito, danneggiata anche dal grave inquinamento delle coste su cui vengonoriversati rifiuti tossici altamente inquinanti.
La pirateria si ridimensiona dopo il 2012, mentre nel ’14 una prima offensiva lanciata dalle forze dell’Unione Africana di stanza nel paese produce alcuni effetti.
Negli anni successivi, il governo di Mogadiscio è però molto debole per cui perde terreno e i qaedisti si rafforzano. Si arriva così al 2022, anno nel quale sembra che un rinnovato orgoglio nazionale possa spingere la Somalia aridiventare uno Stato capace d’esercitare una vera sovranità sul proprio territorio.
Le incessanti guerre infatti hanno fatto di questo paese un luogo dove si compiono ogni genere di loschi traffici, come quelli dei rifiuti, degli stupefacenti, mentre la popolazione è taglieggiata dagli arroganti militanti jihadisti.
***
RISCHIO CARESTIA
Intanto imperversa la carestia, favorita dai mutamenti climatici, che hanno prodotto una siccità che pare non finire mai: in Settembre la FAO, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa d’agricoltura ed alimentazione ha avvertito che quasi 7 milioni di somali
non avrebbero avuto cibo a sufficienza negli ultimi mesi del 2022. Nelle regioni meridionali, poi, la carestia è quasi inevitabile.
Per avere un’idea della possibile entità del disastro che si profila, basti ricordare che durante la carestia del 2010-12, morirono di fame, secondo stime, tra un minimo di 50-100.000 persone e un massimo di 250.000.
La carestia è per la somalia un fenomeno endemico, causato sia dalle condizioni climatiche che dalle incessanti guerre con tutto ciò che si portano dietro.
La mancanza di cibo non produce solo morti per inedia, ma anche danni permanenti ai superstiti: si calcola ad esempio che nel 2012 un milione di somali abbiano cercato di salvarsi la vita emigrando, venendo ricoverati in campi profughi allestiti in Kenya ed Etiopia. A un decennio di distanza, molti tra loro non sono stati rimpatriati a causa delle condizioni in cui si trova il loro Paese.
La fame, poi, produce anche altri effetti collaterali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa un terzo dell’attuale popolazione somala soffra di qualche forma di disturbo mentale, oltre che grosse carenze nello sviluppo fisico di bambini e ragazzi.
Sul fronte degli aiuti, a Settembre le Nazioni Unite hanno dichiarato d’aver raccolto 1,4 miliardi di dollari da spendere in aiuti alimentari da destinare a Mogadiscio: la stessa fonte però precisa d’aver bisogno urgente d’un altro miliardo.
Il timore è che questo fiume di denaro alimenti la corruzione, dilagante nel Paese, mentre non è del tutto garantita la sicurezza per gli operatori umanitari che dovrebbero portare in loco gli aiuti.
***
LA SOMALIA
GEOGRAFIA
La repubblica Federale somala si trova in Africa orientale: il suo territorio è bagnato dall’Oceano Indiano.
Occupa una superficie totale di 637.657 km² ed è abitata da 12,4 milioni di persone (stima del 2022).
La popolazione parla somalo ed arabo ed èdi religione musulmana.
La sua povera economia si regge soprattutto sugli aiuti internazionali, povere agricoltura e pastorizia.
Comunità di somali, anche nomadi, vivono in tutti i paesi vicini, come Kenya ed Etiopia.
PIER LUIGI GIACOMONI
***
NOTE:
[1] M. Palamidesse, “Offensiva contro al Shabaab. “Elimineremo il terrorismo dalla Somalia” in focusonafrica.info, 1 Ottobre 2022;
[2] M. Palamidesse, cit.;
[3] Somaliland: è uno Stato indipendente dell’Africa orientale non riconosciuto dalla comunità internazionale. E’ composto dalle province settentrionali della Somalia. È situato nel Corno d’Africa, occupa l’intera area della ex Somalia britannica.
Confina con Gibuti a ovest, Etiopia a sud e con Somalia ad est.
Copre una superficie di 137.000 km² ed è abitato da 3,5 milioni d’individui.
Lo Stato è una repubblica, la capitale è Hargheisa.
[4] S. Mahamoud, SOMALIA Una strategia inefficace contro il terrorismo, da The New Arab, Regno Unito, trad. it. Internazionale N. 1485, 4 Novembre 2022
L’originale inglese qui:
https://english.alaraby.co.uk/opinion/somalia-arming-clans-enough-defeat-al-shabaab
[5] Redazione, Somalia: contro al-Shabaab stretta mediatica e militare, in nigrizia.it, 10 Ottobre 2022;
[6] ilpost.it, Cosa si sa del grave attacco terroristico a Mogadiscio, in Somalia, 30 Ottobre 2022;
[7] F. Grippa e B. Nicolini, Attacco terroristico in Somalia: le minacce alla pace nel Corno d’Africa, in geopolitica.info, 2 Novembre 2022.