GRANDI LAGHI. MONTA NUOVAMENTE LA TENSIONE TRA CONGO E RUANDA
(1 Luglio 2022)
GOMA. Monta nuovamente la tensione nella regione dei Grandi Laghi africani: l’epicentro è il Kivu dove opera la milizia dell’M23 che si dice sia finanziata dal Ruanda.
Il 15 Giugno Diverse migliaia di persone – scrive Avvenire.it[1] – hanno manifestato a Goma, al confine col Ruanda, per denunciare “l’aggressione ruandese”: «Non vogliamo più ruandesi, andiamo ad affrontare Kagame a casa sua», hanno gridato migliaia di giovani, alcuni a torso nudo, avvicinandosi pericolosamente alle barriere di frontiera tra i due Paesi.
La polizia, in assetto anti sommossa, li ha dispersi dopo ore di scontri mentre altri si davano al saccheggio dei negozi.
E’ accaduto nei giorni precedenti la manifestazione che l’M23 abbia occupato la città di Bunagaga: testimonianze oculari riferiscono che i miliziani si aggirano per il centro abitato armati fin ai denti e si comportano da padroni.
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SITUAZIONE COMPLESSA
Va detto che le regioni orientali del Congo, al confine con Uganda, Ruanda e Burundi sono per il governo centrale un’area difficilmente controllabile sia per la presenza di oltre un centinaio di bande armate che si abbandonano a massacri e violenze d’ogni tipo contro la popolazione locale, sia per la cronica disorganizzazione delle FARDC, l’esercito nazionale.
Malgrado l’imposizione dello stato d’emergenza e gli sforzi diplomatici del Presidente Félix Tshisekedi che a marzo ha portato il congo all’interno della comunità economica dell’Africa orientale non sembra possibile ricondurre alla normalità la situazione ristabilendo la pace.
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L’M23
L’M23 (MOUVEMENT 23 Mars) è uno dei gruppi guerriglieri che operano nelle province orientali fin dal 2012: è formato prevalentemente da Tutsi congolesi imparentati con quelli ruandesi anche linguisticamente.
La loro milizia alimenta la propria guerriglia col traffico di materie prime preziose come oro, diamanti e coltan, materiale indispensabile per la realizzazione dei microchip.
Fin dalla sua fondazione si è purtroppo resa celebre per la sua ferocia: frequentemente compie attacchi contro i villaggi, saccheggia, violenta, brucia, uccide.
Per Kigali, però, la sua presenza sul terreno è un’assicurazione per il futuro: finché vi si troveranno i suoi militanti non vi saranno incursioni in territorio ruandese degli Interhamwe, responsabili degli eccidi della primavera 1994.
Tutti i tentativi per comporre questo ennesimo conflitto sono finora falliti: i recenti colloqui avvenuti a Nairobi non hanno prodotto nulla. L’M23 in particolare ha abbandonato in marzo le discussioni e probabilmente gli scontri di questi giorni sono la logica conseguenza di quel fallimento.
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BANYAMULENGE E BANYARWANDA
Non è la prima volta che i Tutsi congolesi, detti Banyamulenge o Banyarwanda salgono alla ribalta della cronaca: negli anni Novanta del XX secolo pagarono un prezzo altissimo in vite umane, quando il Congo, che allora si chiamava Zaire, stava andando in pezzi.
Nel 1993 nel Kivu Nord «dei parlanti ruandese – narra David Van Reybrouck[2] i cosiddetti Banyarwanda, vennero considerati in misura crescente come migranti indesiderati, che miravano ad accaparrarsi ricchezze, terra e potere. La maggior parte di loro si era stabilita in Congo tra il 1959 e il 1962, in seguito a disordini nel loro paese.» per diverso tempo i ruandofoni, prevalentemente Tutsi, vennero considerati come zairesi a tutti gli effetti e riuscirono a ottenere molto facilmente la nazionalità.
«Ma una nuova legge del 1981 irrigidì di proposito i criteri per ottenere la cittadinanza zairese e, a partire dal 1990, ci si volle sbarazzare degli immigrati Tutsi.» In buona sostanza erano »elementi indesiderati, intrusi, estranei, approfittatori, stranieri, un popolo che non doveva essere lì. Rwandais divenne un insulto. I bambini cantavano: “Tutti i ruandesi a casa, non li vogliamo più tra noi”. L’animosità tra gli zairesi e i ruandesi crebbe a tal punto che nacquero anche milizie popolari nazionaliste, i mai-mai. Questi gruppi paramilitari, nati spontaneamente, volevano prendere le armi per lottare contro tutte le influenze straniere. I loro rituali bizzarri si rifacevano a quelli dei simba del 1964, ma questa volta i nemici non erano Mobutu e i suoi alleati occidentali, bensì il migrante da est.»
[…] «Nel 1993 le tensioni nel Kivu del Nord causarono epurazioni etniche che costarono la vita ad almeno quattromila, ma forse persino a ventimila persone.» […]
«Nel Kivu del Sud i Tutsi zairesi vennero chiamati in misura crescente “banyamulenge”, ovvero persone di Mulenge, un’indicazione etnica data loro da altri e che prima non esisteva. Tuttavia costoro, sin dal diciannovesimo secolo, vivevano con le loro greggi negli altopiani freddi e nebbiosi situati a ovest del Lago Tanganika, tra l’altro nei pressi di un villaggio chiamato Mulenge. Con la loro statura alta, i lineamenti fini e i cappelli di feltro confermavano gli stereotipi del pastore tutsi che si trascina dietro le mucche tenendo il bastone sulle spalle. Anche loro vennero scherniti e odiati in misura crescente.[…]
Mobutu aveva cercato di risvegliare il sentimento nazionale a discapito del riflesso tribale, ma in tempi di penuria l’inimicizia era sempre dietro l’angolo. I Tutsi nel Kivu (sia i Banyarwanda nel Kivu del Nord sia i Banyamulenge nel Kivu del Sud) furono quelli che ne risentirono maggiormente. Fu proprio l’odio razziale che li spinse ad adottare un comportamento comunitario. I Banyamulenge insultati cominciarono a sentirsi realmente Banyamulenge. Approfondirono la loro storia, si ricordarono che in effetti erano diversi dagli altri, che le loro radici erano in Ruanda e che in realtà, a ben riflettere, sì, non erano mai stati i benvenuti nello Zaire. Le comunità si formano non appena si sentono minacciate. L’identificazione etnica divenne più importante dell’identificazione nazionale. Persino il padre della nazione se n’era tornato nella regione nativa e aveva affidato la sua protezione a uomini del suo popolo. Mobutu stesso, l’unitarista, divenne un tribalista. Lo Zaire tornò a essere un miscuglio di razze. La povertà portò all’aggressione, la fame all’orrore.»
Seguirono anni di conflitti: la prima e la seconda guerra del Congo (1996-1997 e 1998-2003), poi nelle province orientali nacquero le milizie di Laurent Nkunda che operarono dal 2003 al 2010 ed infine l’M23. Goma divenne l’epicentro degli scontri, periodicamente saccheggiata oltre che violentata dalla natura. Nel 2003 una enorme eruzione del Nyiragongo la ricoprì di lava costringendo la popolazione ad evacuarla. La scoperta poi d’ingenti riserve di gas naturale nel fondale del Kivu non ha fatto che alimentare i conflitti fin ai giorni nostri.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTE:
[1] Redazione, Congo-Ruanda, è alta tensione: proteste e saccheggi a Goma, avvenire.it, 16 Giugno 2022.
[2] D. Van Reybrouck: Congo, Feltrinelli, Milano, 2014.