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SULLA BREXIT DECIDERA’ IL PARLAMENTO
(24 Gennaio 2017)

LONDRA. La Corte Suprema del Regno Unito ha deciso: la Brexit deve essere approvata dal Parlamento. Il voto popolare dello scorso 23 Giugno non è sufficiente a determinare l’abrogazione della legge del 1972 che permise alla Gran Bretagna d’entrare nell’allora Comunità Economica Europea.

Con otto voti contro tre i massimi giudici britannici hanno anche deciso che le assemblee regionali di Scozia, Galles ed Irlanda del Nord, non possono opporre un veto a quanto deciso da Westminster.

«Il potere esecutivo del Governo che trae origine dalle prerogative reali, non è sufficiente a cancellare il diritto dei cittadini britannici, i quali, attraverso il Parlamento, camera dei Comuni e dei Lords, hanno il potere assoluto ed esclusivo d’approvare o cancellare lo European Communities Act del 1972» hanno scritto i giudici.

Di conseguenza, il Governo prima di chiedere d’uscire dall’Unione Europea, come richiesto dal 52% dei votanti nel giugno scorso, dovrà proporre un disegno di legge alle due Camere, attendere il loro consenso e poi eventualmente agire.

«la sezione 2 dello European Comunities Act del ’72 – ha dichiarato Lord Neuberger, capo della Corte Suprema – prevede che quando le istituzioni dell’UE producono nuove leggi, queste diventano parte della legislazione del Regno Unito. La legge del ’72 ha attribuito all’UE una funzione di fonte legislativa indipendente dalla legislazione britannica fino a quando il Parlamento decida diversamente.
Di conseguenza, quando la Gran Bretagna si ritirerà dai trattati sottoscritti con l’UE, verrà meno una fonte normativa: una serie di leggi riguardanti i cittadini del Regno Unito dovranno essere mutate. Perciò il Governo non può utilizzare l’articolo 50 dei trattati comunitari senza l’autorizzazione del Parlamento.

Ogni mutamento della legge attuato mediante referendum dev’essere fatto solo nel modo consentito dalla costituzione britannica, ossia mediante un atto parlamentare. Procedere in modo diverso sarebbe una violazione dei principi fondamentali dell’assetto istituzionale che risale a molti secoli fa.»

In effetti, col Bill of Rights del 1688 e con le successive leggi emanate, il potere di fare le leggi in Gran Bretagna è attribuito al Parlamento composto di due Camere, una elettiva, l’altra di nomina regia.

La Corte Suprema, con questa sentenza non fa che richiamare queste norme di base su cui si fonda, dalla Gloriosa rivoluzione del 1688-89 la monarchia costituzionale d’oltremanica.

Il Governo di Theresa May ora teme che, soprattutto alla Camera dei Lords, dove i conservatori non hanno la maggioranza assoluta, possano sorgere degli ostacoli ad una Brexit rapida.

Questa sentenza è istruttiva anche per noi che subiamo ogni giorno la retorica populista secondo cui la voce del popolo non ammette limiti: i giudici britannici ci dicono invece che anche la sovranità popolare deve essere ricondotta all’interno d’un alveo istituzionale dove hanno posto anche i rappresentanti eletti con la possibilità che decidano anche in modo diverso da quanto stabilito in sede di votazione popolare.

In Gran Bretagna, dicono i giudici, i referendum sono solo consultivi non deliberativi e l’ultima parola spetta alle aule di Westminster.

PIER LUIGI GIACOMONI

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