L’ANPI, IL PD E LE RIFORME COSTITUZIONALI
(21 agosto 2016)
ROMA. In questa fase d’avvio della campagna per il referendum costituzionale che si svolgerà tra novembre e
dicembre, l’eterno congresso del PD vive una nuova puntata: quella dello scontro tra l’ANPI (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia) ed, appunto, il PD.
I precedenti. Già in primavera, durante la campagna per le elezioni amministrative, l’ANPI era scesa in campo
facendo sapere che era contraria alle riforme costituzionali e che al Referendum d’autunno si sarebbe schierata per
il “no”. Il Presidente dell’associazione faceva anche sapere che chiunque all’interno del movimento si fosse
schierato per il “sì” sarebbe stato allontanato.
Ora la questione riemerge perché l’ANPI ha annunciato che non sarà presente alle imminenti feste dell’Unità, che da
sempre chiudono l’estate e riavviano la stagione politica, perché il PD ha deciso di far campagna per il “sì” e non
intende ammettere alle proprie feste chi sta dalla parte del “no”.
Sulla questione ieri è intervenuto l’ex Presidente dell’Emilia-Romagna Vasco Errani, da sempre un mediatore nato,
che ha invitato i dirigenti del PD ad ascoltare le ragioni del “no”.
Il tentativo di Errani è sicuramente quello di pacificare gli animi all’interno del partito, ma probabilmente non
può una semplice dichiarazione far concludere se non una pace, almeno un armistizio.
Il quadro d’insieme. Sullo sfondo, ma neanche tanto, vi è l’ormai annoso scontro tra le due componenti interne al
PD: da una parte gli eredi ed ultimi epigoni del PCI e della sinistra DC che si ritengono i detentori di una serie
di verità rivelate, o meglio, di postulati ideologici, secondo cui, ad esempio, la Costituzione del 1948 è la più
bella del mondo ed è intangibile, l’altra quella di coloro che ritengono ormai superati i paradigmi del XX secolo e
ritengono che sia giunto il momento d’adeguare la Costituzione, almeno la seconda parte, alla situazione presente
in modo da garantire all’Italia una migliore governabilità.
Per i primi è preferibile un governo debole ed un parlamento forte, magari addirittura eletto con la legge
elettorale proporzionale pura, in modo che siano rappresentati anche i “cespugli”; per i secondi è meglio avere un
governo capace di durare cinque anni e che possa contare su un parlamento con una buona maggioranza e due camere
con prerogative complementari.
Ai primi va bene discutere di riforme istituzionali senza arrivare a concludere nulla, i secondi ritengono invece
che il dibattito sulla riforma costituzionale in atto sia stato sufficientemente lungo e che sia venuto il momento
di decidere.
I primi vogliono rovesciare il governo Renzi, emarginare la componente renziana, ritenuta estranea alla tradizione
post PCI-sinistra DC, i secondi difendono la svolta data al PD dalla leadership di Renzi.
Siamo, quindi, ad una nuova puntata del lunghissimo congresso del PD, un congresso che non si è mai concluso perché
gli uni e gli altri si sono fatti una guerriglia continua.
Ciò non ha impedito al governo di lavorare e di produrre riforme, anzi i due anni e mezzo che ormai son passati dal
suo insediamento sono stati, probabilmente, i più produttivi degli ultimi tempi, con luci ed ombre, come sempre, ma
sicuramente caratterizzati da un attivismo decisamente opposto all’immobilismo dei decenni precedenti.
Ora, però, la battaglia politica è destinata a raggiungere il “calor bianco perché la componente del PD contraria a
Renzi ed alle sue riforme farà di tutto per mobilitare le masse e produrre il risultato voluto: la vittoria del
“no”.
Ciò, in parte, esenta gli altri partiti (Lega, M5S, Forza Italia…) dal fare campagna elettorale perché lo scontro
interno al PD è destinato a riverberarsi sull’esito finale del voto.
Insomma, com’è accaduto dal 2014 in poi, nel PD c’è allo stesso tempo, il governo e l’opposizione e l’una e l’altra
si scontrano duramente senza esclusione di colpi.
La funzione dell’ANPI. Si impone a questo punto una considerazione sul ruolo e la funzione dell’ANPI nella società
italiana del terzo millennio. In passato era questa l’associazione degli ex partigiani e faceva parte di quella
galassia di movimenti che ruotavano intorno al PCI. Col tempo le cose sono cambiate: molti ex partigiani sono
scomparsi, il PCI stesso è stato sostituito da altri partiti ed il substrato ideologico di quest’area politica si è
profondamente modificato.
In una fase come questa l’ANPI si trova di fronte ad un bivio: o scomparire,per estinzione naturale o ritagliarsi
un ruolo in politica. Da qui, probabilmente dipende la durezza, quasi staliniana, con cui i dirigenti nazionali
dell’ANPI intendono colpire i sostenitori d’un punto di vista diverso sul referendum costituzionale.
In altre parole, nel momento in cui ci si trova a combattere un’impegnativa battaglia politica, dall’esito incerto,
occorre, come ai vecchi tempi, che le forze siano compatte e disciplinate e non ci sia neanche una sbavatura.
L’ANPI, però, ha un problema: è la detentrice dell’interpretazione autentica della Resistenza? E’ la sua
interpretazione dello spirito della costituzione repubblicana l’unico possibile?
A noi pare di no: alla luce dell’enorme mole di studi storici che sono stati realizzati sul movimento resistenziale
e dei contributi che sono stati portati sul dopo Liberazione ci pare importante sottolineare che è definitivamente
finita l’epoca in cui c’era solo un modo di vedere la Resistenza ed i Partigiani.
La Resistenza è stato un movimento complesso, plurale, con luci ed ombre, solo in parte in grado di liberare
l’Italia dal nazifascismo. La costituzione stessa nasce solo in parte dalla Resistenza: essa è piuttosto il frutto
d’un compromesso politico tra forze diverse che nel biennio dell’assemblea Costituente si allontanarono sempre più
per militare in campi politici diversi per decenni.
E’ proprio l’approfondirsi degli studi sulla Resistenza, il loro scavare sempre più nel profondo, nel formulare
ipotesi nuove, il tallone d’Achille della visione unilaterale ed unidirezionale dell’ANPI.
PIER LUIGI GIACOMONI
grazie pier Luigi, articolo molto lucido e profondo