BOLIVIA
LA SINISTRA FA HARAKIRI
(22 Agosto 2025)
LA PAZ. La sinistra boliviana al potere dal 2006 ha fatto harakiri: l’insanabile conflitto fratricida tra Evo Morales e Luis Arce, ha polverizzato il Movimiento al Socialismo, forza politica finora dominante e spianato la strada del potere a centro e destra.
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I RISULTATI DELLE PRESIDENZIALI
In base al 92% delle schede scrutinate per il primo turno delle presidenziali, svoltosi il 17 Agosto, i candidati di sinistra han preso pochissimi voti: il candidato del MAS, Eduardo del Castillo il 3,15%, mentre Andrónico Rodríguez, presidente uscente del Senato, è giunto solo quarto nella corsa presidenziale.
Si qualifican al ballottaggio rodrigo Paz Pereira, centro (32%), e Jorge “Tuto” Quiroga, destra (27%).
Per decider chi sarà il nuovo Presidente della Repubblica occorrerà attender il ballottaggio del 19 Ottobre, ma già ora è chiaro il tracollo della sinistra.
Oltre al Capo di Stato son stati eletti i due rami del Congresso nazionale: la camera dei deputati (130 seggi) e il senato (36 seggi).
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I MOTIVI DEL DISASTRO
All’origine del disastro della sinistra boliviana ci son diversi fattori: oltre a quello indicato all’inizio, vi son da aggiungere la grave crisi economica che sta producendo un’alta inflazione e l’insostenibilità finanziaria del sistema dei sussidi creato dai governi Morales ed Arce.
Inoltre, le riserve di valuta pregiata custoditi nella banca nazionale son ai minimi storici e quindi c’è bisogno d’iniettare nell’economia capitali freschi.
«Il modello basato – scrive el País[1] – sui sussidi e sul controllo statale, che per vent’anni ha alimentato la popolarità del MAS, è diventato insostenibile.
Questa situazione avvantaggia candidati che promettono di aprire ai capitali privati e un cambiamento nel rapporto con le istituzioni internazionali.»
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EVO MORALES
Personalità sicuramente ingombrante della scena politica nazionale è Juan Evo Morales Aimara, ex leader dei coltivatori di coca del Chaparé e Presidente della Repubblica per tredici anni (2006 – 2019).
Questi sale al potere dopo la rivoluzione che nel 2005 porta alla cacciata del Presidente Gonzalo Sánchez de Losada, tipico esponente delle oligarchie che da tempo dominan in Sud America.
L’amministrazione del MAS raggiunge ottimi risultati: acquisisce il controllo di petrolio e gas di cui la Bolivia è grande produttrice, coi fondi ricavati dalla raffinazione ed esportazione degl’idrocarburi, in quel momento ai massimi livelli sui mercati internazionali, finanzia i servizi sociali di cui il paese è carente.
Ciò permette di combatter l’analfabetismo e migliorare la condizione sanitaria della popolazione, in specie degli Indios che son sempre rimasti ai margini della società nazionale.
Tuttavia, i successi fan male all’ex sindacalista che ritiene di dover rimaner al potere indefinitamente, trasformandosi in un tipico caudillo sudamericano: quando nel 2019 tenta d’ottener un nuovo mandato, i tribunali gliel’impediscono e un golpe lo costringe ad andar in esilio.
Poi, ai suoi danni, è spiccato un mandato di cattura per violenza sessuale: nel 2016 ha avuto rapporti con una ragazzina di 15 anni che è rimasta incinta.
Non potendo ridiventar presidente, designa a sostituirlo Luis Arce, suo ministro per l’economia, che vien eletto nel 2020: Presto Morales prende però le distanze dal suo ex pupillo, perché vuol di nuovo correre per la massima carica.
Ancora una volta i tribunali ripeton che non può, perciò fa campagna per l’annullamento del voto: nel frattempo anche Arce si ritira dalla gara.
Così vengon lanciate delle candidature che alla prova dei fatti non ottengon seguito popolare.
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SINISTRA E DESTRA
«Dopo l’ondata progressista dei primi anni duemila – conclude el País – alcuni paesi dell’America Latina hanno eletto leader conservatori e liberisti. L’Argentina, l’Ecuador e ora la Bolivia formano un gruppo di Stati che, pur diversi tra loro, condividono un elemento comune: la crisi dei progetti progressisti che non sono stati capaci di rinnovarsi dopo lunghi periodi al governo.»
Al presente nel subcontinente, son in mano alla sinistra i governi di Cile, Colombia, Uruguay, Venezuela e Brasile.
Se allarghiamo lo sguardo al Centro America e ai Caraibi possiamo aggiungere Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua e ovviamente Cuba.
Tuttavia, alcuni Paesi son in realtà guidati da tiranni quasi inamovibili come Daniel Ortega, Nicaragua, e Nicolás Maduro, Venezuela.
La destra controlla invece El Salvador, Costa Rica, Panamá, Ecuador, Perù, Paraguay e soprattutto Argentina.
Nei prossimi mesi diversi Stati latinoamericani andranno alle urne:
• ad Ottobre 2025, in Argentina si rinnoverà una parte del Congresso: si tratta d’un referendum sulla popolarità del governo ultraliberista di Javier Milei a due anni esatti dalla sua elezione;
• a novembre saran rinnovati legislativo ed esecutivo in Cile e Honduras;
• nel 2026 voteranno Costa Rica (Febbraio), Perù (aprile), Colombia (marzo e maggio), Brasile (ottobre).
Al termine di questo ciclo di voti si potrà capire quale è lo stato di salute d’una sinistra che ha sicuramente conosciuto giorni migliori, ma che forse ha ancora qualche buona carta da giocarsi.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTA
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[1] El País, Perché la Bolivia va a destra, in Internazionale N. 1628, 22 Agosto 2025