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UN’ESPERIENZA DI RIEDUCAZIONE
(14 Febbraio 2017)

BOLOGNA. Ieri pomeriggio son andato ad un incontro intitolato grosso modo “dialogo con l’Islam”: invece d’ascoltare l’ennesima conferenza nella quale ci venivano raccontati, in modo teorico, le caratteristiche della religione islamica, messe a confronto col cristianesimo, ci è stato presentato un esempio interessante d’integrazione, o meglio, di rieducazione.

L’incontro si è svolto presso la Parrocchia di S. Caterina da bologna, al Pilastro, un’area della nostra città dove vivono persone provenienti da diverse parti del mondo e dove diversi soggetti stanno lavorando fattivamente per l’integrazione delle persone, superando gli steccati e le etichette.

Il relatore era un frate della comunità di Padre Giuseppe Dossetti, che dopo esser stato uno dei padri costituenti, si è fatto prete ed ha fondato a Monte sole una comunità monastica.

Fra’ Ignazio, dopo aver trascorso una dozzina d’anni in Medio Oriente, aver imparato l’arabo, rientrato a bologna, è stato inviato a lavorare nel carcere della Dozza. Qui ha conosciuto diversi detenuti d’origine maghrebina con cui ha instaurato un dialogo non solo interreligioso, ma anche civile.
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Confronto tra le costituzioni. Insieme ad un gruppo di ragazzi d’origine tunisina, marocchina o algerina ha messo insieme una classe che ha compiuto un confronto tra i testi della costituzione italiana del 1948 e quelli delle costituzioni marocchina, egiziana e tunisina, emanate in questi ultimi anni, dopo le “primavere arabe”.

Esaminando questi testi normativi, i ragazzi coinvolti hanno compreso che la Costituzione non perde valore solo perché sei incarcerato, ma anzi vale anche per te che stai contando una pena. Inoltre il testo costituzionale segnala l’esistenza d’un problema: se ad esempio la Costituzione tunisina dice che è vietato usare le moschee per far propaganda per la jihad, vuol dire che in tunisia questo problema esiste e deve esser risolto; se la costituzione italiana all’art. 21 riconosce alla stampa piena libertà,vuol dire che c’è stato un momento in cui anche qui l’espressione del pensiero mediante la parola scritta era limitato.

Al termine di questo corso, i ragazzi sono stati invitati a stendere una costituzione per metter in luce i diritti che a loro avviso avrebbero dovuto esser posti in rilievo: ne è nata una discussione molto importante, per esempio, sulla libertà religiosa e sulla possibilità per un individuo d’abbandonare il credo dei suoi padri per abbracciarne uno di sua scelta. Com’è noto in parecchi Paesi a prevalenza musulmana non è consentito abiurare all’Islam, perché si rischia d’esser accusati d’apostasia e passati per le armi.
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Difficoltà insormontabili. E’ emerso nel corso dell’incontro che vi sono tra musulmani e cristiani delle difficoltà insormontabili, soprattutto sul piano della dogmatica. Per i musulmani, i cristiani credono in tre dèi e quindi sono politeisti: non riescono a comprendere la dottrina del dio unico e trino; inoltre se dichiari ad un musulmano che credi nei profeti, ti domanda come mai non credi in ciò che ha detto Muhammad (Maometto). Per molti musulmani, il termine “fratello” vale solo per chi crede in Allah e non può esser applicato a tutto il genere umano.
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Il fenomeno del radicalismo. Si calcola che in Italia vi siano circa 54.000 detenuti, di essi almeno 10.000 provengono dal Nord Africa. A bologna, al carcere della Dozza, vi sono al momento 750 detenuti: di essi circa 200 provengono da Marocco, Algeria e Tunisia. Il fenomeno della radicalizzazione è presente, ma è molto marginale e riguarda pochi individui. Molti detenuti però osservano – ed è cosa emersa anche nel dibattito seguito alla relazione – che mentre i Cristiani vanno a trovare i carcerati, li aiutano e stanno insieme a loro, dalle altre comunità islamiche che si trovano fuori non viene quasi mai un aiuto.
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Il vero conflitto. Quando si parla coi ragazzi musulmani emerge che il vero conflitto che serpeggia tra loro è tra sunniti e sciiti: tale scontro, che in questo momento in Medio Oriente è molto più forte che quello tra arabi ed israeliani, ha origini lontane e risale agli anni in cui è fiorito l’Islam. Poiché lo sciismo si è diffuso prevalentemente in persia (oggi chiamato Iran) diviene anche un conflitto etnico tra arabi e non arabi, giacché gli Iraniani, appunto, non sono di stirpe araba.

Nei tempi moderni questo scontro si è arricchito di diverse rivendicazioni, soprattutto per la presenza in diversi territori del petrolio, materia prima fondamentale, senza la quale non si muove il mondo.
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Beati i costruttori di pace. Tutte le mattine, quando apriamo i giornali, veniamo investiti da una scarica di negatività che da un lato ci stordisce, perché è un’escalation continua, dall’altro un po’ ci lascia indifferenti, forse perché crediamo che molti degli eventi raccontati non ci riguardano. Leggiamo, invece, molto raramente delle belle notizie: storie che ci fanno capire che se da una parte ci sono dei costruttori d’odio, degli spargitori di zizzania, dall’altra ci sono dei veri edificatori di pace, dei “muratori” che costruiscono ponti. Iersera è stata raccontata la storia d’un ragazzo che a 19 anni è stato arrestato per spaccio di stupefacenti. Era uno che avrebbe potuto guadagnare un sacco di soldi vendendo la “roba” che importava dalla Spagna. Questa persona in carcere ha ripreso a studiare, sta laureandosi in giurisprudenza, ha riacquistato la libertà ed è tornato in carcere, da uomo libero, a spiegare ai suoi compagni che più del denaro è importante l’istruzione che ti permette di capire cosa ti succede e ti dà gli strumenti per costruirti un tuo percorso d’umanità e di vita.

Qual è, allora, la base per costruire una vera integrazione? qual è la base per applicare il precetto costituzionale secondo cui, fine principale della pena è la rieducazione del detenuto, in modo che possa reinserirsi nella società come cittadino che non si dà alla delinquenza?

Prima di tutto la conoscenza piena dei diritti che spettano ad ognuno e per ottenere questo tutti, carcerati o liberi, abbiamo bisogno periodicamente d’esser rieducati: rieducati alla solidarietà, all’umanità, alla comprensione ed all’apprezzamento dell’altro; anche noi abbiamo bisogno di abbattere i muri che ci portiamo dentro e che ci separano dagli altri.

Questo credo che sia il messaggio più importante che mi porto dentro a mo’ di monito a seguito dell’incontro di ieri.

PIER LUIGI GIACOMONI

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