STATI UNITI: COME SI ELEGGE IL PRESIDENTE
(11 Ottobre 2016)
WASHINGTON. E’ convinzione diffusa che il Presidente degli Stati Uniti sia eletto direttamente dal popolo: in realtà non è così. Vediamo il perché.
Chi elegge Presidente e vice Presidente?
In base alla Costituzione del 1787 spetta ad un collegio di grandi elettori, oggi 538, l’elezione effettiva del Capo e del Numero 2 del Paese.
Chi elegge il collegio elettorale?
I cittadini convocati alle urne il primo martedì di novembre.
Come si compone il collegio elettorale?
Ciascun partito politico americano presenta per tempo una lista di nominativi che dovrebbero entrare nel collegio elettorale. Questi nomi non figurano sulla scheda, ma sono persone che s’impegnano se elette di sostenere questo o quel candidato presidenziale.
Come si arriva a definire il numero dei membri del collegio elettorale?
Per ciascuno Stato americano i grandi elettori sono la somma dei rappresentanti (deputati federali) e dei senatori che fanno parte del Congresso Federale.
In base alla Costituzione statunitense ciascuno dei 50 Stati membri ha diritto a due senatori e ad un numero di rappresentanti, proporzionale al numero dei suoi abitanti.
La California, ad esempio, ha un collegio elettorale di 55 membri perché ha 53 rappresentanti e due senatori; l’Alaska ha solo tre grandi elettori perché a Washington ha solo un rappresentante e due senatori.
Come si assegnano i seggi nel collegio elettorale?
In generale, la lista che ottiene la maggioranza relativa dei voti popolari in ciascuno Stato ottiene tutti i seggi a disposizione.
Se, ad esempio, i democratici arrivano primi in California ottengono, perciò, 55 seggi su 55.
In alcuni Stati, come Maine e Nebraska, l’attribuzione dei seggi nel collegio elettorale è proporzionale e, quindi, anche alla seconda lista spettano dei seggi.
Quando il collegio elettorale sceglie effettivamente il Presidente?
I membri del collegio elettorale si riuniscono, nelle capitali dei 50 Stati, il terzo lunedì di dicembre per procedere effettivamente all’elezione del Presidente e del Vice.
Nella maggior parte dei casi i grandi elettori devono votare per la lista che hanno sostenuto durante la campagna elettorale e, quindi, la votazione è una formalità, ma alcuni Stati riconoscono nella propria legislazione la possibilità per ogni singolo elettore di far ciò che vuole.
Entro la fine di dicembre i singoli Stati devono comunicare al Congresso l’esito della votazione in modo che le due camere, che si riuniscono il primo lunedì di gennaio, possano proclamare di fatto l’elezione del Presidente e del suo Vice.
Il collegio elettorale ha altre funzioni?
No, eletti i numeri uno e due del Paese si scioglie e fra quattro anni se ne eleggerà un altro.
Chi diviene Presidente degli Stati Uniti?
Vien eletto Presidente chi ottiene almeno 270 voti, ossia la metà più uno dei membri del collegio elettorale. Se questo traguardo non è superato da nessuno, tocca al Congresso eleggere il nuovo Capo dello Stato: alla Camera dei Rappresentanti spetta eleggere il Presidente, al Senato il Vice.
Ci sono state nella storia americana delle elezioni controverse?
Sì! Prima di tutto perché non esiste negli Stati Uniti un organismo di controllo federale del procedimento elettorale, per cui le accuse di brogli e scorrettezze sono state sollevate in quasi tutte le elezioni.
Sono, infatti, i singoli Stati a regolare con proprie leggi le procedure elettorali e questo genera un’infinità di abusi.
• Per esempio, a causa delle dimensioni del Paese, gli orari d’inizio e fine delle operazioni di voto sono diversi da Stato a Stato, da contea a contea, da quartiere a quartiere.
Così, accade che mentre in una parte del paese, la costa orientale, si stanno già rendendo noti i risultati elettorali, sulla costa occidentale si sta ancora votando: ciò può condizionare soprattutto gli elettori più incerti che spesso decidono d’astenersi.
In Europa, com’è noto, quando vi sono le elezioni per il Parlamento europeo, si stabilisce che la pubblicazione dei risultati avvenga dappertutto solo dopo un certo orario in modo da non influenzare il voto.
• In passato, ad esempio, per i neri era pericoloso in certi Stati del Sud (Alabama, Georgia, Mississippi) iscriversi nei registri elettorali e votare perché si rischiava d’esser ammazzati dai membri del Ku Klux Klan.
• Vi sono anche Stati dove, ancor prima delle elezioni, si sa come va a finire: la California e New York sono bastioni democratici ed il Texas è una roccaforte repubblicana, per cui non vale nemmeno la pena farci campagna elettorale. Le parti del Paese in cui è più forte lo scontro sono una dozzina di Stati che negli ultimi anni hanno oscillato: si tratta dei cosiddetti swing States che non sono né solidamente democratici, né bastioni repubblicani.
Vi sono stati dei candidati eletti che avevano avuto meno voti popolari dei loro rivali?
Sì, Facciamo qualche esempio.
• Nel 2000, ad esempio, George W. Bush (R) vinse con 271 voti elettorali, sebbene
Al Gore (D) avesse raccolto 540.520 voti popolari in più.
La querelle tra i due contendenti si trascinò per molte settimane: in particolare furono contestate le macchine di voto in alcune contee della Florida, uno degli swing States, di cui allora era Governatore Jeb Bush, fratello del candidato Presidente.
Alla fine la Florida fu assegnata dalla corte suprema al repubblicano e Gore dovette riconoscere la sconfitta.
• Nel 1960 Richard M. Nixon accusò John F. Kennedy d’aver vinto grazie a brogli commessi dai democratici nell’Illinois, ma Kennedy fece sapere a Nixon che se avesse sollevato problemi, avrebbe reso noti i brogli avvenuti in Florida a favore del repubblicano.
• Nel 1888, Benjamin Harrison (R) fu eletto Presidente con 233 voti elettorali, malgrado Grover Cleveland (D) avesse vinto con uno scarto di 100.456 voti popolari.
• Nel 1876, Rutherford B. Hayes (R) vinse con 185 voti elettorali, mentre Samuel J. Tilden aveva prevalso con 264.292 voti popolari di differenza.
• Nel 1824, dopo che quattro candidati si erano divisi i voti del collegio elettorale, la Camera dei Rappresentanti elesse John Quincy Adams, sebbene Andrew Jackson avesse vinto molti più voti elettorali e popolari di lui.
Perché il Presidente non è eletto direttamente dal popolo?
Sono state avanzate delle proposte per riformare o addirittura abolire il collegio elettorale, ma finora non se n’è fatto nulla.
I più strenui sostenitori del sistema del collegio elettorale sono i piccoli Stati, quelli con pochi delegati, che ritengono in questo modo d’aver più peso in un’assemblea di 538 delegati che in una massa di 100 milioni di elettori. In realtà, su 52 elezioni presidenziali fin qui effettuate dal 1804, la composizione del collegio coincide in linea di massima col risultato elettorale effettivamente emerso dalle urne, a parte i casi controversi che abbiamo prima elencato.
Sulla base di quanto abbiamo spiegato, perciò, in questo momento per i candidati presidenziali, è più importante sapere se sono o meno in vantaggio nei swing States oppure no.
Per questo vengono effettuati giornalmente sondaggi su sondaggi.
sulla base di quanto emerge dalle indagini demoscopiche più affidabili , si attuano delle più o meno massicche campagne propagandistiche per tentare o di ribaltare o di consolidare ilrisultato raggiunto.
Così, la campagna elettorale raggiunge in queste settimane il culmine in Ohio, Virginia, pennsylvania, Florida, Colorado, perché lì davvero si decide chi andrà in gennaio alla Casa Bianca.
A novembre si vota solo per le presidenziali?
No, oltre ad eleggere il collegio dei 538, gli americani sceglieranno un terzo dei senatori, tutta la Camera dei Rappresentanti, numerose cariche statali e locali.
In diversi Stati, poi,ci saranno dei referendum su questioni d’interesse regionale.
E’ per questo che il primo martedì di novembre è chiamato election day nel gergo politico americano perché in quel giorno si svolgono sempre molte consultazioni popolari, anche se non mancano apppuntamenti con le urne anche in altri momenti dell’anno.
Può avvenire che il Presidente sia d’un colore ed il Congresso d’un altro?
Sì. Negli ultimi anni il Presidente Obama (D) si è dovuto scontrare con un legislativo a maggioranza repubblicana.
In passato Presidenti repubblicani hanno avuto contro di sé congressi democratici.
Ciò in linea di massima non impedisce al Presidente d’esercitare i suoi vasti poteri, ma lo scontro tra legislativo ed esecutivo è talvolta molto forte.
La coabitazione tra presidenti d’un colore e legislativi d’un altro si è verificato anche in europa: in Francia, dove il Presidente della repubblica ha ampi poteri, François Mitterrand, socialista, e Jacques Chirac, gollista, hanno dovuto coabitare con governi di colore politico diverso.
Nei regimi parlamentari, dove l’esecutivo si regge sul rapporto fiduciario col legislativo, la questione è piìù complessa, anche se piuttosto frequenti sono i casi di amministrazioni di minoranza.
PIER LUIGI GIACOMONI