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PAESI BASSI

AMSTERDAM VIRA A DESTRA
(17 Maggio 2024)

L’AIA. A sei mesi esatti dalle elezioni generali del 22 novembre 2023, indette in anticipo a causa delle dimissioni inoltrate dal premier Mark Rutte (10 Luglio 2023), i Paesi Bassi avranno un nuovo governo.

Si tratterà d’una coalizione di centrodestra guidata dal Partito della Libertà (destra) cui si aggiungono i liberalconservatori di Rutte, gli agrari e il nuovo contratto sociale.

La nuova maggioranza disporrà alla camera di 88 seggi su 150.

Costruito il programma, i quattro tratteranno per definire la struttura di governo: premier, ministri e segretari di Stato.

Ciò potrebbe richiedere ancora diverse settimane perché ciascuno dei diversi soggetti punterà ad aver il massimo: dal canto suo, Rutte, l’uomo che ha diretto il governo de L’Aia negli ultimi 14 anni, è in pista per diventare a settembre il nuovo segretario generale della NATO.

Così, anche i Paesi Bassi virano decisamente a destra, come stan facendo tanti in Europa e sembra cadere quel cordone sanitario che fin a qualche tempo fa, teneva lontana la destra estrema dalle stanze dei bottoni.

Si può allora dire che quest’area politica, indipendentemente dal voto del 6-9 giugno, ha già vinto le elezioni europee?

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VERSO DESTRA

Nelle ultime tornate elettorali nazionali, oltre all’Olanda si è votato di recente anche in Portogallo e Croazia, la tendenza dell’elettorato è chiara. La destra ha il vento in poppa e va al governo.

Così, Viktor Orbán, leader indiscusso dell’Ungheria, da 14 anni premier a Budapest non è più solo: al presente, han governi di centrodestra, nell’ambito dei 27 membri UE, Austria, Cechia, Croazia, Cipro, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Svezia, Ungheria, per un totale di 18.

Sono di centro o di centrosinistra gli esecutivi di Danimarca, Francia, Germania, Malta, Polonia, Slovenia, Spagna, per un totale di 7.

Belgio e Bulgaria son in una sorta di limbo dal momento che il 9 giugno terranno elezioni politiche.

Comunque, eccettuata la Polonia dove Diritto e Giustizia (PiS) ha perso le ultime consultazioni legislative, passando all’opposizione, altrove l’ultradestra è in crescita.

In Portogallo, Chega (basta) di André Ventura dispone di 50 seggi all’Assemblea della Repubblica e può contare sul 20% dei voti;

Alternative für Deutschland e Rassemblement National, rispettivamente in Germania e Francia, potrebbero ottenere risultati importanti alle europee e candidarsi ai governi dei rispettivi Stati, presto o tardi.

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IN FONDO A DESTRA

Perché la destra oggi avanza?

Una risposta univoca è difficile da dare, ma alcuni fenomeni sociali sembrano favorire l’esplosione del voto verso le diverse formazioni politiche di quest’orientamento:

si dice che l’elettore tipo di destra è un maschio bianco, lavoratore povero, munito d’una scarsa istruzione, messo ai margini della produzione dalla globalizzazione e dall’evoluzione tecnologica.

In altri termini, chi non riesce ad adeguarsi ai cambiamenti, spesso molto veloci, cade in una grande povertà che non si sa spiegare.

Questo maschio bianco sente che il proprio nemico è l’immigrato, proveniente da lontano, disposto a far i mestieri che gli europei rifiutano.

Pare, ad esempio, che Donald Trump abbia vinto nel 2016 in Wisconsin e Michigan, in aree dove una volta c’eran fabbriche metalmeccaniche che però son state chiuse, gettando sul lastrico migliaia di operai che, chiamati alle urne, han scelto il repubblicano.

Si dice che qualcosa del genere sta accadendo in tante parti d’Europa dove la deindustrializzazione sta facendo crescere il risentimento.

La destra propone come rimedio a tutto questo la chiusura delle frontiere, forti limitazioni all’immigrazione, punizioni più severe per i reati che suscitano repulsione.

Qualcuno si spinge ad invocare un Europa fatta di nazioni che delegano a Bruxelles prerogative ancora più limitate di quelle di cui dispone oggi: una sorta di ritorno al MEC degli anni Sessanta del Novecento.

Un simile scenario renderebbe l’Unione europea un soggetto geopolitico ancora più debole di oggi a fronte delle corazzate americana e cinese che già adesso han in mano le sorti economiche e politiche del mondo.

PIER LUIGI GIACOMONI

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