IL MIO 2 AGOSTO
(3 Agosto 2021)
BOLOGNA. Dov’ero il 2 Agosto 1980? Cosa facevo? Cosa pensavo? Come ho reagito alla notizia della strage?
Ricordo bene quei fatti e quei giorni: avevo 22 anni, frequentavo l’università degli Studi, ero fidanzato.
Il 2 Agosto 1980 non ero a Bologna: mi trovavo ad Argenta, luogo di residenza dei miei genitori.
Entro pochi giorni sarei andato in villeggiatura: non ricordo però dove. La mia ragazza faceva la trimestrale in posta. Per i tre mesi estivi avrebbe fatto la portalettere: successivamente mi spiegò che tra i suoi compiti vi era anche quello di recarsi in stazione a prendere la posta da distribuire. Infatti un mio amico d’allora, oggi apprezzato dermatologo, sfuggì alla morte per un pelo perché si recò ed andò via dalla stazione prima delle 10,25, ora in cui scoppiò la bomba.
Cosa pensai quando seppi la notizia? Mi venne una gran angoscia perché Bologna, la mia città d’adozione era già stata troppo punita dal terrorismo che in quel decennio insanguinava l’Italia.
Nel 1974 c’era stata la strage del treno Italicus, sempre nel mese d’agosto, e nello stesso tragico 1980 erano morte 81 persone nell’inabissamento del DC9 Itavia in volo tra Bologna e Palermo nei pressi dell’isola di Ustica.
Tre anni dopo, il 23 Dicembre 1983, un altro treno, il rapido 804 sarebbe stato devastato da un’altra esplosione sempre sotto la galleria che da Vernio in Toscana porta a S. Benedetto Val di Sambro in provincia di Bologna.
Negli anni successivi, ho partecipato alla manifestazione che si tiene ogni 2 agosto: un corteo parte da piazza Maggiore per raggiungere la Stazione centrale. Prima che suoni l’ora X cominciano i discorsi, poi un lungo fischio del treno e il minuto di silenzio alle 10,25.
Poi seguono altri discorsi, spesso coperti dai fischi d’una parte del pubblico: ho sempre disapprovato questa pratica che forse ha avuto un senso tempo fa, ma che ripetuta stancamente diventa stucchevole.
Da alcuni anni non vado più alla manifestazione: fino al 2019 andavo alla messa che il Card. zuppi celebra in una chiesa di via Indipendenza in suffragio delle vittime. Mi sembra un modo più corretto per ricordare chi non c’è più e per rivendicare il diritto di conoscere la verità,tutta la verità su quest’atto mostruoso che ha segnato la vita di Bologna.
Già, perché c’è un prima e un dopo Strage: il prima è quello d’una città forse un po’ sonnacchiosa, compiaciuta dei propri successi, della propria diversità, un dopo in cui Bologna scopre d’avere col resto d’Italia molto in comune.
In effetti, il calendario civile della nostra città è costellato di molte tragedie che coincidono con quelle vissute da altre città: connotato comune a tante, i depistaggi, i misteri, il non detto, le menzogne e via elencando.
In queste settimane, in tribunale, si celebra un ennesimo processo per il 2 Agosto: sul banco degli imputati c’è Paolo Bellini, estremista di destra, che solo poco tempo fa è stato identificato dall’ex moglie in alcune foto scattate 41 anni fa. L’uomo, che era in combutta coi servizi segreti, aveva sostenuto, mentendo, di non esser mai stato a Bologna nei giorni della strage. La sua ex consorte invece l’ha identificato: sebbene avesse la barba lunga, fatta crescere apposta per travisare il volto, portava al collo una catenina che ha permesso alla signora il riconoscimento.
Sempre in questi giorni, è emerso che l’ex procuratore capo di Bologna Ugo Sisti nelle notti successive alla strage era ospite di Aldo Bellini, padre di Paolo, nel suo albergo: l’illustre magistrato che in teoria avrebbe dovuto condurre le indagini sulla strage si preoccupò di salvaguardare la sua amicizia coi Bellini invece di concentrarsi giorno e notte, ventre a terra sull’eccidio più grave avvenuto in italia in tempo di pace.
In stazione, ancor oggi, l’orologio della sala d’aspetto, quella devastata dall’esplosione, intitolata a Torquato Secci, storico primo Presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, è tuttora fermo alle 10,25. In via di Saliceto c’è l’aereo caduto nei pressi di Ustica, o per meglio dire ciò che ne rimane.
Son stato alcuni anni fa in quel sito: è una visita che tocca perché alle pareti ci sono dei riquadri in cui le 81 vittime, esprimono a bassa voce l’ultimo pensiero prima della morte: ovviamente sperano d’arrivare sani e salvi a Palermo e di trascorrere in Sicilia delle vacanze o di riabbracciare i loro cari.
Non sanno che sul loro cammino è in agguato una terribile morte decisa da qualcuno che non si ferma nemmeno dinanzi ad un volo civile che sta andando legittimamente per la sua strada e non costituisce una minaccia per nessuno: la mia reazione, dopo la visita, è stato il silenzio, per diversi minuti non son stato capace di dir una parola.
Per chi è di Bologna, anche se d’adozione come me, il 2 agosto, come il 27 giugno, sono giornate di dolore: un dolore che non passa malgrado l’accumularsi degli anni.
PIER LUIGI GIACOMONI