GAMBIA. JAMMEH CI RIPENSA
(16 Dicembre 2016)
BANJUL. Yahya Jammeh ci ripensa: invece d’accettare la sconfitta alle elezioni presidenziali, come aveva fatto in un primo momento, ora rifiuta di lasciare ilpotere al suo successore Adama Barrow.
Le elezioni. Il 1° Dicembre, i gambiani si recano massicciamente alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. A sorpresa, il leader uscente Yahya Jammeh, 51 anni, arriva secondo, superato nettamente da Adama Barrow, candidato d’una coalizione di partiti d’opposizione.
Il Presidente uscente, inun primo momento, riconosce la sconfitta e promette che il prossimo 26 gennaio 2017 lascerà la carica al suo legittimo successore.
Poi, improvvisamente, il 9 Dicembre il colpo di scena: «Così come ho lealmente accettato i risultati, credendo che la Commissione elettorale fosse indipendente, onesta e affidabile, li rigetto nella loro totalità», afferma in un discorso alla Tv nazionale.
In precedenza, per assicurarsi l’appoggio delle forze armate, ha promosso 250 militari: ciò ha reso più incerto l’atteggiamento della truppa nei confronti del Presidente eletto.
Infatti, il capo di stato maggiore delle forze di sicurezza, che all’indomani dello scrutinio aveva promesso lealtà nei riguardi di chiunque fosse eletto, pare abbia mutato opinione.
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Le reazioni. Tutti i Paesi dell’area si sono mostrati preoccupati per la piega presa dagli avvenimenti di Banjul.
Le reazioni più scandalizzate, però, sono quelle che provengono dal Senegal: il Gambia, infatti, è un’enclave di dakar.
«Il Senegal esige che il presidente uscente rispetti senza condizioni la scelta democratica liberamente espressa dal popolo gambiano, che organizzi la transizione pacifica del potere e che garantisca la sicurezza e l’integrità fisica del Presidente appena eletto» ha scritto in un comunicato il ministro per gli Affari Esteri di Dakar Mankeur Ndiaye. Inoltre, temendo probabilmente rappresaglie, ha messo «solennemente in guardia contro ogni minaccia alla sicurezza dei cittadini senegalesi che vivono in Gambia», ha fatto appello all’Unione Africana (Ua), alla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao) e all’Onu a collaborare per proteggere i risultati dello scrutinio presidenziale del 1° dicembre.
La risposta di condanna degli Stati Uniti è giunta altrettanto immediata, mentre Adama Barrow si è espresso il giorno dopo, dichiarandosi «il presidente democraticamente eletto della Repubblica del Gambia», esortando Jammeh a rispettare il processo di transizione del potere e facendo appello ai suoi militanti a mantenere la calma.
Ua, Onu e Cedeao hanno ugualmente condannato il 10 dicembre in coro l’iniziativa del tiranno gambiano.
Come misura precauzionale, il Senegal – secondo il quotidiano francese “Le Monde” – avrebbe già distaccato
un commando di 100 forze speciali vicino alla frontiera col Gambia.
Negli ultimi giorni, sono giunti a Banjul, capitale gambiana, i presidenti di Sierra Leone, Nigeria, Ghana e Liberia col compito di persuadere Yahya Jammeh a cedere il potere.
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Cambio di strategia. Domenica 11 dicembre intanto, Jammeh ha cambiato strategia, scegliendo la via legale e annunciando un ricorso alla Corte Suprema: l’obiettivo è far annullare lo scrutinio ed imporne una ripetizione, nella speranza di poterlo manipolare, pare che stavolta i brogli abituali per queste consultazioni non siano riusciti, in modo da poter vincere nuovamente.
Inoltre, martedì 13 dicembre il quartier generale della commissione elettorale indipendente è stato occupato dai soldati: BBC e Al Jasira scrivono che agli impiegati è stato impedito entrare nell’edificio ed il presidente della Commissione ha dovuto lasciare il suo posto di lavoro.
Il clima generale è di grande tensione, anche se per il momento non si registrano incidenti.
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Yahya Jammeh. Nella breve storia del ghambia vi sono stati due presidenti: Sir David (dawd) Jawara (1965-1994) e Yahya Jammeh (1994-2016).
Jammeh salì al potere con un golpe militare il 22 luglio 1994: si trattò d’un putsch attuato senza spargimento di sangue e volto a sostituire l’ormai molto anziano Capo di Stato.
Nei 22 anni di regime, Jammeh ha imposto un regime duro costellato di arresti, torture, sparizioni, elezioni truccate, insomma tutto l’armamentario tipico delle tirannidi africane e non solo.
La sorpresa degli osservatori era che le elezioni del 1° dicembre scorso parevano le prime ad essere libere. I fatti di questi giorni dimostrano che la favola del dittatore che spontaneamente e bonariamente riconosce la sconfitta e cede il posto a chi ha vinto legalmente si sta trasformando in un incubo per una piccola nazione che potrebbe divenire un nuovo focolaio di crisi in un continente già costellato di guerre, dittature ed altri orrori.
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Il Gambia. Ex colonia britannica, il Gambia ottenne l’indipendenza il 18 febbraio 1965. Da monarchia nel 1970 si trasformò in repubblica presidenziale e poi, dopo l’avvento al potere di Jammeh in repubblica islamica.
Il suo territorio è letteralmente incastonato nel senegal che lo circonda completamente lasciandogli un breve sbocco al mare alla foce del fiume Gambia.
Il Paese vive soprattutto d’agricoltura e di turismo, nonché delle rimesse degli emigrati gambiani all’estero.
PIER LUIGI GIACOMONI