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EDITORIALE. UN PENSIERO FORTE PER UNA POLITICA FORTE
(29 Gennaio 2020)

BOLOGNA. Le elezioni regionali del 26 gennaio 2020 si sono concluse con un’affermazione del candidato del centro-sinistra Stefano bonaccini che ha conquistato complessivamente il 51,3% dei voti.

La sua principale avversaria, la Senatrice leghista Lucia Borgonzoni si è fermata al 43,6%, mentre il candidato del Movimento 5 Stelle Simone Benini ha raccolto solo il 3,8%.

Nel nuovo Consiglio Regionale, che come il precedente conta 50 membri, la coalizione di maggioranza avrà 29 seggi (di cui 22 eletti nelle liste del PD), mentre le opposizioni disporranno di 21 mandati.

Nei prossimi giorni, il Presidente rieletto comporrà la nuova Giunta: sui giornali è, come sempre, già iniziato il toto assessori, pratica che sempre precede il varo d’un nuovo esecutivo.

siamo certi che alla fine alcune delle previsioni formulate dai media saranno confermate, mentre è facile prevedere che vi saranno delle sorprese.

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LA BATTAGLIA DI ARMAGHEDDON.

Quest’elezione è stata vissuta dai contendenti in campo come la battaglia di Armagheddon, ossia lo scontro epico e finale fra un centro-destra a forte trazione leghista, che riteneva d’aver buone chances di vittoria ed un centro-sinistra “largo” che sperava di difendere con successo l’attacco degli avversari.

Il centro-destra, soprattutto il leader della Lega Matteo Salvini, ha impegnato gli ultimi novanta giorni conducendo una campagna elettorale ossessiva ed asfissiante, costituita da brevi comizi, passerelle nei mercati e nelle piazze di tutti i comuni della regione, selfie e provocazioni di ogni tipo, fino al famoso episodio, variamente commentato, della citofonata a casa d’una famiglia per chiedere se lì abitasse uno spacciatore.

S’è trattato d’una campagna condotta in solitario che di fatto ha oscurato sia gli alleati (Fratelli d’Italia, Forza Italia ed altri), sia la candidata alla Presidenza della Regione alla quale è stato consigliato d’incontrarsi con categorie economiche ed altri gruppi, invece di presentarsi al pubblico, quasi che ci si vergognasse d’averla proposta.

Alla fine il suo oscuramento è stato tale che la notte dello spoglio dopo un breve discorsetto la signora si è ritirata in buon ordine: in precedenza il suo leader-padrone aveva ammannito al pubblico dei media un lungo discorso nel quale implicitamente s’ammetteva la sconfitta, anche se l’esito del voto non era ancora del tutto acquisito.

Dall’altro lato, Stefano bonaccini ha anch’egli condotto una campagna in solitario seguendo il suggerimento di chi l’aveva pregato di mettere in secondo piano i partiti che l’appoggiavano. Il Presidente ha vantato i risultati conseguiti dalla sua amministrazione, ci ha tenuto a sottolineare che queste erano elezioni regionali, non una prova generale di eventuali elezioni politiche e via elencando.

Alla fine i risultati gli hanno dato ragione, riconsegnandogli la Regione e conferendogli una confortevole maggioranza in assemblea.

Non è stato irrilevante nello svolgimento della campagna prevoto il ruolo esercitato dal Movimento delle Sardine: esso ha avuto il merito di riavvicinare i giovani alla politica, al voto amministrativo da cui si erano allontanati, ma anche di porre temi veri come il non usare un linguaggio d’odio o il non far propaganda con notizie false e molto altro ancora.

Se alla fine il tasso di partecipazione alle elezioni è giunto al 67,7% è anche merito loro: si vedrà in futuro se l’impegno dei millennials sarà duraturo ed in grado d’imprimere un rinnovamento della politica o se invece si spegnerà come un fuoco di paglia.

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NON E’ ORO TUTTO CIO’ CHE LUCCICA.

Tuttavia, il quadro che emerge dallo scrutinio indica che anche l’Emilia-Romagna, regione “rossa” per antonomasia, almeno come il Veneto è regione verde, non è più un luogo in cui la Sinistra può vincere facilmente candidando chiunque come in passato. Esaminando nel dettaglio l’esito elettorale emerge che il Centro-sinistra ha vinto soprattutto nelle province centrali (Bologna, Modena, Reggio Emilia): in particolare l’enorme distacco in voti acquisito da Bonaccini in provincia di Bologna ha fatto decisamente pendere la bilancia a suo favore.

In una parte della Romagna ed a Piacenza ha prevalso invece borgonzoni.

Bonaccini ha vinto nelle città medio-grandi, ma nei piccoli comuni ha prevalso la sua avversaria. Se un domani la “diga rossa” dovesse cedere, magari perché il centro-destra propone un candidato più civico, meno riconducibile ad uno dei partiti facenti parte della coalizione verdazzurra, il risultato potrebbe divenire molto più incerto.

Sullo sfondo, ma poi non tanto, vi sono tanti altri aspetti della questione da tenere in considerazione: l’elettorato oggi è sempre meno fidelizzato e vuole avere dai leader dei risultati concreti. Se l’economia regionale nei prossimi anni crescerà, se il tasso di disoccupazione rimarrà basso, se diminuirà il livello di lavoro precario di giovani e meno giovani, se la sanità saprà fornire servizi sempre più efficienti, riducendo le liste d’attesa, se il tasso di microcriminalità non aumenterà il giudizio complessivo verso l’amministrazione rimarrà positivo. Nel caso invece in cui il nuovo Governo regionale,che tra l’altro aspira ad ottenere da roma un maggior grado d’autonomia, dovesse dimostrarsi inefficiente, scorretto, arrogante, convinto d’aver sempre ragione o, peggio ancora, colpito da scandali, logorato da conflitti d’interesse, ecco allora potrebbero riprendere quota le proposte alternative.

Nei giorni precedenti al voto la conferenza Regionale dei Vescovi in un suo documento richiamava l’attenzione su una serie di problemi che rimangono sul tappeto:

«Ogni forma di corporativismo – scrive la CEER – di esclusione sociale e dalla partecipazione attiva alla vita delle nostre città, ogni discriminazione di uomini e donne, italiani o immigrati, persone o famiglie, indebolisce il cammino e lo sviluppo regionale. La preoccupazione principale, anche nelle politiche regionali, non può che essere per le situazioni di povertà , disagio ed emarginazione, segnatamente per quanto riguarda la mancanza e la precarietà del lavoro, continuando un impegno politico che in questi anni ha portato anche buoni frutti.»

«A orientare le funzioni amministrative regionali sono i principi della sussidiarietà , della differenziazione e della adeguatezza. Anche l’autonomia regionale non può dimenticare questi tre principi che valorizzano e «favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività  di interesse generale», cioè l’azione della famiglia, di altre comunità  e delle realtà  del Terzo settore in una programmazione territoriale. Ogni forma di omologazione culturale che non risponde all’adeguatezza dei servizi e al rispetto delle realtà familiari e sociali rischia di essere una sovrastruttura che non serve al bene comune.»

Di qui la necessità di valorizzare i corpi intermedi come il mondo associativo, non permettendo che prevalga una sola corrente di pensiero.

Diritti vecchi e nuovi sì, ma anche doveri, sviluppo economico, solidarietà, coesione sociale, lotta agli squilibri, integrazione dei migranti, lotta contro l’emarginazione socioeconomica di chi non ce la fa o manca di mezzi culturali per far valere i propri diritti.

«La cura degli aspetti economici deve essere accompagnata – concludono i vescovi dell’Emilia-Romagna – soprattutto oggi, da una attenzione ai percorsi di integrazione, inclusione di famiglie e persone in difficoltà , mentre i nostri paesi dalla collina alla costa e le nostre città  cambiano continuamente.
Sono necessarie anche una legislazione e una regolamentazione che non penalizzino alcune categorie di persone nell’accesso alla casa, alla scuola, al lavoro, alla salute.

Le tematiche ambientali rilanciate dal movimento Friday for future da noi si declinano con la cura del nostro ricco patrimonio di beni culturali ed ambientali che, opportunamente valorizzati, favoriscono lo sviluppo del turismo, risorsa così importante per il nostro territorio: del resto la Regione Emilia-Romagna è l’unica ad avere tra i suoi enti l’Istituto Beni Culturali che dal 1974 si occupa appunto di tutelare e valorizzare quanto abbiamo ereditato nei secoli e che è la base della nostra civiltà.

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RIGENERAZIONE DELLA POLITICA.

La politica, per molti, è divenuta ormai sinonimo di malaffare ed illecito arricchimento o di sfrenata ambizione individuale, a causa dei numerosi casi di abuso di potere, appropriazione indebita, carrierismo senza scrupoli.

Eppure d’una politica alta,nobile e disinteressata abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo per affrontare le molte questioni epocali cui siamo confrontati: la rivoluzione digitale, l’aumento sistemico delle diseguaglianze sociali, gli straordinari flussi migratori, la crisi ecologica, l’essere competitivi ed attrattivi in epoca di globalizzazione…

«In particolare, – scrive l’Osservatorio socioeconomico “Giovanni Bersani” – è deleteria per il bene comune la
caduta dei valori etici, nella sfera sia del privato sia del pubblico. Le passioni ideali della solidarietà e della tensione civica sono intaccate da egoismi di gruppo, da fenomeni nuovi di corruzione, dall’avanzata della cultura dell’individualismo libertario.

La politica, che da sempre è implicata con il proteggere e il provvedere, vale a dire con lo Stato di diritto e il welfare, è chiamata a rigenerarsi attorno all’asse vivente della persona, considerata nella sua integralità, compresa la dimensione di trascendenza. Il rilancio della politica, oggi improcrastinabile, non può fare a meno di un pensiero forte che abbia come orizzonte temporale il lungo periodo, anziché
la preoccupazione di vincere le elezioni successive.

Solo così è possibile prendersi cura dei bisogni e delle istanze delle generazioni future. Mai si dimentichi che un pensiero debole genera sempre una politica debole.»

Da ciò diviene anche impellente la necessità di non chiudersi nel proprio “particulare”, di cui è figlio il nazionalismo sovranista che preferisce elevar dei muri ed alimentare paure piuttosto che confrontarsi con quanto propone la realtà globale in cui siamo inevitabilmente immersi.

Così come l’Emilia-Romagna non è più l'”isola felice”, mito alimentato decenni fa da chi confrontava la nostra regione con altre, allo stesso modo i nostri territori sono ineludibilmente influenzati da quanto avviene in europa e nel Mediterraneo.

La politica perciò deve avere uno sguardo lungo, una capacità d’interpretare i “segni dei tempi” e di trasformarli in azioni concrete che vadano a beneficio dei più e non deve gettare semi di discordia che sul medio e lungo periodo possono generare conflitti difficili da sanare.

E’ questo il complesso mandato che è stato conferito dal popolo sovrano alla nuova Giunta ed alla sua maggioranza: tra un lustro verificheremo se vi avrà corrisposto correttamente o se avrà preferito pensare al vivacchiare senza dimostrare d’avere dietro di sé un “pensiero forte” per una “politica forte”.

PIER LUIGI GIACOMONI

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