BURKINA FASO. CONTINUA IL FESTIVAL DEI GOLPE
(27 Gennaio 2022)
OUAGADOUGOU. Continua, facendo tappa nel Burkina Faso, il Festival dei colpi di stato militare in africa, soprattutto nell’area del sahel: tra 2020 e 2021 son già andati a segno i putsch in Mali, Ciad, Guinea e sudan. al momento resistono le amministrazioni civili di Niger, Mauritania, Senegal, Costa d’Avorio, Benin, Togo, Ghana e Nigeria. tuttavia molti di questi Paesi sono retti da regimi in crisi di legittimità.
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I FATTI.
Il 23 Gennaio, alle 4 del mattino, la popolazione di Ouagà, il nomignolo dato alla capitale, si risveglia bruscamente: da diverse parti si odono colpi d’arma da fuoco. Qualche ora dopo si scoprirà che è in atto un’ennesima sollevazione militare. All’inizio, le rivendicazioni degli insorti non sembrano metter in discussione lo status quo: i soldati chiedono al Presidente d’avere «maggiori risorse per combattere i jihadisti» risarcimenti «per le famiglie dei militari morti in battaglia». Inoltre, esigono «le dimissioni immediate di alcuni comandanti dell’esercito».
Il governo sembra in grado di controllare la situazione, tant’è vero che il Ministro per la Difesa, gen. Aime Barthelemy Simpore, compare rassicurante in tv. Poi gli eventi precipitano: è devastata una sede del partito dominante, l’MPP, non è chiara quale sia la sorte tocata al Presidente della Repubblica Roch Marc Christian Kaboré (si dice addirittura sia stato ucciso), gruppi sempre più consistenti di giovani incitano i militari a prender il potere.
IL golpe strisciante si completa lunedì 24: a sera compare sui teleschermi un ufficiale che proclama: «Popolo del Burkina Faso, cittadini e cittadine, abbiamo preso il potere […] è iniziata una nuova era per il nostro Paese».
Il capitano Sidsoré Ouedraogo, circondato da un gruppo di soldati del Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione (MPSR) prosegue: «Costituzione, governo, e assemblea nazionale sono stati per ora dissolti. Le frontiere aeree e terrestri sono invece chiuse ed è in vigore il coprifuoco tra le nove di sera e le cinque di mattina fino a nuovo ordine».
Dall’indipendenza dalla Francia, proclamata il 4 Agosto 1960 è la quinta volta che un tentativo di colpo di Stato va a segno nell’ex Alto Volta: anzi, in quasi 62 anni di vita, lo stato burkinabé è stato perloppiù governato da uomini in divisa.
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LE COLPE DI KABORé.
Perché kaboré, eletto Presidente nel 2015 e confermato cinque anni dopo, è stato rovesciato?
La crisi – osserva Matteo Fraschini Koffi su avvenire.it – è iniziata nel 2015: un’economia fragile e la crescente minaccia jihadista hanno messo alla frusta il nuovo governo civile subentrato alla lunga dittatura personale di Blaise Compaoré (1987-2015, nel frattempo riparato in costa d’Avorio. «Kaboré, banchiere di formazione, ha visto l’intero Paese sprofondare anno dopo anno nell’insicurezza causata dall’aumento di gruppi di militanti islamici autoctoni e provenienti da Stati limitrofi come Mali e Niger. I jihadisti hanno cominciato a lanciare attacchi, sequestrare locali e stranieri, e a occupare l’intero territorio. La stessa Ouagadougou è stata teatro di tre attentati tra il 2016 e il 2018 che hanno causato la morte e il ferimento di oltre 200 persone. Uno degli ultimi attacchi jihadisti ha preso di mira lo scorso novembre una base militare a Inata, cittadina nel nord-est del Paese, dove sono rimasti uccisi 49 agenti della sicurezza e quattro civili.»
La scelta compiuta dal Presidente d’appoggiare le milizie di villaggio in funzione antijihadista e l’incessante “valzer” dei ministri della difesa, nonché l’assenza di risultati, ne hanno probabilmente segnato la sorte.
Questi, mediante una lettera resa nota dalla tv nazionale ha intanto rassegnato le dimissioni dalla Presidenza: «Lo faccio – scrive – nel più alto interesse della nazione a seguito degli eventi che vi si sono succeduti».
Solo due settimane fa, aveva partecipato al summit della Cédéao-Ecowas che aveva decretato durissime sanzioni nei confronti del Mali nelle mani dei militari dall’agosto 2020. quella decisione, l’avevamo evidenziato, era motivata dal timore che il virus dei colpi di Stato potesse dilagare in molta parte dell’Africa occidentale. gli eventidi questi giorni in burkina Faso dimostrano che questa paura non era del tutto immotivata. Peraltro, rimane evidente la fragilità delle strutture statali che non riescono a controllare adeguatamente il territorio, soprattutto nella regione delle tre frontiere, tra Mali, Niger e burkina Faso, dove i militanti islamisti si muovono liberamente.
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GLI ALTRI ATTORI SULLA SCENA.
Nello scenario del Sahel però non agiscono solo i deboli governi della regione, ma anche altri attori: prima di tutto, la Francia che tradizionalmente considera quest’area di sua specifica competenza. Proprio il ruolo di Parigi pare in discussione: in Mali, ad esempio, la giunta al potere ha chiesto ed ottenuto aiuto dai mercenari della Wagner, connessa con la Russia, già operante in Centrafrica e in Burkina Faso coloro che in questi giorni han manifestato a favore del golpe han gridato slogan antifrancesi ed esibito bandiere russe.
Il colpo di Stato di Ouagadougou pare in primo luogo «un fallimento francese, nella misura in cui – scrive Pierre Haski su France Inter – il modello di governo attualmente indebolito è quello che la Francia ha incoraggiato e sostenuto. Questa almeno è la percezione della popolazione locale, che rimprovera alla presenza militare francese di non averla protetta dai terroristi e a Parigi di essersi schierata sempre dalla parte dei governi e mai delle società civili».
La Francia si trova di fronte a scelte difficili: in Mali è in aperto conflitto coi militari, padroni del paese, mentre anche il Burkina Faso potrebbe voltarle le spalle: non per caso, il presidente Emmanuel Macron ha condannato il golpe e chiesto il rapido ripristino della legalità.
«È in discussione – conclude Haski – l’intera strategia francese in Sahel, mentre un enorme punto di domanda aleggia sul modello degli stati africani dopo un periodo di democratizzazione poco convincente».
Altri attori presenti sulla scena, oltre alla già citata Russia, tramite la società Wagner, la forza multinazionale europea dell’operazione Taquba, in queste ore la Danimarca ha disposto il ritiro del proprio contingente, e la Cédéao-Ecowas che, pur avendo fatto la voce grossa, è in realtà molto debole.
«Mentre in Camerun – scrive il periodico burkinabé Wakat Séra – si gioca la Coppa d’Africa, in Africa occidentale sembra in corso il torneo dei colpi di stato. Il capo della giunta maliana Assimi Goita ha passato la palla al colonnello guineano Mamady Doumbouya, che ha scalzato il presidente Alpha Condé, e poi ha fatto un lancio lungo al comandante burkinabé Paul-Henri Sandaogo Damiba, [l’uomo forte del nuovo regime al potere a Ouagà, NDR] che ha deposto il presidente Kaboré. Approfittando delle debolezze dell’arbitro, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao), la squadra dei colonnelli continua a segnare e a essere applaudita da un pubblico di persone profondamente deluse dai loro leader.
I successi ottenuti dall’organizzazione regionale in alcuni campi sono innegabili, ma allo stesso tempo bisogna riconoscere che è stata cieca e inerte di fronte all’oppressione subita da alcune popolazioni.»
Lo stato di grave insicurezza in cui vivono, tanto la popolazione, quanto l’esercito burkinabé, unitamente agli abusi, al malgoverno, alla crisi socioeconomica che ha falcidiato i redditi, nonché la stessa pandemia , sono il terreno di coltura in cui è germogliato quest’ennesimo golpe: rimangono tuttavia senza risposta due importanti interrogativi:
1. ora che i militari han abbandonato il fronte, chi combatterà contro i gruppi terroristici e criminali che saccheggiano il Burkina Faso e i paesi vicini?
2. quale sarà il futuro della cooperazione militare G5 Sahel, ora che tre paesi su cinque (Mali, Ciad e Burkina Faso) sono guidati da giunte militari?
PIER LUIGI GIACOMONI