STATI UNITI. A UN PASSO DAL GOLPE
(13 Dicembre 2021)
WASHINGTON D. C. Gli Stati Uniti, la più importante democrazia del mondo, sono stati a un passo dal golpe: nel periodo che va dal 3 novembre 2020 al 6 gennaio 2021 un gruppo di persone, al massimo livello possibile, ha programmato e tentato un colpo di stato per impedire a Joseph R. Biden Jr. di diventare Presidente e consentire a donald J. Trump di rimanere alla Casa Bianca.
Ne ha scritto in questi giorni il quotidiano britannico the Guardian, rivelando che il capo dello staff di Trump, Mark Meadows, ha consegnato alla commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del 6 Gennaio, una presentazione di powerpoint con tutte le fasi del putsch.
Di solito, pensiamo che i colpi di Stato avvengano in Paesi più o meno esotici dove i regimi civili sono continuamente sballottati da oligarchie militari che più o meno con la forza si prendono il potere. Quest’anno quattro paesi africani e uno asiatico han vissuto quest’evenienza. Ma i Paesi di solida democrazia ci paiono immuni.
Non è così, perché i fatti che stanno emergendo, dimostrano che gli Stati Uniti d’America han rasentato l’avvento della dittatura del Tycon che ancor oggi alimenta il mito delle elezioni truffate senza peraltro fornir prove.
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I FATTI.
Il piano s’intitolava «Election Fraud, Foreign Interference & Options for 6 Jan», prevedeva:
1. che si dichiarasse lo stato d’emergenza nazionale;
2. che si accusassero potenze straniere ostili, come Cina e Venezuela, d’aver interferito nelle presidenziali del 3 novembre 2020 per favorire i democratici;
3. che si annullassero tutti i voti espressi elettronicamente;
4. che si coinvolgesse la Guardia Nazionale per supervisionare la conta dei voti, chiedendo in pari tempo al Congresso di individuare un rimedio costituzionale al problema.
Meadows l’aveva presentato a Trump con un PowerPoint di una quarantina di pagine. La sequenza temporale dunque sarebbe stata la seguente:
2 gennaio 2021: il capo di gabinetto della Casa Bianca ordina al Pentagono d’indagare sull’Italygate;
5 gennaio: fa circolare il piano per sovvertire l’esito delle elezioni;
6 gennaio: Trump va davanti all’obelisco di Washington per arringare i sostenitori, che poi danno l’assalto al Congresso, dove il vice presidente Mike Pence deve avallare il risultato del 3 Novembre precedente.
L’obiettivo finale è quello di mantenere Trump alla Presidenza oltre il 20 Gennaio, quand’è previsto il giuramento della nuova coppia presidenziale: Joe biden e Kamala Harris.
Non sembra che fosse previsto l’intervento di forze armate o polizia per prendere il controllo dello stato, come avviene normalmente nei golpe che segnano la storia di molti Paesi poveri.
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FRAGILITA’ DELLA DEMOCRAZIA.
«La democrazia scrive Ezio Mauro su Repubblica – in sostanza, è disarmata di fronte al tradimento, che nega alla base i suoi principi. La metodica del colpo di Stato interno, per di più orchestrato nel sancta sanctorum del potere legittimo e realizzato direttamente dal presidente in carica, può dunque essere semplice e primitiva, rudimentale, e tuttavia può riuscire facilmente a perforare la corazza di valori e principi con cui la democrazia tutela se stessa: il difficile è superare l’ostacolo della legalità e della fedeltà alla Costituzione, decidere di porsi fuori dalla legge, spostare il fondamento del potere dal consenso al sopruso. Una volta scelto il tradimento, tutto il resto è tecnica, tanto più semplice quanto più il piano eversivo è nelle mani del potere in carica, che già vive nelle stanze del comando, ha tutte le leve in mano e può contare sul carisma dell’autorità suprema. Per questo l’infedeltà trumpiana è certamente nei confronti della Costituzione, ma soprattutto dei cittadini di qualunque fede politica, che credono nel dovere del Presidente di difendere i precetti costituzionali, difendendo la loro libertà.»
In questo caso il golpe è fallito solo perché il vice Presidente si è rifiutato d’avallare il piano eversivo e dinanzi al Congresso ha certificato la vittoria dei democratici, ma per ore Camera e Senato hanno dovuto discutere richieste d’impugnativa del voto avanzate da parlamentari repubblicani.
di più: nei mesi successivi al 6 gennaio, i legislativi di diversi Stati hanno approvato leggi per limitare l’accesso al voto delle minoranze, ridurre l’impatto del voto elettronico, rimodellare i collegi elettorali per la Camera in modo da favorire i candidati GOP alle elezioni di midterm in programma per il novembre 2022.
Insomma, la democrazia americana è esposta al rischio d’una deriva oligarchica ed autoritaria che potrebbe assumere contorni più precisi già nei prossimi mesi o nella corsa presidenziale del 2024, con evidenti ripercussioni sul resto del mondo, in particolare sugli alleati di Washington.
PIER LUIGI GIACOMONI