PORTOGALLO E SPAGNA: CRISI DEI GOVERNI DI SINISTRA
(31 Ottobre 2021)
LISBONA-MADRID. Tanto in Portogallo, quanto in Spagna si sono aperte in questi giorni gravi crisi nelle coalizioni di sinistra che governavano i due paesi iberici.
In Portogallo c’è stata una vera e propria rottura, in Spagna si sta cercando di capire se la compagine PSOE-UP può andare avanti fin alla scadenza naturale del mandato.
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PORTOGALLO.
In Portogallo, dunque, il 27 Ottobre l’Asambleia da República, il parlamento monocamerale lusitano, con 117 voti contro 108 ha respinto il disegno di legge di bilancio per il prossimo anno fiscale.
Il Primo Ministro António Costa, che guida dal 2015 un esecutivo socialista di minoranza appoggiato dall’esterno dal partito comunista (PCP) e dal Blocco di sinistra (BE) rimane in carica, in attesa che il Presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa decida se sciogliere la camera o chiedere all’esecutivo di proporre un altro bilancio.
Contro la finanziaria hanno votato tutti i partiti di centro-destra, naturalmente, ma anche i due partner di coalizione.
Le sinistre hanno accusato Costa d’esser ossessionato dal desiderio d’ottenere alle elezioni la maggioranza assoluta e di condurre una politica di centro: il governo risponde che la manovra proposta era la più di sinistra da quando è incarica quest’amministrazione.
qualche osservatore però nota che probabilmente dietro la decisione del bloque e del PCP di far saltare la legislatura vi è il timore d’arrivare al 2023, data di scadenza del mandato dell’attuale Asambleia, con molti meno voti che in passato.
Inoltre, fra le sinistre portoghesi c’è nostalgia dell’opposizione, ossia di quei giorni, quando si poteva criticare qualunque governo pur di capitalizzare il malcontento.
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SPAGNA.
La crisi politica a Lisbona matura mentre anche in Spagna crescono le tensioni all’interno della coalizione che regge il debole governo Sánchez: nei giorni scorsi Unidas Podemos ha chiesto di aprire un tavolo di precrisi per discutere la revisione della riforma del lavoro varata da Mariano Rajoy quand’era Presidente del Governo.
Negli accordi di coalizione sottoscritti nel 2019 da pedro Sánchez e Pablo Iglesias a nome rispettivamente del PSOE e di UP era previsto che si sarebbe profondamente rivista la legge fatta approvare dal PP, ma ora che si arriva al dunque sorgono dissensi e discrepanze tra i socialisti, in particolare il Ministro dell’Economia Nadia Calviño e la sua collega del lavoro Yolanda Díaz.
Sembra che in questo caso ci sia disponibilità a raggiungere un’intesa, evitando la crisi di governo e le elezioni anticipate, ma siamo nell’epoca in cui si discute anche a Madrid la legge finanziaria e non possono esser esclusi del tutto imprevisti e inciampi.
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UNA LEZIONE PER L’ITALIA?
La duplice crisi politica portoghese e spagnola avviene nel momento in cui la leadership del Partito Democratico in Italia sta imboccando con decisione la strada d’una più stretta coalizione sia col Movimento 5 Stelle, o ciò che ne resta, sia con alcune frange dell’estrema sinistra in vista delle elezioni politiche del 2023.
Di recente questo progetto ha vinto in alcune elezioni amministrative, pur funestate da un massiccio astensionismo, ma il segretario del PD enrico Letta sembra deciso a creare il “nuovo Ulivo”. Eppure la vicenda portoghese ed anche quella spagnola consiglierebbero maggiore cautela. anche l’estrema sinistra italiana, come hanno già ampiamente dimostrato le precedenti esperienze di governo degli anni Novanta e Duemila, è relativamente interessata a governare, mentre è un po’ più incline a cavalcare tutti i motivi di malcontento presenti nella società al fine di guadagnar consenso.
Di più: il nuovo Ulivo lettiano sembra nascere in netta contrapposizione col centro dello schieramento politico: sembra quasi che si auspichi un suo graduale scivolamento a destra al fine forse non tanto di vincere le prossime elezioni, quanto piuttosto di creare un fronte con una forte identità ideologica, disinteressato al governo, ma pronto a raccogliere molte, se non proprio tutte, le insoddisfazioni che salgono dall’opinione pubblica.
Se non si correggerà la direzione imboccata è probabile allora che il progetto lettiano, ammesso che abbia un qualche successo, non candida il centro-sinistra al governo dell’Italia, ma all’opposizione d’un futuro esecutivo sovranista ed antieuropeo.
E’ la stessa cosa che potrebbe accadere tanto in Portogallo quanto in Spagna dopo le prossime elezioni legislative, vicine o lontane che siano.
PIER LUIGI GIACOMONI