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NIGERIA. TINUBU ELETTO PRESIDENTE, DENUNCIATE DIFFUSE IRREGOLARITA’
(19 Marzo 2023)

ABUJA. L’ex Governatore di Lagos Bola Ahmed Tinubu, 70 anni, candidato dell’All Progressives Congress (APC) è, secondo la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (INEC), il nuovo Presidente eletto della Federazione nigeriana.

Nel dettaglio, Tinubu ha ottenuto 8,8 milioni di voti (37%), Atiku Abubakar, candidato del People’s Democratic Party (PDP) ha raccolto 6,9 milioni di preferenze (29%), mentre l’outsider Peter Obi, d’origine meridionale, cristiano, è stato scelto da 6,1 milioni di elettori (25%).

Più ancora nel dettaglio, Tinubu vince in tutti gli stati del sudovest da cui proviene, tranne Lagos, il suo regno;
inoltre conquista 7 stati del Nord, su un totale di 19: Benue, Borno, Jigawa, Kogi, Kwara, Niger e Zamfara e si aggiudica anche uno stato del sud cristiano, Rivers;

Abubakar vince ad Adamawa, Bauchi, Gombe, Kaduna, Katsina, Kebbi, Sokoto, Taraba e Yobe, tutti stati musulmani del Nord;
Arriva primo anche in Akwa Ibom, Bayelsa e Osun, tre Stati meridionali prevalentemente cristiani;

Obi, infine, vince in quasi tutti gli stati a maggioranza cristiana del sud e ottiene buoni risultati nelle zone cristiane del nord. Gli stati in cui arriva primo sono Abia, Anambra, Cross River, Delta, Ebonyi, Edo, Enugu, Imo, Lagos, Nasarawa, Plateau, e Abuja, la capitale federale.

Sebbene Tinubu abbia vinto solo in 12 Stati, ha conquistato la Presidenza perché ha ottenuto oltre il 25% delle preferenze in 29 di essi, più la capitale, facendo scattare il meccanismo della legge elettorale che in questo caso rende non necessario il ballottaggio tra i candidati più votati.

Le elezioni si sono tenute il 25 Febbraio in quasi tutto il Paese ed avrebbero dovuto coinvolgere 93,5 milioni di elettori, di cui 87 milioni muniti di tessera elettorale, su una popolazione che si stima sia ben oltre i 200 milioni d’abitanti.
(Proprio in questi giorni è iniziato il censimento [NDA])

Invece, secondo i dati forniti dall’INEC solo 25 milioni di persone hanno votato, facendo abbassare il tasso di partecipazione del 2019 che già risultò particolarmente esiguo.

Si trattava complessivamente d’eleggere il nuovo Presidente federale, che in base alla costituzione è anche capo del governo, i 369 membri della Camera dei Rappresentanti e i 109 componenti del Senato. Per la massima carica correvano in tutto 18 ticket composti da candidato presidente e vice.

Il 18 Marzo si tengono invece le elezioni per i governatori e le assemblee statali: i risultati di questo voto saranno resi noti successivamente.

Il nuovo Capo di stato giurerà sulla costituzione e s’insedierà il 29 Maggio: avrà a disposizione un mandato di quattro anni immediatamente ripetibile: dopo due quadrienni consecutivi scatta la clausola dell’ineleggibilità.


PERCHE’ TANTI ASTENUTI?

Quali le ragioni d’un così diffuso astensionismo?

  1. Il mancato funzionamento di molti seggi che o non hanno aperto o lo hanno fatto in ritardo, dopo che gli elettori si erano messi in fila pronti per votare;
  2. il clima intimidatorio innescato da gruppi criminali in diverse parti del Paese.
  3. gravi disfunzioni nell’organizzazione dello scrutinio: schede mai arrivate a destinazione, sistema di controllo biometrico dell’identità presto andato in tilt, elenchi di elettori non aggiornati.

Anche se complessivamente questa elezione è andata meglio di altre che l’han preceduta, la Nigeria è ben lontana dall’essere una democrazia funzionante e ciò ha spinto i candidati dichiarati sconfitti a parlare di brogli e gravi irregolarità che han funestato un voto così importante per il Paese e per l’intera Africa.


I CANDIDATI PRINCIPALI

  1. BOLA TINUBU

Le notizie certe su Bola Ahmed Adekunle Tinubu sono poche a partire dalla data di nascita: in campagna elettorale ha detto d’avere 70 anni, perché sarebbe venuto al mondo il 29 marzo 1952: tuttavia c’è chi sostiene che bluffa e in ogni caso si nutrono dubbi circa il suo stato di salute.
(già l’attuale Presidente buhari ha trascorso parecchio tempo all’estero per curarsi [NDA])

In origine era un contabile, successivamente frequenta la facoltà di economia alla Chicago State University: rientrato in patria agli inizi degli anni 80, è assunto dalla Mobil Nigeria e in seguito lavora con diverse società come Deloitte e Arthur Andersen.

Negli anni Novanta ripara all’estero per sfuggire alla polizia del dittatore Sani Abacha che lo vuol arrestare: col ritorno della democrazia, Tinubu si candida alla carica di Governatore di Lagos, la capitale economica del paese: è in questa fase storica che cominciano a girare voci sulla sua corruzione. Tinubu si è arricchito, attraverso i suoi contatti, col crimine organizzato statunitense – spiegano gli esperti. Infatti lo chiamano “il padrino” perché accusato d’essere il tramite d’un traffico di eroina tra l’America ed il suo Paese.

Come Governatore di Lagos tra il 1999 e il 2007 avrebbe sottratto decine di milioni di dollari destinati alle infrastrutture locali: nel gennaio 2009, la Commissione nigeriana per i crimini economici e finanziari (Efcc), tuttavia, l’assolve dalle imputazioni di cospirazione, riciclaggio di denaro sporco, abuso d’ufficio e corruzione in relazione a una vendita di azioni d’una società di telefonia.

Il 1o marzo 2015 esce un documentario intitolato «The lion of Bourdillon» (Il leone di Bourdillon) che intende dimostrare la corruzione dell’uomo politico: Tinubu intenta una causa per diffamazione e fa bloccare la diffusione del filmato dopo soli cinque giorni dalla sua messa in onda.

Altri dubbi sulla sua smodata ricchezza sorgono nel 2019 quando la stampa pubblica foto dalle quali risulta che un furgone pieno di lingotti d’oro sta entrando nella sua villa: Tinubu reagisce dicendo: «I soldi li tengo dove voglio io.»

Durante la campagna presidenziale il suo slogan è: “ora è il mio turno”, ma la sua elezione rompe una convenzione non scritta della democrazia nigeriana: ad un presidente musulmano deve succederne uno cristiano e viceversa. Ora qualche osservatore mette in guardia contro la possibilità che tra le diverse comunità in cui si articola la Nigeria possano sorgere dei contrasti con seguito di scontri tra fazioni diverse.

Forse è proprio per questo che, accettando, il 1o Marzo, la carica presidenziale che occuperà a partire da fine maggio, rivolgendosi a tutti i nigeriani Tinubu rivolge un appelllo per l’unità del paese: «Le divisioni che hanno caratterizzato il voto del fine settimana – dice – non dovrebbero persistere nel periodo post-elettorale. Molte persone sono incerte, arrabbiate e ferite. Parlo a ognuna di voi. Possano gli aspetti migliori della nostra umanità essere portati alla ribalta in questo momento cruciale. Dobbiamo iniziare a guarire le ferite e riportare la calma nella nostra nazione».

Un tono conciliante che mira a stemperare i contrasti.


  1. L’OUTSIDER: PETER GABRIEL OBI

Per molti mesi si è pensato che Peter Gabriel Obi, 61 anni, proveniente dal sud della Nigeria avrebbe potuto scardinare il tradizionale bipartitismo instauratosi nel Paese dopo il 1999.

Obi, poi, ha incarnato per diversi mesi le speranze dei giovani, la maggioranza della popolazione.

Chi è quest’uomo che potrebbe in futuro correre ancora per la Presidenza?

Peter G. Obi è in politica dal 2003, quando si candida per il governo dell’Anambra nel sud del Paese: all’epoca lo prendono in giro, soprannominandolo “Obi the boy”, (Obi, il ragazzo). Va in giro per tutti i villaggi, parla ai giovani, stanchi del malgoverno.

Dopo una lunga battaglia legale sull’esito del voto, è proclamato Governatore nel 2006 e rimane al suo posto per otto anni, fin al 2014, dimostrando buone capacità amministrative e scarsa inclinazione alla corruzione.

Nominato alla guida della Securities and exchange commission nigeriana, l’ente di vigilanza della borsa, alle elezioni del 2019 si ricandida come vicepresidente di Atiku Abubakar (Pdp). La coppia, però è battuta dal presidente Muhammadu Buhari che consegue il suo secondo mandato.

A marzo 2022 si presenta alle primarie del PDP per ottenere la nomination per la massima carica, quando però è chiaro che non potrà spuntarla contro Abubakar, aderisce al partito Laburista: in passato, osserva qualcuno, questa scelta sarebbe sembrata un tentativo disperato di rilancio della propria carriera politica destinato a finir male, ma stavolta per Obi si è rivelata la scelta giusta.


LA RIVOLTA CONTRO LA SARS

Per inquadrare meglio il sostegno che Obi conquista soprattutto presso i giovani occorre far un passo indietro.

Nell’Ottobre 2020 migliaia di giovani scendono per le vie del Paese per protestare contro le violenze della polizia, in particolare la Special anti-robbery squad (Sars), un’unità delle forze dell’ordine tristemente nota per le detenzioni arbitrarie, le torture, le estorsioni e gli omicidi extragiudiziali. I ragazzi chiedono lo scioglimento della SARS, ma lo Stato schiaccia la rivolta nel sangue. dodici giovani perdono la vita in scontri con gli agenti nel distretto di Alausa e al casello autostradale di Lekki, a Lagos.

«Il governo – scrive Socrates Mbamalu[1] – ha represso le proteste, ma ha anche risvegliato una coscienza politica che era rimasta a lungo sopita tra i giovani nigeriani. Il 70 per cento della popolazione del paese ha meno di trent’anni, e questa potrebbe diventare una forza politica molto potente per qualsiasi leader in grado d’incanalarla nel modo giusto.»

Obi, aiutato dalla sua abilità con i social network, grazie alla sua capacità di comunicare coi giovani diventa così l’alternativa politica che la generazione #EndSars (l’hashtag usato su Twitter per protestare contro le violenze della polizia) chiedeva a gran voce.

Questo sostegno online si è trasferito durante la campagna elettorale anche nel mondo reale: gli obidients, i supporters di Obi, hanno invaso le strade, sventolando la bandiera del Partito laburista per tutta Lagos, hanno appeso manifesti con il volto di Obi e hanno aperto in tutto il paese uffici da usare come base per raggiungere gli elettori in tutto il Paese, anche nel Nord. Obi conquista anche il sostegno della diaspora, malgrado le montagne di soldi di cui dispongono gli altri principali candidati, cosa che non lo scoraggia minimamente: «I cento milioni di nigeriani che vivono in condizioni di povertà saranno la mia struttura. I 35 milioni di nigeriani che non sanno dove procurarsi il prossimo pasto saranno la mia struttura», dice più volte.

«C’è – conclude Mbamalu[2] – un verso nella Bibbia che recita: “L’obbedienza è meglio del sacrificio”. I sostenitori di Obi l’hanno trasformato nel loro slogan: “L’obidienza è meglio dei sacchi di riso”. Il riferimento è a una delle tattiche usate tradizionalmente nel paese per comprare voti.
Questa mobilitazione ha spinto Obi dai margini al centro della sfida politica, ma ha anche messo in secondo piano le sue potenziali debolezze. Nel 2021 il quotidiano nigeriano Premium Times ha scoperto una rete di società con sede nei paradisi fiscali controllate proprio da Obi, che in seguito ha ammesso di non aver denunciato al fisco quei patrimoni. “Sono sicuro che anche voi preferireste non pagare le tasse di successione se poteste evitarlo”, ha commentato.


  1. L’ETERNO SCONFITTO: ATIKU ABUBAKAR

Anche stavolta Atiku Abubakar, 76 anni, già Vicepresidente della Repubblica, ricco imprenditore, ha perso: in corsa per la carica di Governatore dello Stato di Adamawa (1990 e 1996) nel ’98 finalmente è eletto: l’anno dopo è vicepresidente con Olusegun Obasanjo (1999-2007).

Poi corre per la presidenza: 2007, 11, 15, 19 ed infine 2023, ma è sempre battuto. Oggi, alla guida del PDP contesta l’esito del voto accusando le autorità di brogli e disfunzioni.

Negli affari è coinvolto in diversi settori: edilizia, commercio, agricoltura, trasporti, ma c’è da giurare che fra quattro anni ci riproverà.


LA NIGERIA OGGI

Con oltre 220 milioni d’abitanti, di cui almeno 133 milioni sotto la soglia di povertà, pur galleggiando su un mare di petrolio, la Nigeria è un paese sempre a rischio per diversi motivi.

Proviamo ad evidenziarne almeno alcuni:


  1. CORRUZIONE E POTERE

Fin dal suo sorgere come stato indipendente ha conosciuto un livello inquietante di corruzione e d’appropriazione indebita di risorse da parte delle classi dirigenti: quando il 15 Gennaio 1966 fu messo a segno con successo il primo d’una lunga serie di colpi di Stato, diversi leader locali furono trovati in possesso di auto di lusso, lingotti d’oro, ville faraoniche.

Qualcuno allora sperava che i militari che avevano condotto in porto quel golpe avrebbero messo le cose a posto: ovviamente non fu così e la cleptocrazia dilagò.

Oggi il Paese occupa il 150o posto, su 180 stati nell’Indice sulla percezione della corruzione, diffusa a molti livelli della società, come università, forze armate, oltre che in politica.

Chi si candida alle cariche pubbliche promette invariabilmente che, se eletto, combatterà contro la corruzione, ma i risultati conseguiti sono modesti: chi corre per il potere spesso si vale della pratica della compravendita dei voti.

Inoltre è diffusa la pratica di premiare con fondi pubblici le regioni che han votato per il vincitore e punire chi ha scelto qualcun altro.

Per scongiurare il voto di scambio, a gennaio Abuja invalidò le banconote emesse in precedenza, ma in pratica ciò bloccò l’economia per diversi giorni perché la gente non riusciva ad ottenere le nuove Naira.


  1. LIBERTA’ DI STAMPA E DERIVE AUTORITARIE

Sulla carta la libertà di stampa e di parola sono garantite sia dalla costituzione che dalle leggi vigenti: in realtà il Paese occupa il 120o posto nel World Press Freedom Index, 5 posizioni in calo rispetto al 2020. Negli ultimi anni, gli episodi di intimidazione e violenza ai danni dei giornalisti sono stati molteplici e anche durante le campagne elettorali non sono mancati attacchi e allontanamenti dei reporter da comizi e altri eventi.
Le autorità son accusate d’essere complici di quanti non vogliono che siano passate al vaglio dei cronisti certe pratiche corruttive e tutto ciò che riguarda il malaffare: i crimini contro i giornalisti restano frequentemente impuniti e gli ufficiali pubblici hanno spesso trattato in maniera censoria e autoritaria quei casi in cui a essere oggetto d’inchiesta erano le istituzioni pubbliche.


  1. SICUREZZA E STABILITA’

Indipendente dal 1o Ottobre 1960, è stata governata per 29 anni da regimi militari perloppiù di provenienza settentrionale; nel 1967 è scoppiata nel Biafra la guerra di secessione del Sud-Est cristiano che intendeva separarsi da uno stato controllato dai musulmani del Nord-ovest.

In tutta la drammatica storia del paese il sangue è scorso a fiumi: attualmente, negli Stati delNord è attiva la ribellione di boko Haram e di altri gruppi fondamentalisti islamici che spargono il terrore tra la popolazione.

Inoltre, da almeno trent’anni, nel Nord sono in corso gravi ostilità tra le comunità di pastori e d’agricoltori in lotta gli uni contro gli altri, per il controllo delle terre fertili.

«Le ragioni dietro l’instabilità del Nord sono molteplici – scrivono Matteo Savi e Armando D’Amaro[3] – cosa che rende difficile per il governo agire nei loro confronti. Innanzitutto, si tratta di aree molto povere, in cui cambiamento climatico e crescita della popolazione stanno aumentando la competizione per le risorse naturali come acqua o terre fertili. Questa competizione ha esacerbato il senso di privazione delle popolazioni del Nord, creando di riflesso fratture identitarie tra i diversi gruppi. In più, il territorio è ampio e difficile da controllare, il che permette ai gruppi criminali della zona di trafficare grandi quantità di armi, creando una situazione decisamente esplosiva.»

Nel Sud-Est del paese sta riprendendo fiato la ribellione del Biafra che di recente ha fatto di nuovo sentire la propria presenza con attentati ai seggi elettorali e ad altre strutture in vista delle elezioni generali.

A tutto questo s’aggiunge l’insicurezza generalizzata nelle città, come a lagos, dove è forte il rischio d’esser rapinati o uccisi dalla criminalità dilagante: estorsioni, rapimenti per riscatto, contrabbando e traffico di esseri umani sono all’ordine del giorno.

«L’opinione pubblica – proseguono Savi e D’Amaro[4] – chiede da anni migliori forme di contrasto, ma il sistema giudiziario fatica a trovare gli strumenti adeguati.»

Peraltro, vi è chi denuncia la persistente corruzione delle forze di polizia, che essendo malpagate, cercano d’integrare a loro modo il magro salario versato dal governo.


  1. ECONOMIA E DISEGUAGLIANZE

La nigeria è un grande produttore di petrolio e gas naturale: in quest’ultimo anno diversi paesi europei, tra cui l’italia han cercato di concludere contratti per l’importazione di questi idrocarburi per ridurre la loro dipendenza dalla Russia. Per questo si ipotizza di costruire un gasdotto che parta dallo stato del Golfo di guinea ed arrivi in Marocco, attraversando tutto il Sahara, ma la realizzazione di questo progetto richiederà anni e presenta comunque diverse complessità, non ultime le forti tensioni che si registrano nel Sahel.

Dopo una serie di annate brillanti, l’economia nigeriana sta segnando il passo. Secondo l’FMI molti indicatori macroeconomici sono in discesa.

I problemi del Paese sono:

A. l’incapacità di diversificare l’economia, tutta fondata sull’estrazione e l’esportazione d’idrocarburi;
b. attrarre investimenti esteri;
C. realizzare ed efficientare le infrasttutture necessarie al Paese.
D. Mancanza di opportunità per gran parte della popolazione.
E. Inadeguatezza dell’offerta formativa del sistema d’istruzione rispetto alle richieste dell’economia.
Chi non può pagarsi un’istruzione privata rimane escluso dalle opportunità lavorative messe in campo dagli investitori.
F. Insoddisfacente Lotta alla povertà:
Se prima della pandemia i nigeriani poveri erano scesi dal 48% a meno del 30%, nel biennio in cui ha infuriato il Covid-19 sono risaliti di numero a 133 milioni, ossia più della metà della probabile popolazione totale.

La crisi internazionale ha poi fatto divampare l’inflazione: a gennaio 2023 ha toccato il 22% su base annua: il repentino calo del potere d’acquisto della Naira, la moneta nazionale, unitamente alla crescita della disoccupazione (33% della popolazione attiva) sta facendo aumentare le disuguaglianze.


  1. CRISI CLIMATICA E RIPERCUSSIONI SUL SISTEMA ECONOMICO NIGERIANO

«La Nigeria – narrano ancora Savi e D’Amaro[5] – è uno di quei Paesi dove il cambiamento climatico non è una vaga minaccia in un futuro indeterminato, ma una realtà concreta e pressante già da alcuni anni. Eventi come siccità, carestie, cicloni e inondazioni sono aumentati sia per numero che per portata e flagellano periodicamente vaste aree del Paese, causando insicurezza alimentare, soprattutto tra le fasce più vulnerabili della società.
La popolazione chiede da tempo politiche efficaci di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, affinché agli inevitabili disastri dei prossimi anni corrisponda una risposta adeguata delle istituzioni.»

Il Paese più ricco di risorse dell’Africa, quello che insieme al Sud Africa dovrebbe rilanciare le sorti dell’area meno sviluppata dell’orbe terracqueo è affetta da mali che le ultime amministrazioni non sembrano esser state capaci di superare e risolvere.

Spetterà al nuovo Presidente, su cui pesano ombre inquietanti, fare ciò che i suoi predecessori non sono riusciti a compiere.

PIER LUIGI GIACOMONI


NOTE:

[1] S. Mbamalu, Peter Obi Terzo incomodo, Internazionale N. 1487 – 18 Novembre 2022;
[2] S. Mbamalu, Peter Obi Terzo incomodo, cit.
[3] M. Savi e A. D’Amaro, La situazione socioeconomica della Nigeria in cinque punti, lospiegone.com, 23 Febbraio 2023;
[4] M. Savi e A. D’Amaro, La situazione socioeconomica della Nigeria, cit.;
[5] M. Savi e A. D’Amaro, La situazione socioeconomica della Nigeria, cit.;

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