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GRAN BRETAGNA

I LABURISTI TORNAN AL GOVERNO
(17 Luglio 2024)

LONDRA. Come preannunciato da tempo dai sondaggi, i laburisti han stravinto le elezioni generali del 4 luglio e tornan al governo dopo 14 anni.

Nella nuova Camera dei Comuni (650 seggi) disporran di 411 mandati contro i 121 dei conservatori e 72 dei liberaldemocratici.

Complessivamente, son 9 i partiti che han eletto deputati, smentendo almeno in parte il mito del bipartitismo anglosassone, ma nella sostanza l’elettorato che si è espresso (il 60% del totale) ha confermato anche in voti la propria fiducia nelle tre formazioni politiche che da più d’un secolo dominan la scena politica britannica.

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I LABURISTI

Sconfitti gravemente nelle elezioni del 2019, quando perdon anche nei collegi tradizionalmente “rossi” del nord inglese, i laburisti si son rifatti con gl’interessi:

• in Inghilterra han vinto 347 mandati su 543 quasi raddoppiando la propria rappresentanza rispetto a cinque anni fa;

• in Scozia si son aggiudicati 37 deputati su 57, riducendo drasticamente la forza del Partito Nazionale Scozzese (SNP) che scende da 48 a 9 seggi. Di conseguenza, ora accarezzan il sogno di tornare nel 2026 a guidare le sorti della nazione scozzese in occasione delle elezioni al parlamento di Holllirood;

• in Galles, infine, malgrado la crisi che ha investito il governo locale[1], han vinto 27 posti su 32 lasciandone 4 al Plaid Cymru ed uno ai Libdems.

Non si tratta della vittoria più squillante per questo partito: nel 1997 conquistarono 419 seggi e quattro anni più tardi si ripeterono: tuttavia è la sesta volta che un leader laburista strappa ai tories il governo dalla fondazione del partito 125 anni fa.

Nel dopoguerra, dal 1945 ad oggi, i Labours han governato per complessivi 30 anni: 1945-51, 1964-70, 1974-79, 1997-2010.

Particolarmente clamorosa fu l’elezione del ’45 quando Sir Winston Churchill fu battuto nettamente da Clement Atlee e nel 1997 quando Tony Blair sconffisse Sir John Major, il successore di Margaret Thatcher.

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I CONSERVATORI

Quella avvenuta il 4 Luglio è una delle peggiori sconfitte subìte dal partito nella sua tricentenaria storia.

I Tories raccolgono 116 seggi in Inghilterra e 5 in Scozia: spariscon dalla mappa elettorale del Galles.

Il leader Rishi Sunak, a poche ore dalla pubblicazione dei risultati, ha ammesso la batosta e per il momento ha assunto la leadership di capo dell’opposizione, in attesa d’esser sostituito.

Nel “bagno di sangue” che li ha investiti, non son stati rieletti diversi ministri del governo uscente, compresa l’ex premier Liz Truss, che guidò il governo più breve e disastroso della storia britannica, in carica dal 6 settembre al 25 ottobre 2022.

A lungo al governo tra Settecento ed Ottocento, quando si alternavano ai liberali, nel Novecento si son gradualmente dovuti confrontare coi laburisti cresciuti progressivamente a mano a mano che si allargava la base elettorale.

Dal 1945 ad oggi han governato per complessivi 49 anni, di cui 5 in coalizione coi liberaldemocratici (2010-15): son stati perciò al potere dal 1951 al ’64, dal ’70 al 74, dal ’79 al ’97 e dal 2010 al ’24.

Negli ultimi 14 anni han cambiato 5 leader: David Cameron, oggi Lord, 2010-16, Theresa May, 2016-19, Boris Johnson, 2019-22, Liz Truss, 2022 e Rishi Sunak, primo capo di governo d’origine indiana e di religione indù, dal 2022 ad oggi.

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I LIBDEMS

La giornata del 4 Luglio è stata trionfale per i Libdems che dopo lo squillante successo del 2010 eran tornati marginali nella scena parlamentare: sebbene abbian ottenuto poco più del 12% dei voti, han conquistato 72 seggi: 65 in Inghilterra, 6 in Scozia e, come già detto, uno in Galles.

La posizione di terzo partito consentirà al loro leader, Sir Ed Davey di interrogare il primo ministro, in occasione del settimanale Question Time, ponendogli due domande: finora questa possibilità era riconosciuta al SNP[2].

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GLI ALTRI PARTITI

Le elezioni generali sono state un buon investimento per diverse forze minori che han accresciuto la loro forza parlamentare:

• I Verdi passano da 1 a 4 seggi, così come gl’Indipendenti che ne eleggono 6: tra questi l’ex leader laburista Jeremy Corbyn;

• Reform UK, formazione nazionalpopulista guidata da Nigel Farage, eroe del referendum sulla Brexit del 2016, conquista il 14,5% delle preferenze ed elegge 5 deputati, tra cui lo stesso Farage che entra a Westminster per la prima volta nella sua storia personale.

• loSinn Féin,[3], in Irlanda del Nord, risulta esser il primo partito, avendo eletto 7 MPs, mentre il DUP, forza politica dei protestanti unionisti ne consegue solo 5.

Completano il quadro dell’Ulster, dove normalmente non si presentano i partiti britannici, l’Alliance party, l’SDLP, e lo UUP che conseguono 6 seggi sui 18 assegnati alla provincia.

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IL SISTEMA ELETTORALE

Com’è noto, in Gran Bretagna le elezioni parlamentari si svolgono col sistema del first-past-the-post: in ognuna delle 650 circoscrizioni, (in inglese Constituencies) è eletto il candidato che conquista la maggioranza relativa dei voti.

Questi diventa il punto di riferimento della sua comunità e molto di frequente incontra i cittadini per ascoltarne le lamentele e farsene portavoce in parlamento.

Così, non è molto importante sapere quanti voti ha ottenuto ciascun partito, ma in quante constituencies è arrivato primo e con quale margine sul secondo classificato.

Questo sistema elettorale consente in generale di garantire stabilità ai governi e rappresentanza delle istanze locali a Westminster: non son mancati però né legislature brevi né governi di minoranza.

Nel 1974 si votò due volte a distanza di pochi mesi: il 28 febbraio e il 10 ottobre.

A febbraio i laburisti conquistaron la maggioranza relativa, pochi mesi dopo sir Harold Wilson fu costretto ad indìre nuove elezioni che gli permisero di conquistare l’esile maggioranza di tre seggi (319-316).

Non son nemmeno mancate occasioni in cui il partito più votato ha avuto meno seggi: nel 1951 i Labs prevalsero in schede sui Tories, ma presero meno seggi dei loro rivali: 295 contro 321.

Di fronte a queste storture, le forze minori vorrebbero introdurre dei correttivi in senso proporzionale, ma i partiti più forti temono che ciò porti alla nascita di esecutivi di coalizione instabili e litigiosi, come avviene spesso nel resto d’Europa.

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PASSAGGIO DEI POTERI

Appena noti i risultati, come avviene tradizionalmente nel Regno Unito, il premier uscente si è recato dal Re per presentargli le dimissioni sue e del governo: Carlo III le ha accolte invitando il leader laburista Sir Keir Rodney Starmer a formare e presiedere una nuova compagine di cui in poche ore è stata annunciata la composizione.

Il 9 Luglio si è riunita la nuova camera e il 17 Sua Maestà ha inaugurato la prima sessione legislativa col King’s Speech, il discorso, di solito piuttosto breve, con cui vien annunciata l’agenda del nuovo esecutivo.

Nei giorni successivi, il programma sarà dibattuto prima nelle sue linee generali, poi per aree tematiche. In autunno, inizierà la vera e propria attività del 55º Parlamento del Regno Unito.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTE:

[1] Il 16 Luglio, si è dimesso il first Minister del Galles, Vaughan Gething, eletto solo a marzo di quest’anno: in quattro mesi di carica, è entrato in conflitto col suo partito, il Laburista, è stato sfiduciato dal Senedd, il parlamento di Cardiff e dai suoi ministri che l’han abbandonato.

Ora si dovrà sceglier un successore, a meno che non si decida d’anticipare le elezioni locali previste per il maggio 2026.
[2] Il Prime Minister Question Time (PMQ) è il confronto settimanale tra il capo del governo e la Camera dei Comuni.

Si tratta d’un botta e risposta molto affascinante che avviene in un aula ribollente di clamori e sfottò.

Han diritto di porre domande al premier tutti i deputati, ma il leader dell’opposizione, ossia del maggior gruppo di minoranza, ha diritto di porne sei, mentre quello del terzo gruppo ne può fare due.
[3] Lo Sinn Féin normalmente non permette ai propri parlamentari eletti di giurar fedeltà alla Corona: di conseguenza, non partecipa ai lavori della camera. Di ciò beneficia il governo e la sua maggioranza che han margini maggiori sulle opposizioni.

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