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PERU’

ALBERTO FUGIMORI: L’ULTIMO CAUDILLO
(16 Ottobre 2024)

LIMA. Alberto Fujimori, l’ultimo caudillo nella storia politica peruana, si è spento l’11 Settembre.

Molti nel Paese avrebbero voluto che l’uomo che ha sulla coscienza migliaia di desaparecidos morisse in carcere: «A 86 anni – scrive Gabriela Wiener[1] – si era trasformato in una celebrità di TikTok, dove a colpi di reel cercava di riscrivere la storia del Perù. Si presentava come un eroe e non come il capo di una banda criminale. È morto quando ancora doveva scontare nove anni nella sua famosa prigione dorata, beneficiando di un indulto per motivi umanitari, un paradosso per un individuo responsabile di aver violato i diritti umani e di aver concesso l’amnistia ai mercenari.»

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ALBERTO FUGIMORI

Nato nel 1938, ingegnere, in quanto rettore d’un’iniversità diventa presidente della conferenza degli atenei peruani (1987=.

Tre anni dopo si candida alle presidenziali come portabandiera di Cambio 90, una nuova formazione politica: a sorpresa, si qualifica per il ballottaggio contro lo scrittore Mario Vargas Llosa, sconfiggendolo nettamente nello scrutinio definitivo del 10 giugno.

Durante la campagna elettorale dichiara che se sarà eletto lotterà contro il neoliberismo, cosa che gli fa ottenere il sostegno dei ceti popolari: divenuto presidente, brusco voltafaccia.

Dieci giorni dopo l’insediamento, il suo premier annuncia in TV dure misure d’austerità: cambio della moneta, abolizione dei sussidi ai beni di prima necessità, taglio della spesa pubblica, svendita dei beni nazionali.

E’ la messa in pratica della terapia d’urto suggerita dal Fondo Monetario Internazionale per raddrizzare le economie in crisi.

In perù c’è l’inflazione che galoppa al 12.000% e l’FMI può conceder un prestito che dia un po’ d’ossigeno ad un Paese agonizzante.

Ottenuti i soldi, il clan dominante attua il suo vero progetto: imporre un regime che concentri nelle proprie mani tutto il potere.

La presenza nel Paese di Sendero Luminoso, un movimento guerrigliero maoista che sparge il terrore nelle campagne è il pretesto per la svolta autoritaria

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L’AUTOGOLPE

Il 5 aprile 1992, perciò, Fujimori, col consenso dei militari e dell’oligarchia attua un “autogolpe”: nella notte, scioglie il Congresso della Repubblica «fino all’approvazione di una nuova struttura organica del Potere Legislativo, che sarà approvata mediante plebiscito nazionale», secondo l’espressione da lui stesso adottata nel videomessaggio con cui annuncia al Paese il colpo di scena.

Al contempo, congeda il Consiglio Nazionale della Magistratura, la Corte di Garanzia Costituzionale e il Pubblico Ministero.

Inoltre, assume il controllo della pubblica mministrazione affermando che in questo modo la si renderà più efficiente e meno corrotta.

Fin al settembre 2000, el Chino e i suoi saran padroni assoluti del Perù: per gli oppositori c’è il clientelismo, la corruzione o la morte.

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IL FUJIMORISMO E’ MORTO?

Anche se col voto i peruani han respinto tre volte la candidatura d’una fujimori alla presidenza, rimangon tuttora attivi i figli del Chino: Kenji e Keiko.

Costei, in particolare, ha posto tre volte la sua candidatura per la massima carica, venendo sconfitta per un pugno di voti: «Segno – scrive Lucia Capuzzi[2] – della forza dell’anti-fujimorismo, speculare a quella del fujimorismo.»

Che, aggiungiamo noi, è tutt’altro che morto: Fuerza Popular, il partito di Keiko è il più forte in Parlamento a Lima, principale sostegno del regime di Dina Boluarte ed è in rampa di lancio per le presidenziali del 2026.

Appresa la notizia della morte del Chino, il governo ha decretato tre giorni di lutto nazionale, pagando in qualche modo il debito che l’attuale capo di Stato ha nei confronti di chi la sta appoggiando.

Così, il defunto ex dittatore, l’ultimo caudillo del Perù, anche ora che non c’è più, è di fatto il “convitato di pietra” della politica e della società peruane.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTE:

[1] G. Wiener, Alberto Fujimori è morto ma la sua eredità è viva, internazionale.it, 20 settembre 2024;
[2] L. Capuzzi, La morte di Fujimori il «caudillo nuovo» che continua a dividere il Perù, avvenire.it, 13 settembre 2024.

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