LINGUA CO-UFFICIALE
(22 Agosto 2023)
Narra la Genesi:
«Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.»[1]
Tra le torri di Babele dell’epoca contemporanea c’è l’Unione europea: 24 lingue ufficiali, montagne di documenti da tradurre in tutti gli idiomi riconosciuti, eserciti d’interpreti pronti a tradurre quanto dicon in aula gli europarlamentari.
In soldoni: un costo enorme per l’organizzazione, ma il multilinguismo è un dogma per l’UE e nessuno per piccolo che sia accetta che la propria lingua non sia ufficiale.
(anni fa l’ex premier maltese Joseph Muscat si arrabbiò molto perché nell’aula di Strasburgo non era prevista la traduzione simultanea del maltese nelle altre lingue comunitarie).
Ora la Spagna chiederà alle autorità comunitarie d’includere anche il catalano, il basco ed il galiziano, che però nel regno di Felipe non sono lingue ufficiali, salvo che nelle regioni in cui son maggiormente diffuse.
La questione linguistica in Spagna è una cosa molto seria: sono passati, infatti, appena sei anni dal referendum autogestito per ottenere la separazione della Catalogna dal resto del paese. I partiti catalanisti per sostenere la candidata del PSOE alla presidenza del Congresso han preteso che il governo in funzione avanzasse questa proposta a Bruxelles, sebbene sia noto che per raggiungere il risultato richiesto occorre il consenso unanime dei 27.
La questione delle lingue ufficiali è calda anche in Europa: ci sono più di 60 lingue che chiedono il riconoscimento da Bruxelles e alcuni Paesi, come la Francia, alle prese col separatismo còrso, temono che la messa in discussione dello status quo sia come aprire un vaso di Pandora.
Il precedente citato da alcuni del gaelico, o irlandese, non vale: nel 2005 l’UE inserì questa parlata tra le 24, ma secondo la costituzione di Dublino, nel paese, è riconosciuta come ufficiale, accanto all’inglese.
(tra l’altro esiste una versione in gaelico del trattato d’adesione irlandese alla CEE del 1973).
C’è per la Spagna una possibile via d’uscita: Madrid potrebbe concludere accordi amministrativi con Bruxelles per l’uso di una delle lingue coufficiali, accollandosi il costo della traduzione delle montagne di documenti nelle lingue parlate a Barcellona, Bilbao o Santiago de Compostela.
Più semplice si presenta la realizzazione dell’altra proposta dei nazionalisti catalani: attualmente al parlamento di Madrid è ammessa come unica lingua il castigliano. Da diverse parti si chiede che sia possibile esprimersi, aver documenti ed altro ancora anche nelle altre lingue del Paese. Sembra che la nuova presidente del Congresso, la baleare Francina Armengol sia disponibile a discutere la questione soprattutto se la legislatura appena cominciata proseguirà il suo cammino.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTA:
[1] Genesi cap. 11, vv.1-9.