LA VOCE DI HIROHITO SUL SITO DEL PALAZZO IMPERIALE GIAPPONESE
(10 agosto 2015).
TOKYO. La notizia è di qualche giorno fa: sul sito ufficiale del palazzo imperiale giapponese è stata caricata una parte dell’audio del messaggio che l’imperatore Hirohito tenne il 15 agosto alla radio nipponica.
Si tratta d’un importante discorso perchè mai l’imperatore si era rivolto ai suoi sudditi tramite un mezzo di comunicazione di massa.
Anzi, in realtà il Tenno viveva come isolato dal suo popolo, circondato da un cerimoniale opprimente che ancor prima della sua ascesa al trono (dicembre 1926) lo poneva in una condizione segregata rispetto ai comuni cittadini.
L’audiomessaggio – Il sonoro era disturbato quando dalle radio uscì una voce molto impostata, acuta. «Ai nostri bravi e leali sudditi. Dopo aver soppesato a fondo gli andamenti generali del mondo e le condizioni reali che si sostanziano oggi nel nostro impero, abbiamo deciso di effettuare una risoluzione che fa ricorso a una misura straordinaria».
L’imperatore non parlava nella lingua quotidiana dei giapponesi, ma in un linguaggio altamente formale e ornato di molte frasi classiche, la cosiddetta “lingua di corte”.
Molti in ascolto non riuscirono a comprendere subito che cosa il sovrano cercasse di dire loro.
«Abbiamo ordinato al nostro governo – proseguì – di comunicare ai governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Cina e dell’Unione Sovietica che il nostro impero accetta quanto previsto dalla loro dichiarazione congiunta». La “dichiarazione congiunta” era stata sottoscritta da Gran Bretagna e Stati Uniti e poneva il Giappone davanti ad un’unica alternativa: o la resa o la distruzione del Paese.
«la situazione della guerra si è sviluppata in modo non necessariamente favorevole al vantaggio del Giappone».
Inoltre, il nemico ha cominciato ad impiegare una nuova e crudelissima bomba, il cui potere di causare danni è, infatti, incalcolabile, prendendo il tributo di molte vite innocenti. Se dovessimo continuare a combattere, ciò risulterebbe non solo nel collasso finale e nella cancellazione della nazione giapponese, ma ciò porterebbe anche alla totale estinzione della civiltà umana».
«Questa essendo la situazione – proseguì la voce dell’imperatore – come possiamo salvare i milioni dei nostri sudditi, e non fare ammenda davanti ai venerati spiriti dei nostri antenati imperiali?»
«Siamo vivamente consapevoli dei più profondi sentimenti di tutti voi, nostri sudditi. Ad ogni modo, è in accordo con il dettato del tempo e del fato che ci siamo risoluti a preparare la strada per una grande pace per tutte le generazioni future, sostenendo l’insostenibile e soffrendo ciò che non si può soffrire».
Il messaggio imperiale durò poco più di quattro minuti.
Poi dagli altoparlanti un annunciatore proseguì dando informazioni più pratiche: «l’esercito giapponese sarà disarmato e gli sarà permesso di tornare in Giappone».
Era evidente che l’impero del Sol Levante aveva perso la sua lunghissima guerra, iniziata nel 1937 con l’aggressione alla Cina e proseguita con l’invasione della Corea e del sud Est Asiatico.
Hirohito – L’imperatore era cresciuto nel rispetto e nella venerazione per i suoi predecessori ed in particolare per Mutsu Hito (1868-1912) che aveva riportato l’autorità imperiale al centro della galassia del potere nipponico: aveva imposto un’accelerata modernizzazione dell’impero, lo smantellamento delle antiche gerarchie feudali, l’introduzione d’un regime costituzionale.
Le forze armate giapponesi, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo avevano intrapreso una serie di vincenti guerre-lampo per impossessarsi di materie prime di cui il Paese non disponeva nella vicina Asia orientale.
Negli anni della sua educazione, Hirohito, era stato tenuto chiuso nelle tenute imperiali: fino ai diciassette anni rimase totalmente isolato dai suoi futuri sudditi e non ebbe accesso neppure ai quotidiani. Nel frattempo, anziani generali e professori, intellettuali conservatori vicini alla casata imperiale e membri della corte lo prepararono al suo ruolo di successore imperiale, di incarnazione dello spirito nazionale, di suprema guida spirituale e politica dell’impero nipponico.
Gli fu insegnato che il Paese di cui sarebbe divenuto presto capo era unico, superiore alle altre nazioni del mondo grazie alla protezione divina, all’omogeneità razziale e allo “spirito” giapponese, l’élite militare del paese trascinò il Giappone in lunghi anni di guerra attraverso tutta l’Asia orientale. Nel momento in cui rivolgeva il suo messaggio ai sudditi, l’espansione giapponese aveva causato quasi venti milioni di morti in tutto il continente asiatico.
L’imperatore Hirohito è una figura che in parte sfugge ancora a un giudizio unanime degli storici. Nonostante sia morto nel 1989, parte della documentazione che lo riguarda – come i suoi diari personali – è ancora custodita gelosamente dalla famiglia imperiale.
Mentre alcuni dei gerarchi del regime militarista furono sottoposti dagli americani a processo, l’imperatore fu salvato a condizione che rimanesse silenzioso e ritirato fino alla morte, avvenuta nel 1989.
Rare furono le sue apparizioni in pubblico e la costituzione del 1946 lo esonerava anche dal compito di nominare il primo ministro e di sciogliere la Camera.
Questi eventi hanno steso un velo di silenzio sulle responsabilità di Hirohito nella condotta bellica del Sol Levante.
PIERLUIGI GIACOMONI