I PAESI BASSI RIFIUTANO LA CASTA
(29 Novembre 2023)
AMSTERDAM. Come ormai accade in molte nazioni, anche in quelle in cui l’economia va piuttosto bene, nei Paesi Bassi gli elettori han rifiutato la casta: il ceto dirigente che da molti decenni gestisce il governo.
Tutti i quattro partiti con responsabilità ministeriali, infatti, han perso voti nelle elezioni legislative anticipate del 22 Novembre.
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L’ASSETTO ISTITUZIONALE
Il Regno dei Paesi bassi è una monarchia costituzionale ereditaria: Re Guglielmo Alessandro esercita funzioni puramente cerimoniali: da alcuni anni non nomina nemmeno più il Ministro Presidente e i componenti del governo. Si limita a ratificare le decisioni adottate dai parlamentari.
Il legislativo è bicamerale:
• la camera alta, Senato, si compone di 75 membri, eletti dai consigli provinciali;
• la camera bassa, vero motore politico del Paese, si compone di 150 deputati eletti a suffragio universale ogni quattro anni mediante una legge elettorale proporzionale senza quote di sbarramento per le forze minori.
• il governo è presieduto dal Ministro Presidente che esercita competenze simili a quelle del Presidente del Consiglio italiano, ciò significa che è rispetto ai ministri un primus inter pares.
Le crisi di governo non sono rare, anche se gli esecutivi son più duraturi che in Italia: l’attuale gabinetto fu formato nel Febbraio 2022 dopo dieci mesi e mezzo di trattative, prima per la stesura del programma da marzo a novembre, poi per l’attribuzione dei dicasteri.
Le elezioni di pochi giorni fa furon convocate dopo che il 10 Luglio 2023 il premier Mark Rutte (VVD) aveva rassegnato le dimissioni nelle mani del Re, annunciando che non si sarebbe reso disponibile per un’altra esperienza governativa.
Causa delle dimissioni? Un conflitto in seno alla maggioranza sulle questioni della migrazione, tema che poi ha dominato la campagna elettorale, decidendo il risultato del voto.
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I RISULTATI
Data la notevole frammentazione partitica della scena olandese, non vi è mai un vero vincitore, ma liste che salgono o scendono.
Nessuno, almeno negli anni recenti, ha conquistato da solo la maggioranza assoluta, perciò si devono formare coalizioni composte da più partiti.
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CHI SALE
Tra coloro che crescono vi è il Partito della Libertà (PVV), estrema destra populista, nazionalista, islamofoba: raccoglie il 23,6%, 37 seggi, 20 in più rispetto al 2021.
In ascesa anche la coalizione rosso-verde costituita da Sinistra Verde e Laburisti: 15,5%, 27 deputati, 10 in più.
Debutta nell’arena politica Nuovo Contratto Sociale (NSC), nato da una costola del CDA: 12,8%, 20 SEGGI.
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CHI SCENDE
Il quadripartito finora al governo ha perso complessivamente 38 seggi:
• Il VVD (liberal-conservatore) ottiene il 15,2%, 24 seggi, 10 in meno rispetto a due anni fa;
• D66, liberal-progressista, perde 15 seggi e col 6,2% si ritrova solo 9 parlamentari;
• crolla anche il CDA, vecchio partito democristiano, per moltissimi anni al governo: scende al suo minimo storico, 3,3%, 5 seggi (-10);
• anche christenUnie, quarto partner della coalizione uscente perde due mandati conservandone solo tre.
Completa il frastagliatissimo arco parlamentare una quantità di micropartiti che complessivamente eleggono 25 deputati: alcuni di loro torneranno utili nella fase di formazione del nuovo esecutivo.
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LABORIOSE TRATTATIVE
Tradizionalmente, il percorso che conduce alla formazione del governo dopo le elezioni nei Paesi Bassi è piuttosto lungo: le schermaglie han già avuto inizio.
I partiti, il 23 novembre han designato un primo “esploratore”: costui doveva compiere un giro di consultazioni tra tutti i gruppi parlamentari, al fine d’individuare una possibile coalizione di maggioranza. L’emergere d’uno scandalo in cui sarebbe stato coinvolto quand’era docente all’università di Utrecht, però, l’ha indotto a far un passo indietro.
Ora si dovrà individuare un nuovo verkenner: peraltro, la nuova leader del VVD Dilan Yesilgöz, d’origine turca,con le sue parole non ha spianato la strada ad un governo di centro-destra, come sperato dal PVV. «Il PVV e l’NSC – ha detto – sono i grandi vincitori. Dopo 13 anni, è giusto che assumiamo un ruolo diverso.» facendo in questo modo balenare l’ipotesi d’un appoggio esterno al nuovo ministero: «renderemo possibile una coalizione di centrodestra e assumeremo un atteggiamento costruttivo», ha concluso.
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PROCEDURE AMMINISTRATIVE
Intanto, il 1° dicembre la commissione elettorale renderà noti i risultati definitivi delle politiche e l’effettiva composizione della nuova camera che s’insedierà il 6 dicembre.
Tra i primi atti che dovrà compiere vi sarà l’elezione del suo nuovo presidente.
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GEERT WILDERS
Il vincitore delle ultime politiche olandesi non è un neofita della scena nazionale: entrato in parlamento nel 2006, si è caratterizzato per il suo linguaggio aggressivo soprattutto nei confronti degl’immigrati, in particolare quelli di fede islamica.
Sogna, infatti, la loro cacciata dal territorio olandese, l’abbattimento delle moschee, l’uscita del paese dalla UE, una più stretta vicinanza a Mosca.
Nel 2010 appoggiò dall’esterno il primo gabinetto Rutte, salvo poi farlo cadere due anni più tardi;
La giustizia l’ha più volte perseguito per le sue dichiarazioni intolleranti,come quando definì i marocchini “feccia”.
La sua speranza, prima del voto, era quella di costituire un gabinetto quadricolore col VVD, l’NSC e il BBB, un partito che difende gl’interessi degli agricoltori, vincitore delle ultime elezioni provinciali e crollato alle politiche: per tagliare il traguardo della presidenza del consiglio dovrà moderare il proprio linguaggio, anche perché i Paesi Bassi, dalla partecipazione all’UE han tratto notevoli vantaggi.
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CONTRO LA CASTA
Quali sono i motivi che inducono l’elettorato d’un paese economicamente solido, come l’Olanda, a scegliere come possibile leader Wilders?
L’improvviso successo del 63enne demagogo si inscrive nel segno di altre esperienze continentali: ogni volta che la gente è chiamata ad esprimersi cerca qualcosa di nuovo e finisce per convergere, indipendentemente da quello che potrà succedere dopo, su qualcuno che non ha mai fatto parte della “casta” ritenuta, a torto o a ragione, colpevole di tutto ciò che non va.
Difficile pensare che per il paese dei tulipani sia una buona idea uscire dalla UE o espellere tutti gli stranieri che son affluiti in questi decenni.
Più facile immaginare che il nuovo governo di Amsterdam possa irrigidire la legislazione aumentando gli ostacoli all’ingresso, considerato che il trend demografico, contrariamente a quanto accade in Italia, è ancora positivo.
Da un punto di vista economico generale poi il paese non soffre di quei mali che affliggono altri membri dell’eurozona come alto indebitamento o forte disoccupazione.
Il Regno degli Orange è tutto il contrario ed inoltre svolge un ruolo di primo piano, ricavandone un alto reddito, nel commercio internazionale.
Tra i motivi di preoccupazione per gli olandesi urbanizzati, vi è l’alto costo delle abitazioni determinato dalla loro penuria.
Può anche darsi che tra qualche mese veda la luce all’Aia un governo di centro-destra, difficile che realizzi la Nexit o che espella tutti gli immigrati o che sia meglio disposto verso i paesi del sud Europa a forte indebitamento: l’Olanda è il paese dove si è realizzata nei secoli l’etica protestante che esalta il lavoro, il sacrificio, la frugalità e il guadagno.
Quindi nei consessi europei la posizione di Amsterdam non cambierà anche nei riguardi dei governi di destra al potere per esempio in Italia, né avrà comportamenti paragonabili a quelli dell’Ungheria.
PIER LUIGI GIACOMONI