ECUADOR LE CONSEGUENZE DEL FORTE TERREMOTO
(7 maggio 2016).
QUITO. Come spesso accade, dopo i primi momenti in cui le informazioni si accavallano, cala il silenzio su tante tragedie che affliggono piccoli e lontani Paesi.
L’Ecuador, il 16 aprile scorso, è stato sconvolto da un violento sisma che ha seminato morte e distruzione.
La scossa principale, di 7,8 gradi sulla scala Richter, ha provocato, secondo un bilancio tracciato da Caritas Ecuador, 660 vittime, 31 dispersi, 30.223 senzatetto, 1.125 abitazioni distrutte e 560 scuole danneggiate.
In una lettera resa nota dall’agenzia di stampa SIR, il vescovo di Portoviejo, una delle città più colpite dal sisma, riferisce:
“Incominciano ad arrivare i primi soccorsi: acqua, viveri, casse di banane e di mele, materassi, vestiti, casse da morto. Portiamo tutto ad un centro di raccolta e smistamento, perché i primi volontari sono i sacerdoti della città”. “Gli aiuti e le manifestazioni di solidarietà arrivano dal mondo intero, ma ci rendiamo conto che le difficoltà sorgeranno più tardi. Per questo a quanti ci chiedono: «Che possiamo fare per voi?»
rispondiamo: «Non dimenticateci, avremo bisogno di voi quando inizieremo la ricostruzione perché essa non sarà solo di colonne, mattoni, cemento, ma di famiglie, comunità, relazioni umane nuove.”
Fortunatamente, la “macchina della solidarietà” lavora senza sosta: proprio a Portoviejo, i missionari cappuccini hanno organizzato un gruppo di volontari che ogni giorno distribuiscono oltre 3mila pasti alle famiglie sfollate, ai soccorritori ed ai vigili del fuoco.
Ma l’emergenza è grande e le risorse disponibili stanno per finire.
PIERLUIGI GIACOMONI