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VENEZUELA

CHI E’ IL VERO PRESIDENTE?
(23 Agosto 2024)

CARACAS. Chi è il vero Presidente del Venezuela? Nicolás Maduro Moros o Edmundo González Urrutia?

Entrambi si proclamano vincitori:

• il primo, col 52% dei voti; il secondo, col 67%;

• questo ha ostacolato la pubblicazione dei verbali dei 30.000 seggi elettorali, sostenendo che il sistema informatico è stato attaccato dagli hackers, quello ne ha caricati sul web 22.000;

• Maduro, di fronte alle proteste provenienti anche dai quartieri popolari, finora bastioni del chavismo ha reagito col pugno di ferro, arrestando 2.000 persone solo nella prima settimana successiva al voto; González è costretto alla clandestinità per non finir in carcere.

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DA CHAVEZ A MADURO

Com’è noto, nel febbraio 1999, Hugo Chávez Frías giura come nuovo Presidente della Repubblica venezuelana, dopo aver largamente vinto le elezioni dell’anno prima. Ex colonnello, già autore d’un fallito golpe (1992), fin dall’inizio impone un regime che vuol introdurre in un paese sfiancato dalla crisi economica, benché ricco di materie prime, e dalla corruzione, una migliore redistribuzione delle risorse non solo a vantaggio dell’oligarchia dominante, ma anche di tutto il popolo.

Così, i proventi dell’esportazione di greggio vengon reinvestiti per creare una rete sanitaria degna di questo nome, un sistema d’istruzione che fa uscire dall’ignoranza milioni di giovani, la borsa alimentare che fornisce agli abitanti delle baraccopoli pacchi di cibo anche a chi non ha abbastanza denaro per comprarlo…

E’ il “socialismo del XXI secolo” che vien implementato anche in altri stati latinoamericani, come il Brasile di Lula: fonte di questa prosperità è il flusso di denaro che arriva a Caracas dalla vendita del petrolio greggio (quasi il 90% delle entrate dipendon dal settore degl’idrocarburi).

Ciò consente a Chávez, che nel 2002 subisce un goffo tentativo di golpe, di opporsi agli Stati Uniti creando al posto dell’ALCA, l’accordo di libero scambio delle Americhe caldeggiato da Washington, l’ALBA che riunisce i paesi che si oppongon all’egemonia statunitense in america Latina.

Caracas, inoltre, fornisce greggio a prezzo scontato a Cuba, colpita da decenni dalle sanzioni americane.

Nel 2008, scoppia però la crisi innescata dal fallimento di Lehman Brothers e due anni più tardi i prezzi delle principali materie prime calano: in breve si prosciuga il fiume di denaro che alimenta la spesa pubblica venezuelana. Le fragilità del sistema basato sull’esportazione di materie prime emergon tutte ed a Caracas ricompare l’inflazione.

Nel 2013, Chávez muore: gli succede Nicolás Maduro Moros, ex tranviere e sindacalista che riesce a conquistare la presidenza. Maduro cerca di fare il caudillo come il suo predecessore, ma è meno carismatico ed ha meno frecce al suo arco: cinque anni più tardi perde il controllo dell’Assemblea nazionale che diventa bastione delle opposizioni.

Il suo leader, Juan Guaidó, si proclama vero capo dello Stato e per qualche tempo diverse cancellerie straniere, come ad esempio Spagna e Stati Uniti, lo riconoscon come tale, ma poi la MUD (Mesa Unitaria Democrática) si sfalda e Guaidó deve andar in esilio.

Nel frattempo a Caracas il chavismo convoca un’assemblea costituente che vien eletta a tambur battente: Il leader vuol una nuova legge fonndamentale che consolidi il regime bolivariano.

Ne nasce un testo verboso e retorico che in sostanza ribadisce le basi ideologiche del regime.

La crisi però avanza perché negli anni della pandemia gli strati più poveri della popolazione s’impoveriscon ulteriormente: ben 8 milioni di venezuelani fuggon all’estero nel tentativo di viver una vita migliore altrove.

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LE ELEZIONI DEL 2024

Col 2023 cresce in Venezuela la febbre elettorale: per tutti è chiaro che il voto, quando verrà convocato, sarà il momento chiave per capire che strada deve intraprendere il Venezuela.

L’opposizione si riorganizza, alcuni dei suoi leader storici si metton da parte, emerge prepotente la figura di María Corina Machado, pasionaria del neoliberismo, radicale oppositrice del chavismo.

Maduro, che aspira alla rielezione, preferirebbe un avversario più morbido e meno famoso, perciò chiede ed ottiene dai tribunali un verdetto di ineleggibilità per Machado che non potrà perciò correre.

Di conseguenza, la PUD (Plataforma Unitaria Democrática) deve trovarsi un candidato: la scelta cade su Edmundo González Urrutia, 74 anni, ex diplomatico che accetta di sfidare il caudillo.

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L’ESEQUIBO

In vista delle presidenziali, fissate per il 28 Luglio 2024, riemerge la controversia dell’Esequibo, territorio oggi appartenente alla Guyana, ma rivendicato da Caracas.

L’area, un terzo dell’ex colonia britannica, è popolato da 120.000 persone, coperto da foreste e ricco di materie prime: Georgetown poi ha concesso a multinazionali americane d’effettuare trivellazioni per prelevarVI il greggio dai fondali marini.

Maduro reagisce come d’abitudine: minaccia d’aggredire la Guyana perché sostiene che l’Esequibo è dei venezuelani ed è stato portato via loro nel XIX secolo dai colonialisti britannici; convoca un plebiscito dal risultato scontato col quale chiede ai cittadini se Caracas può far la voce grossa per riprendersi l’area; nelle settimane precedenti il voto del 3 Dicembre 2023 vien lanciata una capillare campagna propagandistica dal forte sapore nazionalistico.

E’ la prova generale in vista delle presidenziali.

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LE PRESIDENZIALI

Col 2024 comincia la vera e propria corsa presidenziale che va avanti senza esclusione di colpi. I sondaggi prevedono che Maduro perda, ma il regime dispone d’un forte apparato repressivo e controlla il Consiglio Nazionale Elettorale che infatti si dimostra fedele: dopo che il 28 Luglio la giornata di voto è trascorsa nella tranquillità, a mezzanotte s’interrompe il flusso delle informazioni.

All’improvviso, un comunicato informa che Maduro ha vinto col 52% contro il 43 andato a Urrutia.

María Corina Machado respinge il proclama governativo e dichiara che González ha vinto a valanga.

Dopo di ciò, manifestazioni, proteste, arresti e sparizioni: Caracas caccia le legazioni diplomatiche dei Paesi che si rifiutan d’accettare l’esito elettorale.

La repressione intanto si fa più feroce: nei quartieri popolari, le strade son percorse dai paramilitari chavisti e le case abitate dagli oppositori son segnate con una X: è “l’emblema dei fascisti”, tuona Maduro.

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FALLIMENTO D’UN MODELLO

Per qualche tempo il modello venezuelano è stato dipinto in Europa come la vera antitesi della globalizzazione capitalista: estimatori di Chávez e del chavismo si son potuti incontrare in Spagna, Italia ed altrove: in realtà la “rivoluzione bolivariana”, come si è autodenominata, Simón Bolívar era un liberale non un socialista, non ha sostanzialmente messo in discussione il sistema nel quale i Paesi in via di Sviluppo forniscono al primo mondo le materie prime allo stato grezzo non potendole trasformare in prodotto finito: il Venezuela in questo senso non fa eccezione.

Il regime poi ormai lotta con tutte le sue forze per sopravvivere giocando la sua partita oltre che sulla retorica, anche su un apparato repressivo molto forte e violento.

Intanto il “socialismo del XXI secolo” s’è trasformato in oligarchia vorace che trasferisce le proprie ricchezze all’estero, mentre nei quartieri popolari, una volta culla del chavismo dilaga la miseria e l’iperinflazione divora i magri salari.

Come finirà? difficile dirlo: nei giorni scorsi sulla stampa sono circolate ipotesi di mediazioni poi smentite. Di fatto per il momento Maduro pare solidamente al potere sostenuto tra l’altro dall’esercito che sembra l’unico che potrebbe eventualmente, con un proprio intervento, cambiare le carte in tavola. Non a caso María Corina Machado, all’indomani del voto, ha rivolto un appello alle Forze armate che però sembran spalleggiare i chavisti.

PIER LUIGI GIACOMONI

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