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(6 aprile 2014)

KIGALI. Nella notte tra il 6 ed il 7 aprile 1994 deflagrò in tutta la sua potenza il conflitto tra le etnie che formavano il piccolo stato africano del Ruanda.

cos’era successo? La sera precedente, intorno alle 20.30, l’aereo che riportava in patria il Presidente della Repubblica Jouvenal Habyarimana, mentre era in fase d’atterraggio all’aeroporto di Kanombe, venne abbattuto. Tutti coloro che erano a bordo persero la vita.

La notizia si sparse in un baleno e già nelle ore notturne bande di Interhamwe iniziarono a metter in atto il loro folle piano d’eliminare dal Paese tutti coloro che appartenevano all’etnia Tutsi e quanti erano disponibili a collaborare con loro per far uscire il Paese da una crisi sociopolitica che durava ormai da oltre quattro anni.

Tale crisi era stata innescata da una complessa serie di fattori che qui rapidamente elenchiamo:
1. l’emergere d’un’inflazione sempre più galoppante che falcidiava i salari e ne riduceva il potere d’acquisto;
2. il nuovo vento di democrazia che investiva tutta l’Africa e portava al superamento dello Stato diretto da un solo partito;
3. il riesplodere d’un annoso conflitto mai risolto tra due gruppi etnici, i tutsi e gli Hutu che convivevano sempre più faticosamente.
4. Il venir meno, per effetto della fine della guerra fredda e dei blocchi contrapposti, in cui anche l’Africa era stata in qualche modo inserita, di equilibri strategici tra paesi amici dell’Occidente e Paesi orbitanti nell’area sovietica.

Già nel 1990, il gruppo guerrigliero del FPR (Fronte Patriottico ruandese) aveva sferrato un attacco contro il Ruanda, partendo dal confine settentrionale con l’Uganda.

Per qualche tempo, si era immaginato che l’FPR potesse impadronirsi facilmente del potere, poi, però, con l’intervento delle truppe zairesi, inviate da Mobutu, l’invasione era stata respinta.

Negli anni successivi, avevano preso avvio trattative difficoltose ad Arusha per dare una sistemazione ai numerosi contenziosi in atto.

Il partito unico MRND aveva anche accettato di aprire le porte al multipartitismo, era stata liberalizzata la stampa ed erano nate una serie di stazioni radio indipendenti dal Governo .

La tensione, però, andava aumentando e sempre più di frequente esplodevano conflitti tra tutsi e Hutu, alimentati anche da una propaganda, tendente a dimostrare l’impossibile convivenza tra le due comunità.

Si arriva così al 6 aprile 1994, all’abbattimento dell’aereo presidenziale, all’avvio di quella lunga tragica serie di massacri, portati avanti da bande di invasati, muniti di granate, kalashnikov e machete che per tre mesi circa insanguinerà le “mille colline”.

Un bilancio preciso delle vittime non è mai stato stilato, ma si pensa che almeno un milione di persone, su una popolazione totale di 7,5 milioni, siano morte nei numerosi eccidi avvenuti da aprile a luglio 1994.

E’ vero, come di recente ha sostenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che la storia dell’umanità è costellata di orribili stragi: questa del ruanda, per intensità, cattiveria, ferocia ha lasciato nella memoria collettiva una traccia indelebile.

Mentre scriviamo, va aumentando la tensione nel vicino burundi, Paese molto simile per lingua e composizione etnica al Ruanda, e non pochi temono una replica dello spaventoso scenario del ’94.

Noi, però, che abbiamo conosciuto il ruanda molto da vicino,che ne abbiamo conosciuto alcune persone, molte delle quali trucidate nelle chiese cattoliche dagli Interhamwe, viviamo questo 7 aprile, come gli altri che l’han preceduto, come un “giorno della memoria”, un giorno del ricordo” di giovani, di ragazze, di bambini e bambine, di preti, di laici, di gente semplice, non necessariamente coinvolta nella politica, che ha incontrato a proprie spese, una delle forme più bestiali e disumane della ferocia umana, quella ferocia che non riconosce più nulla e nessuno e s’accanisce senza pietà contro chiunque, godendo della sofferenza altrui.

Se esiste un diavolo, come l’iconografia medievale instancabilmente ci suggerisce, se esiste una qualche creatura soprannaturale che instilla nell’animo umano il male, la ferocia, la spietatezza, ecco, quell’entità ultraterrena s’è impadronita del Ruanda, di tanta della sua gente e ne ha trasformati molti in suoi agenti conducendoli a compiere atti d’una mostruosità ancora oggi incredibile.

E’ come il manifestarsi di “tutto il male del mondo”, come ha detto in questi giorni la madre di Giulio Regeni, quel male che porta l’uomo a sterminare ed a distruggere il proprio simile, gli animali, la natura e tutto quanto gli sta intorno.

PIERLUIGI GIACOMONI

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