VENEZUELA. MADURO VUOL LA GUAYANA ESEQUIBA
(15 Dicembre 2023)

CARACAS. Il Venezuela vuol a tutti i costi la Guayana Esequiba, un territorio di 160mila km2, appartenente alla Guyana: a tal fine il 3 dicembre si son tenuti cinque plebisciti per chiedere alla popolazione venezuelana il consenso ad un’operazione che, se non sarà bloccata, potrebbe portare all’invasione del territorio del vicino.

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IL REFERENDUM

A metà settembre, il Parlamento di Caracas, controllato dai chavisti, adotta un disegno di legge che dispone la convocazione della votazione per riaffermare i “diritti” del Paese sull’Esequibo.

Un mese dopo, il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), fissa la data dello scrutinio per il 3 Dicembre 2023 e detta i quesiti:

«1. E’ d’accordo a respingere con tutti i mezzi, nel rispetto della legge, la linea fraudolentemente imposta dal Lodo Arbitrale di Parigi del 1899, che mira a privarci della nostra Guayana Esequiba?

2. Sostiene l’Accordo di Ginevra del 1966 come unico strumento giuridico valido per raggiungere una soluzione pratica e soddisfacente per il Venezuela e la Guyana riguardo alla controversia sul territorio della Guayana Esequiba?

3. E’ d’accordo con la posizione storica del Venezuela di non riconoscere la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia per risolvere la controversia territoriale sulla Guayana Esequiba?

4. E’ d’accordo ad opporsi con tutti i mezzi, nel rispetto della legge, alla pretesa della Guyana di disporre unilateralmente di un mare in attesa di delimitazione, illegalmente e in violazione del diritto internazionale?

5. E’ d’accordo con la creazione dello stato di Guayana Esequiba e lo sviluppo di un piano accelerato di assistenza globale per la popolazione attuale e futura di quel territorio, che comprende, tra l’altro, la concessione della cittadinanza e della carta d’identità venezuelana, in conformità con l’Accordo di Ginevra e il diritto internazionale, incorporando di conseguenza detto stato nella mappa del territorio venezuelano?»

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LA CAMPAGNA ELETTORALE

All’inizio di novembre, il presidente Nicolás Maduro Moros, in carica dal 2013, dà il via ad una campagna elettorale in cui è premuto senza alcun risparmio il pedale del nazionalismo più acceso:

• in TV impartisce lezioni di storia
• in ogni parte del Paese vengon promosse adunate oceaniche durante le quali si vendon gadget patriottici e volantini propagandistici;

L’obiettivo è evidente: spegnere le voci di dissenso e preparare il terreno alla corsa presidenziale che dovrebbe avvenire nella seconda metà del prossimo anno.

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QUANTI HANNO VOTATO?

Secondo il governo avrebbero votato 10,5 milioni di elettori, ma vi è chi ne dubita, sostenendo che in pratica la commissione elettorale avrebbe moltiplicato per 5 i votanti di ciascun plebiscito.

Infatti, si nota che il chavismo non è mai riuscito ad ottenere più di 10 milioni di voti e nel 2018 Maduro fu rieletto da sei milioni di elettori.

Il CNE si è ben guardato dal divulgare i dati disaggregati su ciascuna votazzione e le foto scattate durante le operazioni di voto mostrano seggi praticamente deserti.

Per la maggior parte dei venezuelani la preoccupazione principale è metter insieme il pranzo con la cena o trovar lavoro, perché l’economia nazionale versa in un grave stato di crisi, l’inflazione galoppa e la corruzione divora ingenti risorsse economiche.

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LE GUYANE

GEOGRAFIA

Se guardiamo la cartina politica dell’America Meridionale ci accorgiamo che nel Nord del subcontinente ci sono tre territori bagnati dal Mar dei Caraibi: da ovest a est troviamo le tre Guyane: la più vicina al Venezuela è quella che fu possedimento britannico, seguita dal Surinam, già colonia olandese, indi la Guiana Francese, territorio d’oltremare di Parigi, da dove partono i razzi Arianne e dove una volta aveva sede un temuto bagno penale.

Questi territori son bagnati dal Mar dei Caraibi nei cui fondali son state rinvenute considerevoli riserve di gas e petrolio, mentre sulla terraferma, in particolare nell’area contesa, in piena foresta pluviale, pare si trovino altre succulente fonti di reddito.

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STORIA

Nel XVI secolo, le Guyane entrano nell’orbita spagnola, che, ad eccezion del Brasile, domina l’intera America del Sud.

Nel tardo 500, da queste parti, approda l’avventuriero inglese Sir Walter Raleigh, nonché diversi navigatori olandesi. Anzi, le Province Unite fondano un’importante colonia a Recife, che comprende il Nordeste brasiliano, strappandolo al debole controllo portoghese.

Successivamente, anche francesi ed Inglesi creano delle colonie, mentre Lisbona elimina la testa di ponte olandese nel Nordeste brasiliano, limitando la presenza dei coloni al futuro Surinam.

Gli europei utilizzano le Guyane per crearvi grandi piantagioni di canna da zucchero, coltivate da schiavi neri provenienti dall’Africa. Più tardi Inglesi ed olandesi vi trasferiranno manodopera d’origine indiana e giavanese.

Nel 1815, la Gran Bretagna conclude un accordo con Amsterdam per la spartizione del territorio: da una parte c’è la Guyana Olandese, dall’altra la britannica: le sue dimensioni però non son ben definite. Nel 1824 Simón Bolívar, leader della Grande Colombia, scrive a Londra una lettera per chiedere che venga restituita al nuovo Stato sorto sulle ceneri dell’impero spagnolo, l’area che si trova ad ovest del fiume Esequibo, ma il Regno Unito fa orecchio da mercante.

Anzi, Nel 1840 la superpotenza fa redigere da un geografo compiacente una mappa che non soddisfa Caracas: in base ad essa è ampliata notevolmente l’estensione della colonia;

1899, lodo di Parigi. un arbitrato internazionale ratifica la mappa del 1840: successivamente, si scoprirà che uno dei componenti del comitato arbitrale, un russo, si è lasciato corrompere dai britannici, schierandosi al momento del voto dalla parte di Londra.

1966, Ginevra. il Venezuela sottoscrive un trattato internazionale con la Gran Bretagna.

In esso si riconoscono le dimensioni attuali della Guyana, ma si stabilisce anche che i due Paesi confinanti dovranno in futuro regolare i loro problemi confinari con un altro trattato. Ciò consente a Londra di concedere l’indipendenza alla propria colonia che è proclamata il 26 giugno di quell’anno.

Hugo Chávez Frías, presidente venezuelano dal 1999 al 2014, durante i suoi primi anni di mandato, non perde occasione per rivendicare l’Esequibo e protesta contro ogni violazione da parte della Guyana degli accordi di Ginevra.

Quando però nei primi anni Duemila i prezzi mondiali del petrolio crescono ed affluiscono fondi nelle esangui casse dello Stato, il leader bolivariano ammorbidisce le sue posizioni. Per lui l’importante è acquisire una specie di egemonia nell’area dei Caraibi e l’appoggio dei piccoli Stati anglofoni che ricevono regolarmente forniture di idrocarburi a prezzo scontato da Caracas.

Nel 2004 la distensione nei rapporti bilaterali giunge al punto che Chávez visita Georgetown, capitale della Guyana, da dove promette che il governo venezuelano non avrebbe ostacolato «nessun progetto da condurre nell’Esequibo» e che la disputa territoriale sarebbe stata «rimossa dal quadro delle relazioni sociali, politiche ed economiche dei due Paesi».

2015. Nelle acque territoriali dell’Esequibo son scoperte, grazie alle attività esplorative della compagnia petrolifera statunitense Exxon Mobil, imponenti giacimenti di petrolio. Da quel momento, la Repubblica Cooperativa della Guyana registra tassi d’incremento del PIL impressionanti: nel 2022 cresce del 57,8% e del 20% nell’anno in corso.

Il reddito pro capite è triplicato negli ultimi quattro anni.

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CHI ABITA NELL’ESEQUIBO?

Il territorio rivendicato dal Venezuela pur essendo grande come mezza Italia non è molto popolato: vi sarebbero circa 125mila persone.

Un tempo terra degli aruachi, oggi è abitato da popolazioni amerindie che parlano inglese e che si muovono liberamente tra i due paesi limitrofi.

«Nessuno è preparato per questa annessione e nessuno ci ha informato», afferma (rigorosamente in inglese) Michael Williams, leader della comunità Toshao intervistato da el País. «Stiamo pregando, sperando che tutto questo sia una menzogna. Perché noi non siamo gente che crea problemi. Vogliamo continuare a vivere una vita pacifica in questa nostra terra magnifica».

Fra l’altro il referendum del 3 dicembre non ha coinvolto proprio gli abitanti dell’Esequibo che temono l’annessione ad opera di Caracas.

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GRANDE PREOCCUPAZIONE

La piega presa dagli avvenimenti preoccupa grandemente tutte le cancellerie del Sud America: i più inquieti ovviamente sono i dirigenti di Georgetown che ribadiscono ad ogni piè sospinto che il Venezuela deve rispettare la loro sovranità nazionale e l’integrità del loro territorio.

Aggiungono poi che sarà la Corte Internazionale di Giustizia de l’Aia ad esprimersi sulla vertenza confinaria, ma il Venezuela ha già fatto abbondantemente sapere di non rispettare la giurisdizione della CIG i cui tempi di deliberazione possono essere molto lunghi.

Ad ogni buon conto la Guyana ha compiuto investimenti per rafforzare il proprio esercito e condotto manovre congiunte con forze militari americane.

Anche il Brasile, potenza regionale sudamericana, sta cercando di convincere Caracas a non intraprendere passi che portino ad un conflitto armato.

A tal fine ha inviato sulla frontiera che condivide coi due paesi un proprio contingente militare, mentre son avviate conversazioni con Maduro e i dirigenti guyanesi.

Il 14 Dicembre i due presidenti Maduro e Mohamed Irfaan Ali,si son incontrati a Kingstown, capitale di St. Vincent and Grenadines per discutere della questione: al termine del colloquio durato circa due ore, un comunicato congiunto dichiara che non si farà ricorso alla forza per dirimere la vertenza, verrà costituita una commissione di cui faran parte i due cancellieri e fra tre mesi vi sarà un altro bilaterale al massimo livello in Brasile.

La dichiarazione di Kingstown è però molto vaga su cosa nei fatti succederà nel territorio conteso.

Guerra evitata? Nell’immediato forse sì, ma non posson esser esclusi colpi di scena clamorosi, considerando soprattutto che a Caracas non accennan ad abbassarsi i toni della propaganda nazionalistica che serve anche, occorre non dimenticarlo, come arma di distrazione di massa per l’opinione pubblica venezuelana.

PIER LUIGI GIACOMONI