SVIZZERA. ULTERIORE SVOLTA A DESTRA
(28 Ottobre 2023)
BERNA. La Svizzera svolta ulteriormente a destra: le elezioni per il 52o parlamento federale han decretato un consistente aumento di voti e seggi per il Partito del Popolo (SVP-UDC)[1] ed un crollo per i Verdi che perdono 4 punti percentuali e sei seggi.
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I RISULTATI
CONSIGLIO NAZIONALE
Al Consiglio Nazionale (200 seggi) l’SVP-UDC è risalito dal 25,4 al 27,9% ed ha recuperato i 9 seggi persi nel 2019.
Le due liste verdi, che quattro anni fa avevan creato la sorpresa, accumulando complessivamente 44 seggi, registrano ingenti perdite:
• i Verdi veri e propri, grandi sconfitti di questa tornata, scendon dal 13,2 al 9,8% ed eleggon 23 deputati anziché 28;
• i Verdi liberali, più moderati nella loro piattaforma ambientalista, confermano il 7,6% ottenuto nel 2019, ma perdono 6 mandati (10 anziché 16).
I tre partiti tradizionali della scena politica svizzera fan registrare poche variazioni rispetto al recente passato:
– I socialdemocratici (SPS-PSS) passano dal 16,8 al 18,3% ed eleggon 41 deputati (+2);
– I liberali dell’FDP-PLR perdono 8 deicimi di punto (14,3 anziché 15,1%) e cedon un seggio (28 anziché 29);
– die Mitte (il centro) che riunisce insieme i cristiano popolari e i borhghesi democratici debuttan con un incoraggiante 14,1% ed eleggon 29 deputati.
Completan il quadro altri piccoli partiti, a carattere perloppiù regionale che mandan in tutto 7 parlamentari.
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CONSIGLIO DEGLI STATI
Al Consiglio degli Stati, nel momento in cui scriviamo, son stati eletti 33 membri su 46: gli altri scaturiranno dai secondi turni in programma per le prossime settimane.
Finora, il Centro risulta il gruppo più numeroso (10 eletti), seguon i liberali con 9, i socialdemocratici (6), l’SVP (5), i Grünen (3).
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SISTEMI ELETTORALI DIVERSI
Le due camere federali svizzere son elette con sistemi elettorali differenti: la legge che disciplina le elezioni del Consiglio Nazionale prevede che la camera bassa sia eletta con metodo proporzionale a base cantonale, eccettuati i cantoni meno popolati che inviano a Berna un solo deputato.
Dopo ogni censimento generale della popolazione, il governo emana un’ordinanza che redistribuisce i 200 seggi ai diversi Stati: per effetto di quello del 2020, Basel Stadt ha perso un seggio (4 anziché 5) e Zürich ne ha guadagnato uno (36 invece che 35).
Nei cantoni di Glarus, Nidwalden, Obwalden, i due Appenzell ed Uri, dove si elegge un solo deputato, il metodo scelto per l’elezione è l’uninominale secco: il candidato più votato va a Berna.
Per il Consiglio degli Stati, camera alta, le leggi elettorali son diverse da cantone a cantone: dovendosi eleggere due rappresentanti per ciascuno Stato, uno per i sei semicantoni, in generale si è scelto il doppio turno.
Nella prima votazione passa il candidato che ottiene la maggioranza assoluta; nella seconda è sufficiente la relativa.
In Appenzell InnerRhoden, il senatore è eletto dalla Landsgemeinde, l’assemblea popolare cantonale.
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L’ARCHITETTURA ISTITUZIONALE
La Confederazione elvetica, dal 1848, ha un’architettura istituzionale piuttosto complessa: essendo nata da un accordo di 23 Stati sovrani, il potere esecutivo fu affidato ad un collegio di sette membri, il Consiglio Federale, eletto ogni 4 anni dall’assemblea federale, le due camere riunite congiuntamente.
Il Governo, per esercitare le proprie funzioni, non deve avere la fiducia del legislativo, ma è tenuto a sottoporre la maggior parte delle proprie deliberazioni alle camere.
Nel 1874, con la prima revisione totale della Costituzione federale, s’introdusse la “democrazia semidiretta”. I cittadini posson inoltrare, mediante raccolta firme, delle iniziative popolari sia di carattere legislativo che costituzionale che, una volta completato l’iter parlamentare, vengon sottoposte al voto di tutti gli elettori.
Questo e altro rende il processo decisionale molto lento, perché sulle materie più importanti, occorre far di tutto per raggiunger dei compromessi: questo obbliga le forze politiche e sociali ad un complesso dialogo al fine di smussare gli angoli.
Un progetto troppo radicale rischierebbe d’esser respinto dal popolo.
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FORMULA MAGICA A RISCHIO
Dopo queste elezioni cosa cambia?
La maggioranza dei comentatori ritiene che nell’immediato non cambierà nulla: forse è per questo che il livello di partecipazione al voto è da anni ben al di sotto del 50%.
Stavolta, secondo l’Ufficio Federale di Statistica, si è espresso il 46,6%, un po’ di più di quattro anni fa.
Negli ultimi giorni son emersi segnali che indicano invece che potrebbero esserci dei cambiamenti nella composizione politica del Governo, in occasione del voto che avverrà a dicembre in parlamento.
I Verdi, in particolare, han avvertito che, malgrado le perdite subìte, ritengon sia venuto il momento di metter in discussione la “formula magica”.
Dal 1959, i quattro maggiori partiti svizzeri si son divisi i posti in Consiglio Federale: i tre maggiori han diritto a due seggi, il quarto, con minor seguito popolare, uno solo.
Per 44 anni, quest’assetto ha permesso l’elezione di due liberali, due democristiani e due socialisti ed un centrista.
Dal 1999, però, l’SVP-UDC è cresciuta notevolmente, mentre liberali e democristiani si son indeboliti: così, nel 2003, il CVP-PPD-PDC perde un seggio.
Quattro anni dopo, scissione nell’UDC ed elezione in governo di Eveline Widmer-Schlumpf, (Graubünden) che avrebbe aderito al partito Borghese democratico (BDP).
Nel 2015, col riitiro della grigionese, l’SVP-UDC riguadagna il secondo seggio: Rinasce così la “formula magica”.
Nel Consiglio Federale perciò ora siedono due liberali, due socialdemocratici, due popolari ed una di Centro.
Ora, come si diceva, i Verdi intendon proporre un candidato alternativo ad uno dei due “ministri” liberali: ritengon infatti che la forza del FDP sia pari a quella degli ambientalisti.
Riuscirà l’operazione? Si vedrà il 13 dicembre, quando l’Assemblea federale si esprimerà a scrutinio segreto su sei dei sette consiglieri federali in carica,[2] seguendo l’ordine d’anzianità di servizio.
Per esser eletto, un candidato al Governo deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, tolte le schede nulle e bianche e, almeno nelle prime due votazioni, ogni parlamentare può votare chi vuole: dalla terza in poi i pretendenti con meno seguito vengon eliminati, fin ad arrivare alla quinta decisiva, cui son ammessi i due nominativi col maggior seguito.
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LA CRISI DEL PLR
La Svizzera moderna, nata dopo la guerra del Sonderbund (1847-48) tra cantoni cattolici e protestanti, è per decenni monopolizzata dal Partito Liberale Radicale (FDP-PLR) che ha la maggioranza assoluta in parlamento e controlla tutti i seggi del Governo, fin al 1893 quando il primo cattolico conservatore vien eletto.
Nei decenni successivi il PLR perde forza finché nel 1919 si decide di passare dal sistema elettorale uninominale al proporzionale: nelle elezioni di quell’anno il partito scende da 104 a 63 seggi.
Ciò permette l’elezione d’un secondo cattolico conservatore e presto anche d’un UDC.
Con l’allargamento della base elettorale cresce anche la forza dei socialdemocratici che negli anni 40 eleggono il loro primo consigliere federale.
Come già detto, nel ’59 si vara la “formula magica”, col fine anche d’evitare alla Confederazione d’aver un forte partito d’opposizione che possa, utilizzando gli strumenti della democrazia semidiretta, paralizzare le istituzioni.
Il PLR rimane fin alla fine del Novecento il partito più forte del Paese, presente in tutti i governi cantonali e nelle amministrazioni locali: nel 1999, però, perde il primo posto a vantaggio dell’SVP-UDC.
Espressione storica del mondo dell’economia e delle banche, è, dapprima soprattutto nella Svizzera tedesca, preferito dall’elettorato di destra che lo ritiene troppo morbido nei confronti degli stranieri che arrivano nella Confederazione.
Così, di elezione in elezione, il suo consenso cala lentamente, finché nel 2023 fatica a difendere il terzo posto, rischiando d’esser sorpassato dal Centro.
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IL CENTRO
La nuova formazione politica che si è presentata con successo alle elezioni federali del 22 Ottobre è il Centro, costituito dal Partito Borghese Democratico (BDP) e dai cristiano popolari.
dopo la guerra del Sonderbund, i cattolici danno vita al Partito conservatore che si oppone ai liberali. A fine Ottocento, entrano con un loro rappresentante in Consiglio Federale.
I cantoni dove ottengon più voti son quelli dove è consistente la presenza cattolica come Ticino, Vallais, Luzern, Fribourg e i piccoli della Svizzera interna.
Il partito, gradualmente è sempre meno conservatore ed incorpora istanze sociali più avanzate: così, si trasforma in partito cristiano popolare (CVP-PDC-PPD).
Con la crescita dell’SVP-UDC anche i cristiano popolari perdono forza e dopo il disastro del 2019 (11%) è decisa dal congresso la fusione coi borghesi democratici: nasce il Centro che come detto, ha appena ottenuto risultati lusinghieri nelle legislative.
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SICUREZZA, INFLAZIONE ED IMMIGRAZIONE IRREGOLARE
Dopo le elezioni del 2019 e l'”onda verde” sembrò che le questioni ambientali e l’emergenza climatica fossero per la Svizzera le priorità più importanti: il voto del 2023 ha riportato alla ribalta le questioni della sicurezza, dell’inflazione e dell’immigrazione irregolare, tutti temi sollevati nella sua propaganda dall’SVP.
L’aumento del 43% delle domande d’asilo nella prima metà del 2023 e l’arrivo di più di 65.000 rifugiati dall’Ucraina han fornito ai sovranisti gli strumenti per condurre la loro campagna elettorale, fondata sull’assioma straniero uguale assassino.
«Sui social media – narra theguardian.com – si son viste immagini terroristiche: delitti commessi da non svizzeri, coltelli insanguinati, criminali incappucciati, pugni, volti contusi e donne spaventate.»
Una propaganda dai toni decisamente xenofobi che alla fine, però, ha dato i suoi frutti.
Anche il contesto internazionale ha fatto il gioco dell’SVP: le guerre in Medio Oriente e in Ucraina, coi loro corollari di profughi e di aumenti del costo della vita, han cambiato l’ordine delle priorità.
La Svizzera, dicono dall’SVP, deve esser più sovrana, neutrale, indipendente che in passato.
Questo ad esempio è ciò che pensa Christoph Blocher, 82 anni, miliardario zurighese, già deputato e ministro, che da oltre trent’anni detta la linea al partito.
La Svizzera – dice – deve rimanere rigorosamente neutrale, non partecipare a conflitti, né aderire ad alleanze. «questa strategia funziona perfettamente, visto che non abbiamo preso parte a guerre negli ultimi due secoli.
Berna E’ in grado di difender da sola il territorio nazionale: la neutralità ci permette di sviluppare la diplomazia dei buoni uffici, uno status di mediatore rigorosamente neutrale.»
Da ciò discende, per esempio, l’opposizione di Blocher alle sanzioni decretate da Palazzo Federale nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina:
«Partecipando a questo conflitto, siamo di fatto diventati uno dei nemici della Russia, per questo abbiamo ricevuto le congratulazioni del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ciò è deplorevole perché un giorno dovremo porre fine a questo conflitto e la Svizzera avrebbe potuto fungere da mediatore. Inoltre, l’ultimo incontro tra Putin e Biden prima della guerra si è svolto a Ginevra nel giugno 2021. Ora però non possiamo più fare da mediatori perché per Mosca siam parte in causa.»
«La Svizzera – conclude Blocher – ha bisogno di più neutralità non d’esser membro d’un’alleanza.»
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L’SVP
Partito che nel corso della sua storia ha assunto diversi nomi, dagli anni Novanta del XX secolo è costantemente in crescita soprattutto a scapito delle altre formazioni di centro-destra, liberali e democristiani.
Il punto di svolta si ebbe con la votazione sull’adesione della Confederazione allo spazio economico europeo (EES): l’SVP, guidato da Blocher, si mise a capo del movimento contrario a quest’accordo che a suo avviso avrebbe fatto di Berna una colonia dellanascente Unione europea.
La campagna fu insolitamente aspra e si concluse con un netto no popolare: da allora il partito inaugurò un trend di crescita che non si è ancora arrestato.
Nel 2003, Blocher fu eletto in Consiglio Federale dove rimase un quadriennio: nel 2007 ne fu estromesso, ma continuò ad esercitare molt’influenza dentro e fuori il partito, che nelle elezioni del 2015 toccò il suo massimo storico: 29,4% e 62 seggi.
A dicembre di quell’anno fu eletto il secondo seggio UDC in governo.
Nel ’19 ci fu una flessione, che è stata in parte riassorbita il 22 ottobre: ora il presidente del partito spera che il risultato emerso dalle urne spinga ad esempio i liberali a sostenere alcune delle proposte dei nazionalisti, creando così un fronte spostato nettamente a destra, in contrapposizione con la sinistra rosso-verde.
Sarà forse il tema che dominerà la politica svizzera dei prossimi anni?
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTE:
[1] A seconda delle aree linguistiche, i diversi partiti svizzeri assumono denominazionidiverse:
– l’SVP della Svizzera tedesca, nei cantoni latini diventa UDC;
– il FDP, sempre nell’area germanica, a Ginevra e Lugano prende la sigla PLR;
– Il SPS alemanofono, in Romandia e Ticino diventa PSS.
Per scrivere questo pezzo, abbiam scelto d’usare, quando è stato necessario farlo, i nomi originali dei cantoni. Zürich anziché Zurigo, Basel Stadt, invece che Basilea Città…
[2] Tutti i Consiglieri federali in carica, tranne uno, han già annunciato la loro ricandidatura per un altro mandato: solo il titolare degli Interni, il socialdemocratico Alain Berset (Fribourg) si ritirerà alla fine dell’anno.