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SULLE PREFERENZE
(23 Ottobre 2016)

ROMA. I contrari alla riforma costituzionale, su cui voteremo il 4 dicembre prossimo, sostengono che i consiglieri regionali che dovrebbero entrare a far parte del nuovo Senato saranno dei nominati. L’argomentazione parte da un presupposto errato perché in quasi tutte le regioni sono stati aboliti i listini e quindi i membri delle assemblee regionali sono eletti con un meccanismo che prevede la preferenza.
Lo stesso Presidente della Regione, che potrebbe divenire in futuro un Senatore, è eletto direttamente, anche se non è previsto per le elezioni regionali l’istituto del ballottaggio, come invece per la designazione dei sindaci.

Aggiungono anche che la maggior parte dei deputati che verranno eletti per effetto della legge nota col nomignolo di Italicum saranno anch’essi perloppiù dei nominati.

Costoro invocano come massima espressione della democrazia partecipata la reintroduzione delle preferenze, cancellate, a loro dire, dalla legge 270/2005, nota col nomignolo di Porcellum.

In realtà, le preferenze in Italia sono state eliminate per l’elezione della Camera dei Deputati con la legge passata alla storia col nomignolo di Mattarellum; per l’elezione del Senato non vi sono mai state.

Dal 1946 al 1992, come dicevamo, l’istituto delle preferenze era previsto per l’elezione della Camera dei Deputati. Fino al referendum del 1991 erano plurime, cioè ogni elettore poteva indicare sulla scheda più di un nominativo di candidati inseriti, però, nella lista prescelta. Non era previsto in Italia l’istituto del panachage,ossia la possibilità per il votante d’indicare anche candidati d’altre liste, possibile in altri sistemi.

Per l’elezione del Senato non esisteva preferenza: i senatori erano inseriti in collegi uninominali e, quindi, scegliendo una determinata forza politica, il cittadino implicitamente votava per il candidato il cui nome era già stampato sulla scheda.

Il Mattarellum. Le leggi elettorali del 1993 che portarono alle elezioni politiche del ’94, ’96 e 2001 introducendo il sistema uninominale senza recupero dei resti per tre quarti dei seggi in palio, di fatto, cancellavano le preferenze.

Il Paese era suddiviso in tanti collegi elettorali, 475 per la Camera e 232 per il Senato. In ciascun collegio era eletto il candidato che otteneva il maggior numero di voti.

Per il restante 25% i seggi erano assegnati con metodo proporzionale escludendo le liste che non avevano raggiunto la quota minima di sbarramento del 3% dei voti validamente espressi.

La legge prendeva a modello il sistema elettorale in vigore in diversi Paesi anglosassoni (Regno Unito, Canada e Stati Uniti), introducendo però la correzione della quota proporzionale.

In più, mentre nei Paesi anglosassoni i partiti in lizza son già delle coalizioni, in Italia si fronteggiarono delle coalizioni di partiti che si univano al momento delle elezioni per poi dividersi in gruppi e sottogruppi una volta superato il momento del voto.

Gli schieramenti più piccoli cercavano, durante una complessa trattativa al momento della compilazione delle liste, d’ottenere qualche candidatura in collegi “sicuri” in modo da esser rappresentati alle Camere e non rischiare d’esser emarginati.

Ecco, allora che si verificava il fenomeno dei candidati “paracadutati”, cioè proposti in aree dove era semplice farsi eleggere.

Un sistema come quello uninominale favorisce il contatto tra elettore ed eletto, ma riduce notevolmente la quantità di partiti in lizza a quelli più forti o col miglior radicamento sul territorio. In ogni caso il votante spesso sceglie più lo schieramento che la persona e quindi, addio preferenza.

IL Porcellum. La legge n. 270/2005 fatta approvare in tutta fretta dal governo di centro-destra ha reso ancora di più impossibile l’incontro tra deputato ed elettore.

Oltre ad aver cancellato le preferenze, con la creazione di supercollegi elettorali che comprendevano anche tutta una regione, solo i candidati che erano inseriti nei primi posti della lista avevano qualche seria speranza di elezione, contando anche sulle opzioni di coloro che eran eletti in più circoscrizioni. Infatti la legge permetteva ai big di candidarsi anche in tutti i collegi per poi optare, dopo le elezioni per uno in particolare. Ciò permetteva l’ingresso in Parlamento di coloro che in un primo tempo erano stati dichiarati primi dei non eletti.

Il meccanismo era tale da scoraggiare la partecipazione alla campagna elettorale di chi sapeva di non aver alcuna probabilità d’entrare perché inserito in posizioni talmente arretrate da escluderlo dalla corsa per il seggio parlamentare.

L’Italicum. La legge nota col nomignolo di Italicum ha reintrodotto, ma solo per l’elezione della Camera dei Deputati, le doppie preferenze di genere.

A parte i capi lista tutti gli altri candidati dovranno guadagnarsi il seggio raccogliendo voti tra la gente.

E’ chiaro che questo vale soprattutto per i grandi partiti, perché per i piccoli passeranno, se passeranno, soprattutto i big, quelli che non hanno bisogno di raccoglier preferenze perché già in cima alla lista.

Pregi e difetti della preferenza. Detto che ogni sistema elettorale si presta ad abusi e furbizie, l’istituto della preferenza, previsto comunque per le elezioni locali (quartieri, comuni e regioni) avvantaggia quei candidati che hanno vaste reti di relazioni e coloro che praticano il clientelismo, giocando la carta della compravendita del voto; l’assenza della preferenza da un lato fidelizza al partito chi sa d’esser eletto, ma si espone al tristo fenomeno della transumanza da un partito all’altro di coloro che temono di non esser né ricandidati né rieletti.

Il fenomeno ha raggiunto in Italia livelli altrove sconosciuti di parlamentari, consiglieri regionali e locali che si sono, durante le legislature, trasferiti, anche più di una volta, da un gruppo ad un altro.

Come se ne esce? Poiché la legge elettorale non è fortunatamente ancorata alla Costituzione, può esser modificata dal Parlamento in qualsiasi momento parificando tutti i candidati o sopprimendo per tutti la preferenza o rendendola obbligatoria per tutti.
I big non avranno certamente alcuna difficoltà a farsi eleggere.

La preferenza in Europa. L’istituto della preferenza non esiste nei grandi Paesi dell’Europa occidentale:

In Germania, per l’elezione del Bundestag, i seggi sono in parte eletti col sistema uninominale ed in parte col proporzionale. I cittadini ricevono due schede: con una, votando il partito, contribuiscono all’elezione del candidato proposto in uno dei 319 collegi elettorali in cui è suddiviso il territorio, con l’altra eleggono i candidati della quota proporzionale senza espressione della preferenza.

In Francia e Gran Bretagna vige il sistema uninominale: nel Regno Unito vince chi ottiene il maggior numero di voti, in Francia, se nessuno raggiunge la metà più uno delle preferenze al primo turno, si procede ad un ballottaggio, cui sono ammessi i candidati che nella prima tornata di voto hanno raccolto almeno il 12,5% dei consensi;
Al ballottaggio vince il candidato più votato. In Francia, generalmente, o al primo o al secondo turno, si formano delle coalizioni;

In Spagna, i collegi elettorali coincidono con le province: il sistema elettorale è una forma di proporzionale che concede alle forze politiche maggiori un premio di maggioranza che è più consistente se la percentuale di voti raccolti è più alta.

Non vi è recupero di resti a livello provinciale, per cui le liste che non ottengono localmente almeno il 3% rischiano di non eleggere nemmeno un deputato.

Non è prevista per gli elettori la possibilità d’esprimere una preferenza.

PIER LUIGI GIACOMONI

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