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SUD AFRICA. GLI ZULU PIANGONO BUTHELEZI
(15 Settembre 2023)

JOHANNESBURG. Gli Zulu, la più importante etnia nera sudafricana piangono Mangosuthu Gatsha Buthelezi che il 9 Settembre si è spento a 95 anni d’età.

Dopo Frederik W. de Klerk e Desmond Tutu, spentisi negli ultimi anni, se ne va l’ultimo protagonista del tormentato XX secolo sudafricano.

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PRIMA DI TUTTO LEADER ZULU

Chief Buthelezi ci teneva a far sapere a tutti, anche ricorrendo al vestiario tradizionale, la sua appartenenza al popolo Zulu: per questo indossava pelli di leopardo anche in occasioni ufficiali, per allontanare da sé il sospetto d’esser un amico dei bianchi.

In realtà, fu prima di tutto leader degli Zulu e poi anche uomo politico di livello nazionale; a seconda delle necessità, fu alleato ed avversario dell’ANC, amico e nemico del governo suprematista bianco.

Sulla sua condotta incise anche l’avversione tradizionale degli Zulu verso gli Xhosa, l’etnia da cui proveniva Mandela: non a caso avrebbe preferito un Sud Africa federale piuttosto che il Paese unitario voluto dall’ANC.

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IL CARATTERE

Figura complessa, era orgoglioso, litigioso e capriccioso; famoso per i suoi interminabili discorsi parlamentari: uno di essi era lungo 427 pagine e occorsero due settimane per essere pronunciato integralmente.

In alcuni momenti affascinante, in altri spietato: non tollerava il dissenso.

Per i sostenitori, era un uomo eccezionale che fece del suo meglio per proteggere il suo popolo, lavorando allo stesso tempo per indebolire un regime malvagio;

per gli avversari, era colui che occupava una posizione comoda di potere mentre i militanti antiapartheid erano imprigionati, picchiati, torturati ed uccisi dalla polizia del regime.

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LA VITA

Nacque nello Zululand sudorientale il 27 agosto 1928 nella famiglia reale Zulu.
Sua madre era la principessa Magogo kaDinZulu, sorella del re e famosa cantante di canzoni tradizionali: suo padre aveva combinato un matrimonio coi Buthelezi: il padre di Mangosuthu sarebbe diventato suo marito, sanando in questo modo una diatriba tra famiglie.

A 14 anni, al principe dissero che suo padre era morto: recatosi nella fattoria di famiglia, seguendo la tradizione, trafisse il terreno con una lancia per mostrare dove avrebbe dovuto esser collocata la tomba e rivendicò a sé l’eredità paterna.

Studiò all’Adams College, una nota scuola missionaria vicino a Durban, ma nel 1948 – quando iniziò l’università nel Capo Orientale – il Partito Nazionale, forza politica degli afrikaaner, vinse le elezioni generali: cominciavano gli anni duri dell’apartheid.

Tra gli anni 50 ed 80 venne varata una complessa batteria di norme volte a separare nettamente le diverse componenti “razziali” del Paese.

Buthelezi aderì allora all’ala giovanile dell’ANC e partecipò ad una campagna d’opposizione al nuovo regime: per questo fu espulso dall’università. Tornò allora nel KwaZulu per assumere le funzioni di capo del clan familiare.

Sposò Irene, una studentessa di infermieristica di Johannesburg: tra gli Zulu è ammessa la poligamia, pare che suo padre avesse 40 mogli, ma Buthelezi, anglicano praticante, decise di non prenderne altre.

Nel 1954, re Cyprian lo nominò suo primo ministro tradizionale: l’incarico era importante, perché gli dava modo di gestire le proprietà della corona e tutto ciò che riguardava il suo popolo.

La difficile situazione creata dalla politica di “sviluppo separato delle razze” obbligò Buthelezi a ritagliarsi un nuovo ruolo nel complesso mosaico sudafricano, non senza patire sofferenze. Nel 1970, ad esempio, col Bantu Homeland Citizenship Act, una delle leggi adottate dal parlamento monopolizzato dai bianchi, si stabilì che tutti gli Zulu perdevano la cittadinanza della RSA per acquisire quella del KwaZulu.

Il territorio del loro bantustan fu ridisegnato in modo da separare diverse aree, l’una dall’altra: le terre migliori diventarono propietà dei farmers bianchi, mentre le famiglie dovettero abbandonare le loro abitazioni.

Conseguenza: centinaia di migliaia di persone furon sradicate dalle loro terre e trasferite forzosamente in regioni meno ospitali e poco produttive.

A Buthelezi, divenuto nel frattempo Chief Minister del KwaZulu, fu offerta l’indipendenza nominale del suo staterello, ma rifiutò, sostenendo che chi stava dividendo il Sud Africa andava contro il corso della storia perché il Paese aveva un destino comune.

Per sostenere meglio il suo potere, nel ’75 fondò l’Inkatha YeSizwe “la Corona della nazione”: nato come movimento antiapartheid, divenne presto uno strumento per controllare la sua gente.

L’iscrizione al partito, ad esempio, era obbligatoria, pena la perdita del posto di lavoro.

Fu creata anche una milizia che a suo tempo sarebbe servita a combattere gli attivisti dell’ANC.

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INKATHA CONTRO ANC

Intanto, i rapporti tra Inkatha ed ANC andavano deteriorandosi: Buthelezi, vigorosamente anticomunista, sosteneva che l’organizzazione era piena di marxisti, per questo si rifiutò di fornire case sicure ai membri del suo braccio armato.

«Negli anni ’80 – scrive Efrem Tresoldi[1] – è complice della strategia del terrore ideata dal regime dell’apartheid con l’intento di fomentare la violenza di neri contro neri e creare instabilità nel paese. Guerrieri dell’Inkatha, per lo più lavoratori Zulu lontani dalla loro terra che abitano nei famigerati ostelli per soli uomini nelle township, terrorizzano la popolazione locale.
A Thokoza, Katlehong, Vosloorus, Boipatong, KwaMakhutha, KwaMashu – nelle Province di Gauteng e KwaZulu-Natal – migliaia di persone innocenti sono uccise, ferite o fatte fuggire dalle loro case.»

Si stima che almeno 12.000 individui abbian perso la vita in un conflitto fomentato dal regime bianco che intendeva dimostrare che il Sud Africa correva il rischio di precipitare nel caos e nella violenza qualora fosse stato eletto un presidente e un parlamento dominato dall’ANC.

«Fin alla fine della sua vita – scrive BBC[2] – Buthelezi affermò che fu l’ANC a istigare la maggior parte delle violenze, ma in seguito emersero prove che Inkatha ricevette assistenza militare sudafricana per finanziare le squadre di sicari.

La Commissione per la Verità e la Riconciliazione (TRC), un organismo istituito per indagare sull’epoca della segregazione razziale e curare le ferite rimaste aperte dopo la fine dell’Apartheid, dimostrò che il partito di Buthelezi si era macchiato di gravi violazioni dei diritti umani.»

Chief Buthelezi si oppose a lungo alla pubblicazione del rapporto della TRC che apparve definitivamente dopo che al testo furon apportate le modifiche richieste dal leader Zulu.

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LE ELEZIONI DEL ’94

Il 27 aprile 1994, dunque, tutti i sudafricani adulti, indipendentemente dal color della loro pelle, votarono per eleggere il primo parlamento multirazziale nella storia del Paese.

Fin a dieci giorni prima del voto, buthelezi progettava di non partecipare: fu Mandela a convincerlo a recedere dal boicottaggio.

Così, sulle schede già stampate fu apposta la foto del principe: per l’Inkatha fu un trionfo: nel KwaZulu ottenne più del 50% dei voti ed il 10% su scala nazionale.

Quando Mandela, eletto presidente, formò il suo primo governo, Buthelezi fu ministro degli Interni, carica che mantenne fin al 2004 quando l’IP, ribattezzato Inkatha Freedom Party (IFP) passò all’opposizione.

Con l’elezione nel 2009 di Jacob Zuma, uno Zulu, cominciò il declino dell’IFP che perse consensi anche nel KwaZulu-Natal.

Dieci anni dopo, Buthelezi annunciò il suo graduale ritiro dalla politica: non ripresentò la sua candidatura alla presidenza dell’IFP, ma rimase premier della sua provincia e deputato nazionale.

Malgrado l’età avanzata, esercitò ancora una forte influenza presso il suo popolo: quando nel marzo 2021 morì improvvisamente il re Zwelithini e poche settimane dopo anche la regina principale, Buthelezi intervenne a sostegno del suo candidato favorito, il principe MisuZulu kaZwelithini, che nell’agosto 2022 fu definitivamente incoronato.

In palio non c’era solo la corona, ruolo tutto sommato protocollare, ma la presidenza dell’Ingonyama Trust Board che gestisce milioni di ettari di terra e mandrie di bestiame. Il tutto vale diversi milioni di dollari.

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GLI ZULU

Il popolo Zulu è formato complessivamente da 14,2 milioni di persone che vivono in Sud Africa (10 milioni circa), Lesotho,  Eswatini (due piccoli regni completamente circondati dalla RSA), e poi in Zimbabwe, Malawi, Mozambico e Botswana.

Sono la più grande componente etnica del paese: Parlano lo isiZulu, una lingua bantu appartenente al sottogruppo nguni.

Si tratta d’un idioma piuttosto complesso perché fa parte del gruppo delle lingue che hanno come principale caratteristica distintiva l’impiego delle cosiddette consonanti clic, come la “c” dentale, la “q” alveolare e la “x” laterale.

Il nome del popolo deriva da amaZulu, che nella loro lingua significa “gente del cielo”.

Sul piano religioso sono divisi in cristiani e cultori di riti tradizionali.

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LA STORIA

Gli Zulu sono una delle popolazioni bantu che per secoli hanno migrato da nord verso l’Africa meridionale: nel 1709 Zulu kaMalandela conduce tutto il suo clan nella parte settentrionale dell’odierna provincia del KwaZulu-Natal. Da quel momento inizia la fase ascendente del popolo che allarga il suo territorio a spese di altri clan che perdono terreno.

Col passar del tempo i diversi gruppi si fondono, finendo per formare un vero e proprio regno: nel 1816 è fondato un potente stato sotto la guida del re Shaka, che trasforma una confederazione di popoli in un forte impero.

Shaka crea un sistema fortemente militarizzato, noto come Impi, che prevede la coscrizione obbligatoria, un esercito permanente dotato di nuovi armamenti e una strategia di combattimento basata sull’accerchiamento degli avversari.

L’espansione Zulu è l’evento che contribuisce nel XIX secolo allo spopolamento di vaste aree dell’Africa meridionale.

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ARRIVANO I BRITANNICI.

Intanto è iniziata la stagione della conquista europea dell’Africa: la Gran Bretagna ha messo da tempo gli occhi sul Sud Africa, dove sono state scoperte nel 1872 in Transvaal ingenti riserve aurifere: Londra naturalmente vuol a tutti i costi metter le mani sul territorio e sottomettere le diverse popolazioni: di conseguenza gli inviati della Corona consegnano ai capi del regno Zulu un ultimatum (dicembre 1878).

Re Cetshwayo deve sciogliere il suo esercito ed accettare la supremazia britannica: il sovrano rifiuta, per cui scoppia la guerra tra gli Zulu ed il contingente africano delle truppe britanniche.

Sebbene all’inizio gli Zulu riportino una brillante vittoria nella battaglia di Isandlwana (22 gennaio 1879), successivamente i britannici prevalgono in diversi scontri fino al luglio ’79 quando alla battaglia di di Ulundi si decide l’esito del conflitto.

Il Re è capturato, l’impero Zulu diviso in 13 piccoli regni: tuttavia, nel 1883 Cetshwayo è restaurato al potere d’uno stato vassallo denominato Zululand. Ciò non fa cessare gli scontri tra gli Zulu e re Zibhebhu, uno dei 13 sovrani bassalli instaurati dai britannici sostenuto dai mercenari Boeri.

Cetshwayo muore nel Febbraio 1884, ucciso dai miliziani di Zibhebhu: gli succede sul trono un ragazzo di 15 anni, DinuZulu. Le guerre all’interno dello Zululand proseguono fin al 1897, quando il territorio è assorbito dalla nuova provincia del natal.

Il seguito è noto:

nel 1910 nasce l’Unione sudafricana, dominion dotato d’una certa autonomia nell’ambito del Commonwealth: il Paese partecipa a fianco della Gran Bretagna alle guerre mondiali.

Poi nel ’48 gli Afrikaaner vincon le elezioni ed applicano il loro programma di separazione metodica della popolazione in gruppi e sottogruppi.

Nel ’60 il Paese esce dal Commonwealth proclamandosi unilateralmente repubblica:il conflitto tra bianchi e neri si radicalizza sempre più, fin alla svolta del 1991 e alle elezioni del ’94 che abbiam già narrato.

Gli Zulu han continuato a svolgere un loro ruolo anche attraverso Mangosuthu Gatsha Buthelezi: ora devono girare pagina e trovarsi un nuovo leader che li conduca nel XXI secolo.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTE:

[1] E. Tresoldi, L’altro Sudafrica di Buthelezi, nigrizia,it, 13 Settembre 2023;
[2] BBC News Africa, Chief Mangosuthu Buthelezi: The man who divided South Africa, bbc.co.uk/news, 9 Settembre 2023.

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