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SOVRANISMO LINGUISTICO
(4 Aprile 2023)

ROMA. Un deputato di Fratelli d’Italia, il partito di maggioranza relativa dopo le ultime elezioni generali, ha presentato una proposta di legge in otto articoli che proibisce l’uso di termini stranieri se ci sono in italiano parole o espressioni che possono adeguatamente sostituire l’anglicismo o il francesismo.

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I FATTI

La proposta di legge a prima firma Fabio Rampelli vuol introdurre nel nostro ordinamento una sorta di “sovranismo linguistico”, prevedendo per chi usa termini stranieri che hanno un loro corrispettivo italiano da 5.000 a 100.000 euro d’ammenda.

In particolare la norma prescrive che la lingua italiana sia «obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e di servizi pubblici nel territorio nazionale» (art. 1)
gli «enti pubblici e privati sono tenuti a presentare in lingua italiana qualsiasi descrizione, informazione, avvertenza e documentazione relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale». Non solo, «l’indicazione delle attività  commerciali, dei prodotti tipici, delle specialità  e delle aree geografiche di denominazione italiana, riportata in lingua straniera su merci destinate al mercato internazionale, deve essere accompagnata dalla corrispondente denominazione italiana».

E poi: stop documenti in lingua straniera e traduzioni obbligatorie nelle conferenze.

I dirigenti della Pubblica amministrazione devono dimostrare di padroneggiare l’italiano e le imprese non devono usare, per i loro manager (pardon, dirigenti), titoli in lingua straniera.

Quindi “amministratore delegato” invece che “Ceo”, “obiettivo” invece di “target” e via così.

Il PDL vorrebbe imporre anche un blocco alle lezioni in inglese in quelle scuole sperimentali che svolgono alcuni corsi (matematica, ad esempio) in lingua straniera.

Un Comitato in cui entrerebbero la società  Dante Alighieri, la Crusca e la Treccani sugli eventuali cedimenti dei cittadini italiani alla tentazione della parola inglese o francese alla moda, o oramai d’uso comune.

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NAZIONALISMO LINGUISTICO

La proposta di legge Rampelli probabilmente non vedrà mai la luce e finirà in un cassetto come migliaia di altre, ma la sua impostazione ricorda un po’ il nazionalismo linguistico imposto all’Italia durante il ventennio fascista quando parole come “goal” furono sostituite da “rete” e il “corner” divenne un “calcio d’angolo”.

Ci sono tuttavia termini stranieri che ormai sono entrati nella lingua italiana e sarà difficile sostituirli con parole italiane: ad esempio questo articolo viene scritto con un computer, mentre chi vuol fortificare il fisico pratica uno sport.

Al cinema poi proiettano dei film,. la sauna, espressione tipica del finlandese, è fatta da gente che vuol sudare ed espellere dal corpo tossine, mentre in molti luoghi s’insegna a fare gli origami, vocabolo giapponese, per sviluppare la manualità.

La legge Rampelli, così la chiameremo, se mai entrerà in vigore, è uno sbotto di provincialismo come quello di chi mastica parole inglesi solo perché fa figo. In realtà, come ci spiegano i gli studiosi del ramo, le lingue prendono a prestito da altre, parole che vengono adottate perché esprimono dei concetti che mancano in quel particolare idioma.

Gli inglesi dicono “spagetti” e “pizza” per indicare dei cibi che sono di provenienza italiana, i francesi a teatro gridano “bravo” quando sono entusiasti della prestazione d’un cantante e così via.

L’Italia è da un punto di vista linguistico un paese di recentissima unificazione: fin agli anni 50 erano molto più diffusi i dialetti, mentre su giornali e riviste si usava la lingua di manzoni.

Le rilevanti differenze tra un dialetto e l’altro han reso necessaria una vasta opera d’alfabetizzazione portata avanti da radio e TV nel secondo dopoguerra.

Ci se ne accorge ascoltando qualche podcast risalente ai decenni passati.

Piuttosto che proibire l’uso di vocaboli stranieri, minacciare sanzioni draconiane a chi li usa, sarebbe utile investire denaro per rialfabetizzare coloro che non sono in grado, come scrisse anni fa il linguista Tullio de Mauro, di leggere un articolo o redigere un curriculum vitae, indispensabile magari per ottenere un posto di lavoro.

PIER LUIGI GIACOMONI

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