SIERRA LEONE. MAADA BIO, RIELEZIONE CONTESTATA
(2 Luglio 2023)
FREETOWN. Julius Maada Bio sarà ancora per cinque anni il presidente della Repubblica di Sierra Leone, avendo conquistato, secondo la commissione elettorale (ECSL) il 56,17% dei voti nelle elezioni presidenziali del 24 Giugno.
Il suo principale avversario, Samura Kamara, avrebbe raccolto il 41,16%: ad altri 11 candidati son andati il 2,67%.
In questo modo, il Presidente, candidato del Partito Popolare (SLPP) evita il ballottaggio, giacché la legge elettorale prevede che se nessun concorrente alla presidenza conquista il 55% delle preferenze, è indetto un confronto a due con la presenza dei pretendenti meglio piazzati.
Qualcosa di simile è avvenuto nelle legislative: il SLPP ha vinto 81 dei 135 seggi dell’assemblea nazionale, mentre l’APC, formazione politica che sosteneva Kamara, ne ha eletti 54. Integrano la camera 14 capi tradizionali.
Per Maada Bio questo è il secondo mandato consecutivo, perciò fra un lustro non potrà più riproporsi, a meno che, come accade spesso in Africa, non venga modificata la Costituzione per permettergli una ricandidatura.
Da quando in Sierra Leone è terminata la guerra interna (1991-2002) questa è la quinta consultazione popolare per la scelta del primo cittadino, del parlamento e delle amministrazioni locali.
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DENUNCE DI BROGLI
L’opposizione, in particolare il candidato sconfitto, ha denunciato gravi irregolarità.
Già prima delle elezioni Kamara aveva detto:
«Non accetteremo risultati prefabbricati o falsificati» e a scrutinio ultimato in un tweet ha scritto: «Respingo categoricamente il risultato», aggiungendo che in diverse aree si sono registrati brogli e voti in sovrannumero rispetto agli elettori iscritti nelle liste.
L’APC, Congresso di tutto il popolo, il suo partito, rincarando la dose, dichiara che si ignora da quali regioni del paese provengano i dati diffusi dalla commissione elettorale e che il voto si è svolto in un clima intimidatorio.
Lo stesso punto di vista è stato espresso a proposito del risultato delle legislative: dopo che la commissione elettorale ha annunciato il 1° Luglio il loro esito, l’APC ha definito in un comunicato, una volta di più “truccate” anche queste consultazioni, promettendo che boicotterà i lavori parlamentari.
Anche gli osservatori dell’Unione europea, in una conferenza stampa, han dichiarato che la mancanza di trasparenza sull’intero processo elettorale (operazioni di voto, scrutinio, proclamazione dei risultati) fa temere che l’esito finale non corrisponda alla realtà.
(rfi.fr ha scritto che il vero risultato delle presidenziali sarebbe Bio, 50%, Kamara, 46%).
La missione degli osservatori dell’Unione Europea ha invitato l’ECSL
a pubblicare quanto prima i dati per ogni seggio elettorale, per consentire l’esame pubblico dei risultati, perché sono emerse alcune stranezze:
1. un numero sorprendentemente basso di schede non valide in tutto il Paese;
2. un’affluenza molto alta, superiore al 95 per cento in almeno tre distretti (la media in tutto il Paese si è attestata all’83%).
Mohamed Kenewui Konneh, presidente della commissione al centro delle controversie,
ha promesso che tutti irisultati saranno caricati sul sito web appena possibile, anche se «ci vorrà del tempo».
Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Germania, Francia e Unione Europea hanno sottolineato d’esser preoccupate per la mancanza di trasparenza nel processo di tabulazione ed han fatto notare che in diverse aree del Paese le operazioni di voto son state ostacolate da problemi logistici, come mancanza di schede o assenza di scrutatori.
Infine, han esortato tutti «a dare prova di moderazione, a rispettare lo Stato di diritto e a impegnarsi in un dialogo pacifico per risolvere le controversie». E’ chiaro qui il timore che possa scoppiare in sierra Leone una nuova guerra interna.
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VIOLENZE
Non è mancata la violenza, sia durante il voto che dopo: gli stessi osservatori dell’UE dichiaran d’aver assistito ad aggressioni e scontri in sette seggi ad urne aperte e in altri tre durante lo spoglio.
Han denunciato poi che la polizia, la sera del 24 giugno, presso la sede centrale dell’APC a Freetown, è intervenuta pesantemente provocando la morte d’una donna. La polizia si è giustificata dichiarando d’esser intervenuta per sedare una manifestazione dei supporter di Kamara.
Dal canto suo, il quotidiano on line Sahara Reporters scrive in un articolo apparso il 27 giugno che a Masiaka, provincia settentrionale, poliziotti e soldati han aperto il fuoco su aderenti all’APC, mentre protestavano, uccidendo quattro ragazzi e violentandone un quinto.
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JULIUS MAADA BIO
Pubblicati i risultati elettorali, Julius Maada Bio, 59 anni, come prescrive la costituzione, ha prestato giuramento, insediandosi in carica.
Militare di carriera, Bio partecipa come giovane ufficiale ad un colpo di Stato il 29 aprile 1992: obiettivo, rovesciare Saidu Momoh. Dopodiché, il potere è assunto da un capitano di appena 26 anni, Valentine Strasser. Passano 4 anni e nel gennaio ’96 Maada Bio, allora vicepresidente, fa un altro golpe definito “democratico” ai danni proprio di Strasser: rimarrà al potere pochi mesi per cederlo, dopo le elezioni di marzo, a Ahmad Tejan Kabbah, un anziano funzionario delle Nazioni Unite. Mentre è a capo della giunta militare nomina il suo avversario di oggi Ministro delle Finanze.
Esaurito il suo compito, Bio va negli Stati Uniti per laurearsi in relazioni internazionali.
Nel 2005 rientra in patria, decidendo di far politica: si iscrive all’SLPP e viene candidato alle presidenziali del 2012. Suo avversario è Ernest Baï Koroma, Presidente in carica. Bio perde, raccogliendo solo il 37% delle schede.
La gloria arriva sei anni più tardi: nel ’18 è nuovamente candidato alle presidenziali: al primo turno, ottiene inaspettatamente il 43,3%, mentre Kamara conquista il 42,7%.
Al ballottaggio, si aggiudica la carica col 51,8% contro il 48,2% del rivale.
Nel primo mandato, investe molto denaro per rilanciare l’istruzione e promuove una campagna contro la corruzione,ma l’eredità della guerra e dell’epidemia di Ebola è pesante e un terzo degli abitanti vive sotto la soglia di povertà.
Quando, per effetto della guerra russo-ucraina, i prezzi dei principali prodotti vanno alle stelle, scoppia a Freetown e nelle altre principali città sierraleonesi la rabbia popolare (agosto ’22): durante le proteste la polizia ci va pesante ed almeno 20 persone perdono la vita.
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RIFORME ISTITUZIONALI
Prima delle elezioni generali del 24 giugno, a gennaio di quest’anno, il parlamento modifica la legge elettorale stabilendo che il riparto dei seggi avvenga secondo il metodo proporzionale, anziché col metodo uninominale, ereditato dalla colonizzazione britannica.
Si stabilisce, poi, che un terzo dei seggi siano assegnati obbligatoriamente a candidate donne.
La prima riforma suscita la reazione sfavorevole dell’APC che nella precedente legislatura aveva la maggioranza: evidentemente temeva, come poi è avvenuto, di perdere molti collegi sicuri.
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STORIA DELLA SIERRA LEONE
UNA LUNGA SCIA DI SANGUE
La storia della Sierra Leone è una rassegna di tutti gli orrori che posson accadere in un paese povero, ma fornito di materie prime che fan gola a tutti: il suo sottosuolo nasconde ingenti riserve di diamanti e bauxite, materia prima da cui si estrae l’alluminio, oltre che oro e forse petrolio.
Proprio i traffici di diamanti, definiti insanguinati, sono alimento dei numerosi conflitti che segnano il percorso di questa piccola nazione ovest-africana.
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VERSO L’INDIPENDENZA
Colonia britannica fin dal XIX secolo, ottiene l’autogoverno interno dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Leader del paese è Sir Milton Margai (1895 – 1964) che occupa per dieci anni la carica di Primo Ministro. Alla sua morte, il potere passa al fratello Sir Albert che tuttavia è deposto da un primo colpo di Stato (21 marzo 1967) guidato da David Lansana, capo delle forze armate. Seguono anni d’instabilità finché siaka Stevens (1905 – 1988) diviene premier e successivamente secondo Presidente della Repubblica, proclamata il 19 aprile 1971.
Stevens, che reggerà il paese per 14 anni, concentrerà nelle proprie mani tutto il potere ed imporrà che l’All People’s Congress (APC) sia il partito unico. Il suo regno termina nell’85, ridando fiato alle numerose forze che tentano di disgregare lo Stato. Per sette anni il potere supremo è assunto dalle forze armate che portano alla presidenza Joseph Saidu Momoh (1985 – 1992), ma quando questi apre al multipartitismo, scoppia la guerra.
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IL BAGNO DI SANGUE (1991 – 2002)
Con l’inizio degli anni 90 tutta l’Africa occidentale è scossa da conflitti che presto interesseranno una vasta area in cui agiscono i “signori della guerra”. anche in Sierra Leone sulla scena si profila la figura d’un war lord: Fodai Sanko che fonda il RUF (Revolutionary United Front): questo è un movimento di guerriglia che si alimenta proprio col traffico illegale di diamanti e combatte con ferocia, servendosi anche di banbini-soldato chiunque ostacoli la propria marcia verso il potere.
La lotta del RUF mette a nudo la fragilità delle strutture dello Stato Sierraleonese e solo col contributo dell’ONU e della Gran Bretagna, ex potenza coloniale, si riesce nel ’98 a ristabilire una certa normalità istituzionale, in vista d’una completa pacificazione.
Rimarranno le ferite d’una guerra nel corso della quale son avvenute mutilazioni, saccheggi, incendi di villaggi, stupri, eccidi di massa, costata la vita a forse 120.000 persone.
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EBOLA
Ristabilita faticosamente la pace nel 2002, arrestato Sanko, sciolto il RUF, il paese riprende il proprio cammino, ma nel 2014 scoppia un’epidemia di ebola che le autorità non riescono a controllare: per due anni il male si estende ed interessa anche i paesi vicini come Guinea Conakry e Liberia. solo nel ’16 il morbo è domato.
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LA SIERRA LEONE
La Repubblica di Sierra Leone, situata nell’Africa occidentale, bagnata dall’Oceano atlantico, confina con la guinea Conakry a nord ed est e con la Liberia: occupa una superficie di 71.740 kmq. ed è popolata da 8,6 milioni d’abitanti.
Indipendente dal 27 aprile 1961, svolge un ruolo speciale durante i secoli della tratta degli schiavi dall’Africa al continente americano. Una parte della sua popolazione discende da schiavi liberati nel XIX secolo e ricondotti in Africa da società filantropiche che volevano riportare quelle persone nella loro terra d’origine.
La capitale, Freetown, (letteralmente “città libera”, divenne il luogo d’arrivo degli ex schiavi
rimpatriati nel 1787.
Negli ultimi anni, il Paese ha registrato progressi nell’economia, anche se le lunghe guerre e le citate epidemie la collocano ancora agli ultimi posti della graduatoria mondiale dell’indice di sviluppo umano.
PIER LUIGI GIACOMONI