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SERBIA. VUCIC VINCE, MA MONTA LA PROTESTA CONTRO IL REGIME
(29 Dicembre 2023)

BELGRADO. Aleksandar Vucic vince ma la gente, soprattutto a Belgrado, protesta: da giorni, ogni sera, migliaia di persone scendono per le strade della capitale per protestare contro il regime, le irregolarità commesse durante le elezioni del 17 dicembre e l’occupazione del potere dell’SNS, il partito al governo dal 2012.

Compravendita di voti, pullman pieni di elettori serbobosniaci, seggi fantasma, assoluto predominio di Vucic sui media, campagna di discredito lanciata dai giornali filogovernativi… con questi metodi il Partito serbo del Progresso ha vinto le elezioni per la nuova Skupstina e per diversi municipi, tra cui Belgrado, oltre che per l’assemblea regionale della Vojvodina.

E’ stato lo stesso Vucic ad annunciare la sera del voto l’esito della competizione: l’SNS col 48% dei voti si è assicurato 129 seggi della nuova camera che ne conta 250.

Ciò permetterà al presidente di governare da solo senza bisogno di formare esecutivi di coalizione: in particolare, esce sconfitto il Partito Socialista, finora guidato dal Ministro degli Esteri Ivica Dacic, che raccoglie solo il 6,7% ed elegge 18 deputati.

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SERBIA CONTRO LA VIOLENZA

Non è riuscita la scommessa d’una coalizione di forze anti Vucic che aveva formato la lista Serbia contro la violenza: secondo i dati ufficiali, raccoglie solo il 24,4% e manda in parlamento 65 rappresentanti.

Questa coalizione, inoltre, non vince le municipali di Belgrado, pur raccogliendo il 34% dei voti: da qui nascono le proteste promosse da chi sperava che il 17 dicembre segnasse la nascita d’una nuova era per la Serbia.

Serbia contro la violenza era nata dopo che in maggio in due episodi distinti, a distanza di 24 ore, 17 persone avevan perso la vita sotto i colpi di individui armati che avevan sparato all’impazzata, come accade spesso negli Stati Uniti.

Gli esponenti di questa coalizione avevan puntato il dito contro Vucic e i suoi sostenitori accusati d’alimentare ad arte un clima di violenza e sopraffazione.

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LUNGA VACANZA GOVERNATIVA

Dopo il voto, si profila un lungo periodo di vacanza governativa, perché queste elezioni, decise da Vucic dopo i fatti di Banjska[1] servono soprattutto per guadagnare tempo.

L’obiettivo infatti del leader serbo, secondo alcuni osservatori, è metter tra parentesi il 2024 per vedere come vanno a finire le competizioni elettorali che più interessano a Belgrado: le europee di giugno e le statunitensi di novembre.

E’ convinzione diffusa infatti che se dalle urne emergesse una maggioranza più a destra sia a Bruxelles che a Washington per la Serbia ci siano più margini di manovra per realizzare i propri obiettivi.

Ma c’è anche il timore che la Serbia, ottima alleata di Mosca nei Balcani, possa servire da cavallo di Troia per le mire espansionistiche russe nel vecchio continente.

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ELEZIONI OPPORTUNISTICHE

Le politiche del dicembre 2023 in Serbia sono le quarte decretate da Belgrado dal 2012 ad oggi, ossia da quando l’SNS è salito al potere.

Infatti, si votò nel 2014, 2016, 2020 e 2022: in nessun caso ciò dipese dal dissolversi della coalizione di governo.

Nemmeno stavolta, prima di decretare lo scioglimento del legislativo, Vucic ha preso atto che il governo di Ana Brnabic non poteva più andare avanti.

In realtà, il Presidente ha fatto uso spregiudicato dell’art. 109 della costituzione serba: il Capo dello Stato può sciogliere la Skupstina, dietro parere favorevole del Consiglio dei Ministri.

Una formalità, se si considera che l’SNS controlla tutte le cariche più importanti dello Stato.

Convocare anticipatamente i cittadini alle urne quindi è fin qui stata una decisione strategica del SNS, ossia di Vucic, i cui poteri, da quando è stato eletto nel 2017, si sono accresciuti notevolmente, senza modificare la Costituzione in senso presidenzialista.

Quali vantaggi presenta per l’SNS indìre così spesso legislative anticipate?

1. Dimostrare alle opposizioni la propria forza e metter in evidenza le spaccature in seno alle coalizioni che combattono il regime;

2. Ricorrendo al voto, quando ritenuto opportuno, dà modo al partito di scegliere il momento giusto per convocare la cittadinanza.

3. Facendo poi dimettere i sindaci in anticipo si può far coincidere voto politico con quello amministrativo: è quanto accaduto il 17 dicembre.

L’abbinamento di due consultazioni elettorali diverse ma contigue solitamente aumenta il punteggio del partito per il rinnovo dei poteri locali, poiché l’elettore tende a votare la stessa lista sia per il parlamento nazionale che per il proprio municipio.

4. Il rinvio alle calende greche di decisioni importanti e potenzialmente impopolari: dopo le elezioni del 2020 e del 2022, il SNS ha deliberatamente esaurito il termine costituzionale di 120 giorni per formare un governo, nonostante controllasse l’assemblea.

Nel 2022, ciò ha consentito a Belgrado di rinviare sine die l’adozione di sanzioni verso la Russia, dal momento che l’esecutivo era in carica per il disbrigo degli affari correnti da febbraio ad ottobre.

Ora ci si può aspettare che fino a maggio 2024 non verrà varato il nuovo ministero: a quel punto sarà in corso la campagna per l’elezione del parlamento europeo e si vedrà se per Belgrado si creeranno spazi per proseguire nella propria ambigua politica dell’equilibrio che finora ha consentito a Vucic d’alternare atti che avvicinano la Serbia all’Europa, come la conclusione degli accordi di Ohrid[2] che potrebbero segnare la fine del contenzioso col Kosovo, con atti di non ostilità verso la Russia e la Cina, Paesi da cui importa idrocarburi e armamenti.

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PEGASUS

Il 30 ottobre 2023, due cittadini serbi, entrambi membri di organizzazioni della società civile, han ricevuto la stessa notifica di minaccia secondo cui sui loro dispositivi mobili era stato rilevato un attacco tecnico “sponsorizzato dallo Stato”. Hanno chiesto consiglio alla SHARE Foundation, un ente di controllo dei diritti digitali con sede a Belgrado, i cui esperti forensi han dimostrato che i loro cellulari eran stati hackerati da un software di cui son in possesso solo i governi: Pegasus.

Si tratta d’uno spyware che può facilmente installarsi su un telefono mobile e prenderne il controllo: prodotto da una ditta israeliana, la NSO che concede una licenza d’uso che costa annualmente 5 milioni di dollari.

Questo software è già salito alla ribalta della cronaca in Spagna dove è stato installato nei cellulari di leader e attivisti del movimento per l’indipendenza della Catalogna, mentre in Grecia il capo del Pasok ha scoperto d’esser spiato dai servizi di Atene.

L’Ungheria di Orbán ha fatto sapere d’aver acquistato una licenza di questo spyware.

Per le organizzazioni che a livello mondiale difendono i diritti umani e la libertà dei media, la Serbia è solo l’ultimo d’una lunga serie di paesi in cui negli ultimi anni sono stati registrati attacchi contro civili con armi militari, anche se digitali e incruente. Tali aggressioni prendono di mira cittadini impegnati in attività socialmente significative che di solito sono contrari alle autorità: giornalisti investigativi, attivisti per i diritti umani, operatori dei media. Nel frattempo, gli esperti e la comunità più ampia chiedono con insistenza, finora invano, agli Stati di vietare la produzione, la vendita e l’uso di tali strumenti, a causa dell’invadenza e della facilità del loro abuso. Mentre il loro scopo primario è la sorveglianza approfondita che porta all’annullamento del rispetto della vita privata.

L’obiettivo di chi usa software come Pegasus, ma ve ne sono anche altri in circolazione, è distruggere una società in cui i cittadini non sono più esseri autonomi e le norme non servono più a proteggere i diritti individuali sanciti dalle costituzioni o dai trattati internazionali.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTE:

[1] Gli scontri di Banjska: Il 24 Settembre 2023 a Banjska, Kosovo, è stato ucciso un poliziotto kosovaro, evento senza precedenti.

E’ seguito uno scontro campale con un commando armato serbo, rifugiatosi in un monastero ortodosso vicino alla frontiera fra i due paesi.

Tre degli aggressori sono stati uccisi, altri sei catturati e le autorità hanno denunciato il ritrovamento di un vero e proprio arsenale bellico. Per Pristina si tratta di un commando “supportato e organizzato da Belgrado.

Questa vicenda fa crescere la tensione fra i due Stati, uno dei quali, la Serbia, non riconosce la sovranità del Kosovo.

Belgrado sostiene la minoranza serba che vive nel nord del Paese, proprio dove sono avvenuti gli incidenti.

[2] Gli accordi di Ohrid: Nel marzo 2023 a Ohrid, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo han concluso un accordo, negoziato dall’alto rappresentante per la politica estera dell’UE Josep Borrel, che però non è stato firmato né da Aleksandar Vucic né dal premier kosovaro Albin Kurti.

L’intesa che partiva dal piano di pace franco-tedesco composto di 11 punti e adottato dai 27 prevede che, pur non arrivando a contemplare un riconoscimento ufficiale dell’indipendenza kosovara da parte della Serbia, le due parti normalizzino le loro relazioni, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite.

Due però son i punti critici dell’intesa:

1. La creazione d’una comunità dei municipi kosovari a maggioranza serba: Pristina teme che si creino le condizioni per uno stato sul modello della Republika Srpska che in Bosnia-Erzegovina controlla il 40% del territorio e minaccia continuamente la secessione da Sarajevo.

2. L’ingresso del Kosovo nelle organizzazioni internazionali, osteggiato da Belgrado con la benedizione della Russia.

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