SERBIA. IL DILEMMA DI VUCIC, BRUXELLES O MOSCA?
(24 Febbraio 2023)
BELGRADO. Aleksandar Vućić, Presidente della Serbia, deve sciogliere un annoso dilemma cercando di scontentare meno gente possibile: o aderire definitivamente all’Unione europea, risolvendo il contenzioso col Kosovo o gettarsi nelle braccia di Mosca, divenendone con ciò il principale satellite nei Balcani.
Finora il leader serbo ha condotto la politica del pendolo: di volta in volta oscilla o da una parte o dall’altra: a seconda della convenienza rilascia dichiarazioni che fanno intendere che Belgrado ha scelto definitivamente l’UE, per poi far capire che non è proprio così. A gennaio è riuscito a dire nel giro di poche ore a Bloomberg che «l’Europa è il percorso dei serbi, non ce n’è un altro», mentre a un incontro organizzato da Politico a Davos ha affermato che i serbi non sono «più entusiasti come una volta (della prospettiva europea e neanche l’Unione europea è entusiasta di noi come credevamo che fosse».
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EUROPEISMO EVAPORATO?
Nel frattempo, si è diffusa nell’opinione pubblica serba la sensazione che Belgrado non entrerà mai nell’UE: secondo un sondaggio reso noto dal Ministero per l’Integrazione europea il 43% dei serbi voterebbe in un ipotetico referendum a favore dell’adesione all’Unione mentre il 32% si opporrebbe e il 25% è incerto.
Nel 2009, i pro-Europa erano il 73%, mentre un anno e mezzo fa toccavano ancora il 53% dei consensi, ma l’europeismo sta evaporando mese dopo mese, mentre Bruxelles preme sui governanti belgradesi affinché «sciolgano una volta per tutte il nodo del Kosovo e aderiscano alle sanzioni decretate contro Mosca dall’UE.
Qui però sta il centro della questione: la Serbia, per lunga tradizione si sente in sintonia con la Russia e dar via libera all’indipendenza del Kosovo riconoscendone l’esistenza farebbe infuriare gli ultranazionalisti che considerano la provincia ribelle parte integrante dello stato.
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SCONTRO APERTO
Di questa realtà si è avuto prova il 2 Febbraio quando la Skupština, il parlamento serbo, si è riunita, su richiesta del Presidente Vućić, per avviare un dibattito sulla situazione in Serbia in relazione alle scelte che il Paese deve intraprendere.
La seduta si è svolta in un clima assai teso con scontri anche fisici tra deputati delle diverse fazioni: lo stesso discorso del Presidente è stato più volte interrotto.
I deputati nazionalisti han issato cartelloni e striscioni con cui accusavano Vućić d’aver tradito i serbi del Kosovo, riconoscendo di fatto l’indipendenza di Pristina.
Vućić ha accusato le opposizioni di oggi, che però erano al governo quindici anni fa d’aver nei fatti favorito la secessione kosovara proclamata il 17 Febbraio 2008.
«Tra urla e cori da stadio – prosegue l’ANSA – si è sfiorato lo scontro fisico quando alcune decine di deputati dell’opposizione hanno cercato di avvicinarsi al presidente, con tono minaccioso.» «Siete solo degli hooligan che avete portato il Paese alla rovina», ha gridato Vućić, sostenuto dagli applausi dei deputati della maggioranza.
Respingendo la richiesta delle minoranze di conoscere i dettagli del piano franco-tedesco, il Capo dello Stato ha ribattuto d’essersi presentato in Parlamento per discutere delle difficoltà che sta attraversando la Serbia, non per sottoporre all’esame della Skupština il piano europeo: Vućić, tuttavia, ha messo in guardia parlamentari e opinione pubblica sulle conseguenze che avrebbe per il Paese il rifiuto del predetto documento, di cui solo alcuni conoscono i dettagli.
Belgrado, allora, ha scelto definitivamente d’avvicinarsi all’Europa? Forse la risposta definitiva a quest’interrogativo ancora non c’è ed assisteremo a nuove giravolte.
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IL RAPPORTO TRA SERBIA E RUSSIA
Storicamente, la Serbia fin dalla fondazione del regno nel 1878 considera la Russia uno dei suoi partner di riferimento: tale vicinanza si è rafforzata «per l’eredità degli anni Novanta (che videro il bombardamento Nato su Belgrado del 1999, cui si oppose la Russia) e per la posizione comune per il Kosovo, riconosciuto da molti governi europei ma non da Mosca.», scrive Gianluca Carini[1].
Le ambiguità di Vućić incoraggiano ovviamente la propaganda russa che volentieri soffia sul nazionalismo serbo: «Sputnik – prosegue Carini – non ha mai chiuso il suo ufficio a Belgrado, operando anche dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e nella capitale serba è arrivata anche Russia Today, preceduta da una campagna pubblicitaria imponente («finalmente siamo arrivati», recitano i cartelloni pubblicitari a Belgrado) e trasmissioni in cui si dichiara senza ambiguità che «il Kosovo è Serbia».
Vladimir V. Putin, secondo recenti sondaggi, poi, è il politico straniero più popolare nel Paese (60% di consensi), seguito da Xi Jinping (44%); Biden viaggia intorno al 6% e Zelensky invece è sostenuto da un misero 3,5%.
La stessa guerra in Ucraina ha giovato sia al presidente che ai gruppi nazionalistici:
• durante la corsa per le presidenziali del 2022 il Presidente si è potuto presentare come il “garante della pace e della stabilità”. Non a caso, lo slogan della sua campagna elettorale era “Pace. Stabilità. Vučić”.
• gli ultranazionalisti han guadagnato parecchio seguito conquistando alla Skupština 35 seggi su 250, pari al 14% del totale.
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LA STRADA VERSO L’EUROPA
Detto tutto ciò, sembra evidente che l’unica prospettiva davvero sensata per la Serbia sia l’adesione all’UE, ma Bruxelles se davvero vuole che belgrado faccia un giorno parte dell’euroclub deve perseguire almeno due strade.
1. aiutare finanziariamente tutti quei cittadini serbi che avranno difficoltà a pagare le bollette di gas ed elettricità quando cesseranno le forniture di Mosca a prezzo calmierato.
E’ evidente infatti che un’eventuale adesione di Belgrado all’UE avrà come reazione il raffreddamento dei rapporti con la Federazione russa.
Si dovrebbe evitare di dar soldi al governo per non fomentare la corruzione, ma anche per rinsaldare i legami tra la popolazione del Paese con l’Europa, eliminando un argomento su cui fa leva la propaganda moscovita.
2. Bruxelles dovrebbe cambiare il proprio modo di parlare ai serbi evitando d’alimentare la percezione secondo cui essi sono europei di serie B, eliminando ricatti e “paternalismi:
Inoltre, dovrebbe imparare a distinguere tra il governo e i cittadini, evitando di criticarli, facendo di tutta un’erba un fascio. In questo modo si getterebbero le basi per un rapporto più costruttivo con l’opinione pubblica che a maggioranza vuole l’Europa, ma sente che quella non vuole più la Serbia.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTA:
[1] G. Carini, Nei suoi rapporti con la Serbia, l’Ue dovrebbe distinguere tra il governo e i cittadini, linkiesta.it, 21 Febbraio 2023.