RUSSIA UNITA RICONQUISTA LA DUMA
(20 Settembre 2016)
MOSCA. «Sappiamo che la vita è dura per la gente, che ci sono molti problemi e molte questioni irrisolte, però abbiamo vinto!» E’ soddisfatto Vladimir Vladimirovic Putin nel fare un bilancio d’una giornata elettorale che presentava più d’un’incognita alla luce, come vedremo, delle forti tensioni internazionali in cui il Paese è coinvolto e della recessione che impoverisce vasti strati della popolazione.
Nelle elezioni per la Duma di Stato, il partito Russia Unita sostenuto dal presidente, non solo ha accresciuto la sua percentuale, ma ha anche conquistato una maggioranza schiacciante:
nella nuova assemblea, RU avrà una maggioranza superiore ai due terzi e potrà, se lo riterrà necessario, emendare la Costituzione a proprio piacimento.
I risultati. A spoglio quasi ultimato, ha ottenuto il 54,2% delle preferenze, (+5%), rispetto al 2011, e 343 seggi su 450 (+105).
Alle altre liste in lizza, in totale 14, sono andate le briciole:
il Partito Comunista ha ottenuto il 13,54%, il Partito Liberaldemocratico il 13,28% e Russia Giusta il 6,19%.
Tutti gli altri partiti hanno mancato l’asticella del 5%, perciò son rimasti fuori dalla Camera: è, ad esempio, il caso di Yabloko che ha raccolto solo l’1.89 e Parnas, a cui va lo 0.7%.
In base alla legge elettorale in vigore nella Federazione Russa, metà dei seggi parlamentari sono eletti su base proporzionale, con sbarramento al 5%, mentre l’altra metà è designata con sistema uninominale, per cui risulta eletto in ciascun collegio, il candidato più votato.
Bassa affluenza. Scarsa è risultata la partecipazione al voto: secondo dati non ancora definitivi, su 110 milioni di potenziali elettori, solo il 47% si è recato alle urne, facendo registrare un crollo di 13 punti percentuali rispetto al 2011.
In particolare il fenomeno dell’astensionismo è stato più accentuato nelle grandi città, come Mosca e San Pietroburgo, dove si è mobilitato appena il 37% del corpo elettorale.
Perché tanta apatia? Prima di tutto perché la campagna elettorale è stata poco interessante al punto che è stata definita da fonti russe come la meno coinvolgente da dieci anni a questa parte.
Poi, era chiaro fin dall’inizio chi avrebbe vinto, infine molti russi pensano che le vere decisioni non siano prese dal Parlamento, ma dal Presidente e dai suoi collaboratori.
Così, mentre la popolarità del Presidente Putin è tuttora alle stelle, i partiti politici sono malvisti dall’opinione pubblica, anche a causa della corruzione e dell’illegalità generalizzata.
Irregolarità nel voto. Anche se l’OSCE e la commissione elettorale russa hanno definito queste elezioni come sostanzialmente corrette, giungono notizie di irregolarità diffuse a macchia di leopardo:
• in Siberia, la gente è stata accompagnata ai seggi a bordo di pullman
• Nel Dagestan (Caucaso), gruppi di giovani hanno devastato un seggio elettorale per protestare contro la manipolazione delle schede, compiuta da alcuni scrutatori, per avvantaggiare un candidato;
• A Rostov, nella Russia Meridionale sono state inserite nelle urne schede già votate.
• In Cecenia, secondo il suo Presidente Ramzan Kadyrov, Russia Unita ha ottenuto il 98% dei voti;
• La Crimea, che per la prima volta ha partecipato alle elezioni per la Duma russa dopo l’annessione del 2014, ha dato tutti i seggi al partito di Putin.
(Fra l’altro l’annessione della Crimea non è riconosciuta a livello internazionale e gli Stati Uniti hanno dichiarato che non ritengono valida l’elezione di deputati crimeani al Parlamento russo).
Golos, un gruppo indipendente che ha monitorato le elezioni, scrive in un rapporto:
«Sebbene il livello delle violazioni in questa campagna elettorale sia stato inferiore rispetto al 2011, ve ne sono state parecchie durante le operazioni di voto». perciò questa consultazione è ben lontana «dall’essere libera, onesta e trasparente».
Il numero degli osservatori indipendenti presenti nei 90 mila seggi elettorali, sparsi per tutta la Federazione Russa, è stato più basso che in passato e si sono verificati casi di schede manipolate, elettori portati a forza ai seggi, offerte di cibo e vestiario ai votanti che davano il proprio consenso al partito di governo.
«Nel sistema di “democrazia guidata” creato dal Cremlino – scrive Steve Rosenberg, corrispondente capo della BBC da Mosca – era impensabile che il controllo esercitato dal Presidente Putin sulla Duma si indebolisse.
Putin contava, per vincere, sulla sua popolarità personale abbinata ad una generale apatia per fare accettare ai russi il risultato di queste elezioni, malgrado le difficoltà economiche e le tensioni con l’Occidente.»
Le emergenze economiche. Al momento, l’emergenza principale è la crisi economico-finanziaria dovuta ai bassi prezzi delle materie prime, di cui la Russia è grandissima esportatrice, ed anche alle sanzioni occidentali, decise in seguito alla crisi ucraina ed in particolare dopo l’annessione unilaterale della Crimea.
Una seconda emergenza è la sempre più maldigerita corruzione dell’establishment russo che, appunto, i cittadini russi malsopportano, nel momento in cui gli stipendi medi si assottigliano sempre più a causa della svalutazione del rublo e dell’inflazione.
La classe media che era timidamente emersa negli ultimi dieci-quindici anni va impoverendosi: è in quel settore sociale che vanno ricercati gli astenuti.
I delusi di Putin, per adesso, esprimono la loro insoddisfazione non votando, non trovando, evidentemente in circolazione, un’offerta politica che li attragga.
Un domani questa forma di “resistenza passiva” potrebbe sfociare in un’opposizione aperta che ancora oggi non si vede.
PIER LUIGI GIACOMONI