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ROM, SINTI ED ALTRE MINORANZE
(3 Agosto 2018)

Donne e bambini Sinti_ foto epoca

Donne e bambini Sinti

ROMA. La destra non è nuova a dichiarazioni apertamente discriminatorie nei confronti di Rom e Sinti, accusati a vario titolo e con diverse generalizzazioni, di mettere in pericolo la sicurezza della popolazione.

di recente, il nuovo Ministro Italiano per l’Interno Matteo Salvini, della Lega, ha detto: «“i rom italianipurtroppo te li devi tenere», preannunciando allo stesso tempo un censimento della presenza di queste minoranze nel nostro Paese, al fine di verificare se vi siano le condizioni per espellerne alcuni dal nostro territorio.

Le parole di Salvini, oltre a prefigurare una misura dal dubbio profilo costituzionale, sono destinate a gettar benzina sul fuoco d’un risentimento popolare, diffuso soprattutto fra gli strati più umili della popolazione, che da tempo vedono con sospetto la presenza di questi individui nelle nostre città.

Eppure, Rom e Sinti sono in Italia dal XV secolo e fanno parte della nostra comunità nazionale: come ha detto il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla all’Ansa, «a volte sono più italiani di tanti nostri concittadini.»
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Rom e Sinti in Italia e nel resto d’Europa. Complessivamente Rom e Sinti costituiscono lo 0,3% della popolazione, pari a circa 180 mila individui. Di questi, quasi la metà sono di nazionalità italiana, mentre altri provengono

dall’estero. Peraltro, in europa vi sono paesi con una maggiore presenza di queste comunità: In Spagna ad esempio, sono 650mila  (l’1,6%), seguita dalla Romania con 620mila (3,3%), dalla Francia con 500mila, (0,8%) e dalla

Bulgaria con 370mila (4,7%).

Per molti Paesi, così come per l’Italia, i numeri sono indicativi, sia perché dove non c’è una tutela legislativa

delle minoranze non vi sono censimenti specifici – bensì generali, dell’intera popolazione del Paese – sia per la reticenza di alcuni a definirsi appartenenti a gruppi fortemente stigmatizzati.
Venendo al quadro normativo, alcuni Paesi come Cipro e l’Olanda non contemplano misure specifiche poiché considerano Rom e Sinti a tutti gli effetti parte della comunità. Altri, come la Germania, la Romania e laSvizzera, hanno strumenti di tutela solo per chi ha la cittadinanza.
L’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Osce ha preso provvedimenti sul tema già a partire dagli anni Novanta: i suoi non sono atti giuridici vincolanti, ma sono la rappresentazione di un impegno politico

degli Stati membri. Il Consiglio d’Europa, più d’ogni altra organizzazione, tutela i diritti e i bisogni delle minoranze: dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo alle molteplici attività promosse dalla sua Divisione

Roma and Travellers dedicata alle minoranze.
L’Unione europea opera a più livelli, dal quadro giuridico generale agli strumenti e progetti ad hoc per combattere le discriminazioni verso rom e sinti. Vanno ricordate in particolare la Cornice comunitaria per le strategie di

integrazione nazionale dei rom approvata nel 2011 e la rete EURoma.
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La tutela delle minoranze in Italia. Come sono tutelate le minoranze in Italia? Nella penisola ce ne sono molte,

divise in 12 diversi gruppi linguistici: circa il 4,5% della popolazione, con diverse tutele legali. L’Italia risulta essere il Paese dell’Europa occidentale con il maggior numero di minoranze riconosciute (legge 482 del 1999), ma tra queste non vi sono Rom e Sinti. Due difficoltà ne hanno reso difficile il riconoscimento:

• la mancanza di una concentrazione territoriale;
• la difficoltà ad inquadrarli come minoranza linguistica, in quanto in molti casi la prima lingua utilizzata non è il Romanés, ma l’italiano o altre lingue (aspetto però tipico anche di molte altre minoranze).

Nella passata legislatura Francesco Palermo, direttore dell’Istituto di studi federali comparati all’Eurac di Bolzano, ha guidato la presentazione di un disegno di legge al Senato per «la tutela e le pari opportunità della

minoranza Rom e Sinti.» Proposta che si è subito fermata alla commissione Affari costituzionali, dove l’esame del testo non è mai iniziato.
Il 27 gennaio 2015, invece, in concomitanza con la giornata della memoria per i 500mila Rom e Sinti uccisi nei campi di concentramento nazisti, il comitato «Se mi riconosci mi rispetti» ha lanciato una raccolta firme per una

legge di iniziativa popolare che estendesse le tutele attualmente garantite alle altre minoranze linguistiche anche alla minoranza Rom e Sinta. Ma anche questo tentativo non ha avuto seguiti. Le istituzioni avevano battuto un colpo

nel 2011, quando il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio approvò la Strategia nazionale dei Rom, Sinti e Camminanti.
Nel complesso, però, in Italia finiscono per prevalere i meri “programmi speciali” e le strategie locali, implementate dai comuni o dalle Regioni, senza una visione nazionale di tutela e valorizzazione.
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Nomadi e sedentari. La strategia nazionale del 2011 sottolineava l’importanza di superare la connotazione esclusivamente «nomadistica» di Rom e Sinti, che non rispecchia la realtà. Un approccio che faciliterebbe una migliore comprensione di alcune dinamiche sociali, a cominciare da quella abitativa.
Che la situazione reale sia un’altra lo documenta un rapporto su Rom e Sinti della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, che riconosce – citando fonti del ministero dell’Interno – che «nel nostro Paese le famiglie che ancora viaggiano in carovana sono il 2-3%,» in gran parte gruppi di Sinti giostrai e Rom Kalderasha. Le famiglie rom venute in Italia dall’ex Iugoslavia negli anni Novanta a causa delle guerre, ad esempio, erano sedentarizzate. «I campi d’altro canto – si legge nello stesso rapporto – sono una peculiarità italiana nel più ampio contesto europeo. In Italia i Rom e i Sinti in stato di emergenza abitativa sono 26mila (lo 0,04% della popolazione), mentre in 16.400 vivono in 148 campi formali e in 9.600 in insediamenti informali. Cifre che possono essere gestite in modo meno eclatante e più efficace.»

Donne Sinti Foto 1940

Donne Sinti September 1940

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Alternative future. Quali politiche potrebbero essere concretamente avviate in futuro per migliorare le condizioni di vita di tanti rom e Sinti? Francesco Palermo di Eurac vede due priorità: «Sul piano legislativo, il

riconoscimento di rom e sinti come minoranze linguistiche, perché questo consentirebbe politiche promozionali specifiche; in secondo luogo, l’emanazione di leggi regionali su materie specifiche e di competenza, appunto, delle

Regioni: edilizia abitativa, formazione professionale, sanità.»
Un modello da seguire ci sarebbe: “Il caso spagnolo è interessante. I rom in Spagna sono molti di più che in Italia e sono riconosciuti come minoranza. A Madrid c’era una situazione analoga a quella di Roma, con campi in condizioni

disumane e in buona parte illegali. Dal 2010, in tre anni, la questione è stata risolta, senza spendere un euro in più, ma distribuendo le persone tra appartamenti e micro-aree attrezzate a scelta degli interessati”.

Alternative costruttive e modelli europei non mancherebbero, quindi, ma il momento politico non sembra il più favorevole. Non va però dimenticato che l’ostacolo più alto per il pieno rispetto e l’integrazione di rom e sinti è

il pregiudizio trasversale presente in Italia. La paura della diversità congela la volontà politica, come ci ricorda lo stesso Palermo: «chi tocca il tema dei Rom decreta la sua fine politica, a meno di non toccarlo con i

toni che sta usando ora Salvini.»
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Rom e Sinti. Originari dell’India Nord-occidentale, lasciarono, secondo alcuni studiosi, le loro regioni d’origine tra l’XI ed il XIV secolo.

Accomunati nelle diverse lingue europee con nomi come Zingari, Zigani, Gypsies, Gitani, furono oggetto nei secoli

successivi di bando e politiche discriminatorie, finchè durante il periodo nazista molti furono sterminati nei campi di concentramento, allestiti dal Terzo Reich.

Nel secondo dopoguerra furono fondate delle associazioni per la tutela e la difesa dei diritti dei Rom: in particolare, nel 1971 si tenne a Londra il primo congresso dell’Unione Internazionale Romaní,
Quest’Unione mira al riconoscimento di un’identità e di un patrimonio culturale e linguistico nazionale senza stato né territorio. I rom quindi non chiedono un loro specifico Stato nazionale, ma rivendicano il diritto d’esser trattati come gli altri esseri umani con pari diritti e doveri.

Sotto il profilo linguistico  Rom e Sinti si esprimono in molti casi in lingua romanés o romaní, una lingua che pare tragga le sue origini da certe parlate in uso nell’India settentrionale: si ritiene che 4,6 milioni di rom usino correntemente questa lingua.

Oggi il Romaní è lingua minoritaria riconosciuta in Austria, Finlandia, Germania e Svezia, mentre In Italia, non gode di alcuna forma di tutela a livello nazionale, nonostante la presenza storica plurisecolare.

Quasi sicuramente non sarà nemmeno questo parlamento ad accordare a rom e sinti quelle tutele che meriterebbero, ma al contrario, più d’un politico si lascerà andare a dichiarazioni incontrollate che incrementeranno il pregiudizio

soprattutto in chi vede in loro una minaccia. Mentre è di là da venire qualunque seria politica che affronti il triste problema di chi vive nei campi, privo di quelle tutele che ogni cittadino merita, come l’andar a scuola per i bambini o l’esser curato per chi è malato.

PIER LUIGI GIACOMONI

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