PER GLI ZULU C’E’ UN NUOVO RE
(21 Maggio 2021)
PRETORIA. Per gli Zulu, da poche settimane, c’è un nuovo re, ma la corsa alla successione al trono è stata costellata di colpi di scena con tanto di morti misteriose, intrighi e trame sotterranee.
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I FATTI.
E’ successo che a fine marzo il precedente sovrano, Goodwill Zwelithini, 72 anni, sia morto in ospedale, forse per complicazioni dovute al Covid oppure al diabete di cui soffriva.
Il re esercita molta influenza su un sesto degli abitanti del Sud Africa, riceve sussidi pubblici, controlla milioni di ettari di terra, attraverso un trust, e possiede numerose mandrie di bestiame: le sue proprietà valgono diversi milioni di dollari, quindi nella realtà sudafricana la successione al trono tradizionale degli Zulu è un evento di primaria importanza.
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GOODWILL ZWELITHINI.
Il regno di Goodwill Zwelithini, durato oltre cinquant’anni, ha un esordio drammatico: nel 1968, morto suo padre, dovrebbe succedergli, ma qualcuno minaccia d’ucciderlo.
In breve: il candidato monarca fugge, nascondendosi o nel Transvaal o a Saint Helena, l’isola dove si spense nel 1821 bonaparte.
Dopo tre anni, calmatesi le acque, il re rientra in patria ed ascende al trono.
Il monarca era una personalità controversa e burrascosa: ha flirtato a lungo con gli afrikaner, ha litigato di brutto col governo ANC che voleva privarlo dei suoi latifondi, ha definito gli immigrati provenienti dagli altri paesi africani “pulci” o “formiche” e si dice abbia fomentato i periodici pogrom che si scatenano nelle città sudafricane contro le proprietà e i lavoratori stranieri, come nel settembre 2019.
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CORSA AL TRONO.
La corsa al trono non è stata semplice: al momento della morte c’erano 26 figli d’ambo i sessi, tutti più o meno ambiziosi d’occupare il posto del loro defunto padre.
Così, per quaranta giorni il regno è stato gestito dalla regina Shiyiwe Mantfombi Dlamini Zulu, 65 anni, che è però spirata a fine aprile.
«Il Signore soltanto può conoscere il numero dei giorni che uno ha a disposizione», ha dichiarato il primo ministro Mangosuthu Buthelezi, 92 anni, dando la notizia.
Terza consorte di Goodwill Zwelithini, era la «moglie preferita”, fra le sei del defunto sovrano: era di sangue reale e quindi adatta a dare al popolo un principe ereditario.
Nata in ESwatini, (già Swaziland) nel 1956, nel ’77 sposa Zwelithini.
Impegnata da sempre a calmare gli animi in famiglia avrebbe dovuto, nel caso in cui il re fosse improvvisamente mancato, condurre delle consultazioni per individuare il più degno candidato alla successione.
Spentasi però inopinatamente la monarca, si apre il vaso di Pandora delle rivendicazioni delle altre mogli e soprattutto dei numerosi figli.
dopo che l’avvocato Griffiths Madonsela legge in TV il testamento con cui la defunta nomina «Misuzulu Zulu come mio successore al trono» scoppia la guerra.
subito, un fratello del designato si alza per sollevare obiezioni, ma vien zittito. Poi altri parenti apertamente insorgono: sostengono che la firma di
Zwelithini è falsa.
Le figlie della prima moglie in ordine di matrimonio sostengono d’avere la precedenza sul principe designato perché le nozze tra re Zwelithini e la regina Mantfombi son avvenute in forma civile e non secondo i riti tradizionali.
Vista la piega presa dagli eventi, il principe Misuzulu Zulu, per affermare la propria leadership, si presenta alla cerimonia commemorativa della madre, sostenuto dal canto e dalla danza di alcuni reggimenti di guerrieri, pronti a convincere con le buone o le cattive chiunque abbia dubbi sulla legittimità della sua nomina.
Questa la situazione al momento, ma non si può escludere che la saga abbia nuove puntate e nuovi colpi di scena.
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GLI ZULU.
Il popolo Zulu è formato complessivamente da 14,2 milioni di persone che vivono in Sud Africa (10 milioni circa), Lesotho, Eswatini (due piccoli regni completamente circondati dalla RSA), e poi in Zimbabwe, Malawi, Mozambico e Botswana.
Sono la più grande componente etnica del paese: Parlano lo isiZulu, una lingua bantu appartenente al sottogruppo nguni. Il loro nome deriva da amazulu, che nella loro lingua significa “gente del cielo”.
Sul piano religioso sono divisi in cristiani e cultori di riti tradizionali.
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LA STORIA.
Gli Zulu sono una delle popolazioni bantu che per secoli hanno migrato da nord verso l’Africa meridionale: nel 1709 Zulu kaMalandela conduce tutto il suo clan nella parte settentrionale dell’odierna provincia del Kwazulu-Natal. Da quel momento inizia la fase ascensionale del popolo che allarga il suo territorio a spese di altri clan che perdono terreno.
Col passar del tempo i diversi gruppi si fondono, finendo per formare un vero e proprio regno: nel 1816 è fondato un potente stato sotto la guida del re Shaka, che trasforma una confederazione di popoli in un forte impero.
Shaka crea un sistema fortemente militarizzato, noto come Impi, che prevede la coscrizione obbligatoria, un esercito permanente dotato di nuovi armamenti e una strategia di combattimento basata sull’accerchiamento degli avversari.
L’espansione Zulu è l’evento che contribuisce nel XIX secolo allo spopolamento di vaste aree dell’Africa meridionale.
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ARRIVANO I BRITANNICI.
Intanto è iniziata la stagione della conquista europea dell’Africa: la Gran Bretagna ha messo da tempo gli occhi sul Sud Africa,dove sono state scoperte nel 1872 in Transvaal ingenti riserve aurifere: Londra naturalmente vuol a tutti i costi metter le mani sul territorio e sottomettere le diverse popolazioni: di conseguenza gli inviati della Corona consegnano ai capi del regno Zulu un ultimatum (dicembre 1878): re Cetshwayo deve sciogliere il suo esercito ed accettare la supremazia britannica.
Il sovrano rifiuta, per cui scoppia la guerra tra gli Zulu ed il contingente africano delle truppe britanniche.
Sebbene all’inizio gli Zulu riportino una brillante vittoria nella battaglia di Isandlwana (22 gennaio 1879), successivamente i britannici prevalgono in diversi scontri fino al luglio ’79 quando alla battaglia di di Ulundi si decide l’esito del conflitto.
Il Re è capturato, l’impero zulu diviso in 13 piccoli regni: tuttavia, nel 1883 Cetshwayo è restaurato al potere d’uno stato vassallo denominato Zululand. Ciò non fa cessare gli scontri tra gli Zulu e re Zibhebhu, uno dei 13 sovrani bassalli instaurati dai britannici sostenuto dai mercenari Boéri.
Cetshwayo muore nel Febbraio 1884, ucciso dai miliziani di Zibhebhu: gli succede sul trono un ragazzo di 15 anni, Dinuzulu. Le guerre all’interno dello Zululand proseguono fino al 1897, quando il territorio è assorbito dalla nuova provincia del natal.
Dopo la guerra anglo-boéra (1899-1902) il sud Africa diviene una colonia britannica: nel 1910 è creata l’Unione sudafricana, uno stato semindipendente con propri governo e Parlamento, eletti però dai soli bianchi: a livello locale sono create quattro province (natal, Orange, Provincia del Capo e Transvaal) con propri governi dotati d’una certa autonomia. Il dominion sudafricano, insieme a quelli canadese, australiano e neozelandese costituiranno la base del futuro Commonwealth.
Il Sud Africa, come gli altri alleati del Regno Unito, parteciperà alle guerre mondiali (1914-18 e 1939-45) integrando le forze britanniche.
Il nuovo governo sudafricano all’interno vara una politica di segregazione razziale sempre più accentuata, finché nel 1948 il Partito Nazionale, espressione dei boéri o Afrikaaner,[1] vince le elezioni generali: ha inizio la fase più dura dell’Apartheid.
tra gli anni 50 ed 80 viene varato una complessa batteria di norme volte a separare nettamente le diverse componenti “razziali” del Paese.
Nel 1960 il Sud Africa si separa dal Commonwealth e si proclama unilateralmente repubblica, nel 1965 anche la Rhodesia si dichiara indipendente: i due Stati costituiscono nell’Africa australe un avamposto del suprematismo bianco, perché in ambedue le realtà vige una nettissima divisione dei diritti e dei doveri per bianchi e neri.
Gli Zulu sudafricani, in questo quadro, riescono a ritagliarsi un loro ruolo non senza patire sofferenze.
Nel 1970, il Bantu Homeland Citizenship Act, una delle leggi adottate dal parlamento monopolizzato dai bianchi, stabilisce che tutti gli Zulu diventino cittadini del KwaZulu, perdendo in questo modo la cittadinanza sudafricana: il territorio del KwaZulu viene peraltro ridisegnato in modo che sia formato da aree separate l’una dall’altra.
Le terre migliori di cui questo popolo dispone devono essere abbandonate a beneficio dei farmers bianchi, mentre centinaia di migliaia di persone vengono sradicate dalle loro terre e trasferite forzosamente in regioni meno ospitali e poco produttive.
Il leader storico degli Zulu Mangosuthu Butelezi, dal 1970 Chief Minister del Kwazulu (oggi Kwazulu-Natal), nel 1975 fonda l’Inkatha YeSizwe “la Corona della nazione”: nato come movimento antiapartheid, successivamente assume posizioni sempre più divergenti dall’ANC, fin al punto che i suoi militanti negli anni 80 si scontreranno ripetutamente coi supporter di Mandela in una specie di guerra civile tra neri.
Caduto il regime razzista nel 1994, Butelezi intavola trattative con Mandela e i dirigenti dell’ANC: gli Zulu devono far parte del nuovo governo della “repubblica arcobaleno”. L’obiettivo è centrato anche perché Mandela e i suoi successori vogliono assolutamente scongiurare una nuova guerra civile tra popolazioni nere ora che il Paese è uscito dalla dominazione bianca.
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I REGNI TRADIZIONALI.
Quello degli Zulu non è l’unico caso di regno tradizionale che sussiste all’interno dello Stato postcoloniale: in Africa diversi regni tradizionali continuano a esistere all’interno delle nazioni nate dalla decolonizzazione. Tra le ragioni di questa sovrapposizione di poteri vi è la separazione imposta dalle potenze coloniali tra popoli indigeni: diversamente da quanto accaduto in Europa, dove in linea generale, si sono costituiti degli Stati-nazione (la Francia contiene la maggioranza dei francesi, la Germania la parte preponderante dei Tedeschi…), in Africa i confini degli Stati nati dalla dissoluzione degl’imperi coloniali sono prima di tutto multietnici, in secondo luogo non di rado popoli di lingua e religione simile vivono in Stati diversi, infine, per antica consuetudine i popoli nativi attribuiscono maggiore importanza ai capi tradizionali piuttosto che ai leader che si impongono sulla scena nazionale.
Così, parecchi Stati africani, prima o poi, hanno corso il rischio d’andare in pezzi o d’essere dilaniati da lunghe e sanguinose guerre civili che noi classifichiamo come conflitti etnici, proprio per il sovrapporsi di due legittimità, quella tradizionale e quella postcoloniale.
In altre situazioni, i nuovi regimi nati dall’indipendenza sono venuti a patti con le autorità preesistenti e operative già da secoli.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTA:
[1] I boéri, o Afrikaaner, sono una popolazione bianca che vive in Sud Africa dal 1652: parlano l’Afrikaans, una lingua che contiene parole olandesi, francesi e tedesche.
Nel XIX secolo, dopo che gli Inglesi hanno occupato il capo di Buona Speranza e creato una loro colonia (1815) abbandonano le coste e si ritirano all’interno, portando con sé tutti i loro beni.
A mano a mano che i britannici si espandono, i Boéri si rinserrano nelle loro terre.
Tra il 1899 e il 1902 le repubbliche boére combattono una durissima guerra che si conclude con la sconfitta degli Afrikaaner che però assumeranno il controllo, prima dell’Unione Sudafricana (1910-1960) e poi dell’autoproclamata Repubblica (1960-1994).
Fra i bianchi sudafricani i 3/5 della popolazione è di lingua Afrikaaner e di religione calvinista.
I restanti sono anglofoni.