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PD. CONGRESSO, PRIMARIE, ALLEANZE.
(29 APRILE 2017)

ROMA. Domani, domenica 30 aprile, si svolgerà l’ultimo atto della fase congressuale del Partito Democratico: gli
elettori, dalle 8 alle 20, suddivisi in centinaia di seggi, potranno scegliere in prima persona il nuovo Segretario
Nazionale del Partito con un voto uguale, libero, diretto e segreto.

Contestualmente, sarà eletta l’assemblea nazionale dello stesso PD che si riunirà il 7 maggio per proclamare il
vincitore.

Se nessuno dei tre candidati in corsa otterrà la maggioranza assoluta dei voti, toccherà all’assemblea eleggere il
segretario, scegliendo fra i due pretendenti più votati.

Si arriva a questa elezione dopo che in dicembre il popolo aveva rifiutato la riforma costituzionale proposta dal
Governo, dopo le dimissioni rassegnate da Matteo renzi sia da Primo Ministro che da Segretario Nazionale.

Quest’ultimo passo era necessario per anticipare il congresso che si sarebbe dovuto tenere nel prossimo autunno, ma
da diverse parti si ritenevano ormai maturi i tempi per il rinnovo delle cariche.

A differenza di quanto accaduto nel 2009 e nel 2013, però, il Segretario dimissionario si è ripresentato con una
propria lista ed una mozione per conseguire un nuovo mandato.

A marzo, poi, si è consumata la “scissione”, preparata da un pezzo, e condotta in porto da una corrente che
riteneva la politica di renzi incompatibile con le radici del PD. Da questo scisma è nato il MDP, una nuova
formazione politica di sinistra che si affianca alle numerose altre già esistenti e che pescano consenso nella
stessa area ideologica.
***
Il congresso. La fase congressuale vera e propria si è svolta tra il 20 marzo ed il 9 aprile ed ha visto la
partecipazione in tutta Italia di 276.000 iscritti che hanno dato il loro contributo di idee per il nuovo
quadriennio politico 2017 – 2021. Al termine delle discussioni, che hanno preso le mosse dalle mozioni presentate
da Andrea Orlando, Matteo Renzi e Michele Emiliano, i tre candidati alla carica di Segretario Nazionale, chi ha
voluto, ha votato indicando il suo prediletto per la segreteria.

E’ stato un momento importante perché anche le persone più semplici hanno potuto dire la loro. Non è stato né un
votificio, né una cerimonia priva di scopo: è stato un momento di confronto nel quale chi ha voluto prender la
parola è stato ascoltato senza faziosità.

In questa fase, mi ha particolarmente colpito la passione di diversi iscritti anziani, anche ultra ottantenni,
gente che ha conosciuto la guerra, la resistenza, una lunga militanza nel PCI e che ha sofferto anche nell’intimo
sia per la scissione, ma soprattutto per la guerriglia continua condotta innanzi da alcuni esponenti nazionali di
prima fila contro Matteo Renzi ed il suo stile di governo e guida del partito.

sono stati spesso loro i critici più radicali di uomini in cui credevano da decenni e dai quali si son sentiti
traditi.
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Le primarie. Successivamente, ha preso il via la campagna per le elezioni di domani ed i tre candidati hanno girato
il Paese per illustrare le proprie proposte politiche non solo agli iscritti, ma a tutti gli elettori. Già, perché
chi vincerà, non sarà stato scelto solo da chi ha la tessera del PD in tasca,ma da tutti coloro che vorranno
presentarsi nei seggi allestiti presso i circoli del partito o i luoghi di aggregazione, verseranno due euro come
contributo per l’organizzazione della votazione e si esprimeranno in prima persona con un voto libero, eguale,
diretto e segreto.

Queste elezioni vengono chiamate primarie anche perché, per statuto, il candidato che sarà proclamato eletto, sarà
l’aspirante del PD alla Presidenza del Consiglio dei Ministri quando ci saranno le elezioni politiche generali.
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Le alleanze. Nell’imminenza del voto, è partita sui giornali la polemica, che definisco stucchevole, sulle alleanze
in vista della prossima consultazione elettorale generale.

Parlo di discussione stucchevole, prima di tutto perché fortemente venata di ideologia, tesa soprattutto a definire
chi deve essere l’alleato e chi l’avversario e poi perché prescinde dal programma da realizzare: in pratica, non si
capisce cosa quest’ipotetica alleanza tra PD ed altri partiti di sinistra più o meno radicale, sarebbero in grado
d’offrire al Paese.

Nella nostra recente storia politica, abbiamo visto nascere decine di alleanze, costruite come dei cartelli
elettorali, in grado, talvolta, di vincere le elezioni, ma prive di coesione nel momento in cui una maggioranza
politica si trasforma in governo.

In parte, ciò si deve ad un peccato d’origine d’una componente della sinistra italiana che si sente viva solo se
sta all’opposizione, solo se conduce una critica distruttiva a ciò che non funziona, in parte ciò avviene perché
queste alleanze nate a tavolino, lasciano ai partner contraenti le mani libere circa il dopo voto.

Nella sinistra, poi, convivono due sentimenti che traspaiono abbastanza spesso:
• più che governare, è importante esser rappresentati;
• il governo è meglio che sia debole, perché da un esecutivo forte possono venire solo decisioni sbagliate.

Questo modo di concepire la politica ha prodotto di fatto l’emarginazione delle forze di sinistra dall’area di
governo: nella storia dell’Italia unita dal 1861 ad oggi la sinistra ha governato per circa un ventennio,
comprendendo anche l’epoca di Agostino Depretis e Benedetto Cairoli.

Inoltre, come hanno dimostrato anche avvenimenti recenti, diviene talvolta insanabile lo scontro tra sinistra
riformista e massimalista: la prima desiderosa d’introdurre cambiamenti significativi in economia, nel sistema di
sicurezza sociale, nelle relazioni internazionali e così via, la seconda dedita soprattutto alla realizzazione d’un
mondo utopico.

Vi è un altro aspetto della questione delle alleanze che non permette di affrontare il tema in modo compiuto e
soddisfacente: siamo ancora in attesa di una legislazione che stabilisca con quali sistemi eleggeremo il prossimo
Parlamento: in particolare non è chiaro a quale percentuale scatterà il premio di maggioranza o di governabilità,
la quota minima per eleggere dei Parlamentari, l’introduzione o meno delle preferenze, la compatibilità delle leggi
per l’elezione di camera e Senato onde evitare che nelle due assemblee vi siano maggioranze divergenti che
impedirebbero la stabilità dei governi.
***
La mia scelta. Io domani voterò per matteo Renzi e Maurizio Martina, rispettivamente candidati segretario e
vicesegretario del PD. Lo farò perché credo che questi due uomini abbiano ancora molto da offrire al Paese, perché
hanno saputo, insieme ad altri, varare tra il 2014 ed il 2016 un pacchetto di riforme molto importanti per
l’Italia. Inoltre il governo Renzi è stato capace di rapportarsi con l’europa in modo critico, ma costruttivo
ottenendo risultati inattesi ed irraggiungibili solo alcuni anni fa.

Mi auguro allora che questo duo vinca lo scrutinio di domani e che dalla prossima settimana il PD cominci a
scrivere una nuova pagina della propria tormentata storia e, poiché è al governo a roma, in molte regioni, province
e comuni, prosegua dovunque la sua opera riformatrice.

PIER LUIGI GIACOMONI

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