NUOVA FRONTIERA DELLA JIHAD GLOBALE, IL MOZAMBICO
(31 Dicembre 2020)
MAPUTO. La Nuova Frontiera della Jihad globale è il Mozambico, in particolare la regione di Cabo Delgado, nei pressi del confine con la Tanzania.
Da alcuni anni, gruppi jihadisti compiono attacchi contro la popolazione civile: la situazione si aggrava sempre di più anche perché le autorità di maputo faticano a contrastare i guerriglieri ed a controllare il territorio.
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LE CAUSE DEL CONFLITTO
«Cabo Delgado – ha scritto corriere.it – è l’unica area dell’ex colonia portoghese con una maggioranza di musulmani (in tutto nel Paese sono il 18%). Un islam moderato, con oltre il 60% della popolazione che segue la tradizione sufi, la corrente più spirituale. Ma negli ultimi mesi si è intensificato l’attacco delle milizie, note all’inizio come Al-Shabaab, stesso nome di quelle che infestano la Somalia: solo che lì si richiamano ad Al Qaeda, qui all’Isis. Ora si fanno chiamare «Ahlus Sunna wal Jamaa» e la loro pericolosità è cresciuta rapidamente: il vescovo di Pemba Luiz Fernando Lisboa, un brasiliano, spiega che se inizialmente usavano coltelli e machete e si muovevano solo con vecchie motociclette, «ora hanno armi e veicoli e possono eseguire attacchi su vaste aree». Lisboa denuncia da tempo le violenze: all’inizio del mese, ha parlato di «una crisi umanitaria gravissima», raccontando di villaggi distrutti e migliaia di persone che si ammassavano sulle spiagge per fuggire.»
Qual è l’obiettivo dei terroristi? Formalmente l’instaurazione dello Stato islamico predicato col terrore dalla casa madre mediorientale. In realtà la zona fa gola a molti poiché è luogo di numerosi traffici: avorio, eroina, legname, rubini, di cui la provincia è ricca, con la polizia che è complice dei contrabbandieri.
Ad arricchire la torta vi è stata la scoperta d’ingenti giacimenti di gas che ha attirato compagnie come ExxonMobil, Total e Anadarco, munite di milizie aziendali che presidiano il territorio interessato dai trivellamenti.
(nell’area è presente anche l’italiana ENI).
E’ ovvio che tutto questo non poteva certo lasciare indifferenti i jihadisti, che in agosto si sono impadroniti del porto di Mocimboa da Praia, vitale per lo sfruttamento del gas.
«I guerriglieri – scrive Guido Olimpio su corriere.it – hanno sviluppato buone capacità per condurre un conflitto asimmetrico: mine, ricorso a barchini, mezzi fai-da-te con i quali ostacolare gli avversari.»
E il governo? E’ in svantaggio sui guerriglieri per almeno due ragioni:
1. l’etnìa degli Mwani, in cui fanno proselitismo i jihadisti, si è sempre sentita discriminata dalla preferenza accordata ai Makonde, ritenuti più affidabili.dal FreLiMo, il partito che da sempre domina la scena politica nazionale.
2. la distanza fisica dei centri nevralgici del paese situati a Maputo, città capitale collocata nel sud ad oltre 3mila chilometri da Cabo Delgado rende difficile il controllo del territorio da parte delle autorità governative.
Maputo, per fronteggiare una situazione che sta sfuggendo di mano, si è rivolta a milizie mercenarie sudafricane e agli onnipresenti russi della Wagner, che operano anche in altri Stati africani, ma i jihadisti – circa duemila – li hanno respinti con perdite. Ora il Mozambico aspetta l’aiuto degli Stati vicini, Repubblica democratica del Congo, Tanzania e Uganda.
Con 400 mila sfollati e 1.500 morti, Cabo Delgado è un nuovo fronte a cui il mondo, prima o poi dovrà prestare attenzione.
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IL MOZAMBICO.
Ex colonia portoghese, situato nel sud-est africano sulla costa orientale di fronte all’isola di Madagascar, diviene indipendente nel 1975, quando Lisbona, dopo la «Rivoluzione dei Garofani (25 Aprile 1974), concede l’indipendenza ai suoi possedimenti nel continente.
Il potere è assunto dal FreLiMO, ma in diverse aree del Paese imperversa la guerriglia della ReNaMo. Per anni è tutto un susseguirsi di attentati, combattimenti, villaggi incendiati, spargimento di mine antipersona nei terreni coltivabili.
In una parola: terrore e povertà diffuse.
Finalmente, nel 1992, viene stipulato un primo accordo di pace: FreLiMO e ReNaMo si trasformano in partiti politici che presentan liste alle elezioni, regolarmente vinte dal primo e perse dalla seconda che ovviamente denuncia brogli.
Le ostilità riprendono nel 2007, ma, grazie alla mediazione di diversi attori internazionali, si riesce a raggiungere una nuova pace.
Dotato d’una superficie di 801.590 km2 ed abitato da 29,5 milioni di persone, il territorio confina con Tanzania, Malawi, Zimbabwe e Sud Africa.
Se all’inizio della sua storia, il Paese aveva intrapreso una via marcatamente marxista successivamente si è convertito all’economia di mercato, tuttavia le continue guerre ed ora l’ingerenza degli al-Shabaab rischiano di ridurre al minimo ogni speranza di sviluppo ad una Nazione che ha già sofferto molto in 45 anni d’indipendenza, senza contare la lunga e sanguinosa lotta per l’autodeterminazione.
PIER LUIGI GIACOMONI