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NEGOZI APERTI GIORNO E NOTTE
(21 gennaio 2016)

BOLOGNA. Mi chiedevo da un po’ quando ci saremmo arrivati. A cosa? Ai negozi aperti 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, 365-66 giorni all’anno, come in America. Me lo chiedevo perchè questa mi sembrava la “nuova frontiera” del commercio, dopo che, ormai da alcuni anni, è stata desacralizzata la domenica per cui nel “sacro giorno” dedicato al riposo, dopo sei giorni di lavoro, sono aperti da mane a sera tutti i supermercati, ipermercati, mercatini, mercatoni e centri commerciali per soddisfare i desideri dei consumatori.

Mi chiedevo anche chi avrebbe rotto per primo il tabù del negozio aperto dalle 2 alle 4 del mattino. Ed ecco: la risposta alle mie domande è venuta.

Scrive stamani il sito del Resto del Carlino:

«ieri mattina (Martedì 19 gennaio [PLG]) le saracinesche del Carrefour di via don Sturzo e piazza di Porta Castiglione si sono alzate per non abbassarsi più. Almeno per ora, visto che nelle stanze milanesi del colosso francese – che non parla ufficialmente –, sono in molti a credere che, lunga o breve che sia, la formula h24 sia comunque una sperimentazione. Un tentativo che, per non sbagliare, si starebbe però già pensando di estendere anche al punto vendita di via Sant’Isaia. Si parte, dunque: dopo Milano, Roma, Napoli e altre 38 città in Italia, […] la formula non-stop da ieri notte è arrivata anche sotto le Due Torri.
Felicissimi i lavoratori interinali che l’azienda ha selezionato e stima di assumere in città per dedicarli alle ore notturne. Col sorriso forzato i dipendenti ‘tradizionali’, ieri mattina annodavano palloncini alle colonne e applicavano sui vetri gli adesivi con scritto ‘aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7’. I clienti? “Da settimane ci chiedono informazioni e poi dicono che stanno dalla nostra parte e che questa cosa non ha senso. Ma state sicuri che, la prima volta che avranno l’insonnia o si accorgeranno di aver finito l’olio per la spaghettata di mezzanotte, ce li ritroveremo qui”.
E se, perlomeno per il momento, l’azienda ha assicurato che non chiederà alle donne di lavorare di notte e non obbligherà nessuno a farlo, il problema più che dei lavoratori sarà dei responsabili di negozio. Perché finché non ne arriveranno altri, tra un punto vendita sguarnito di giorno e un punto vendita interamente in mano agli interinali di notte, la prima ipotesi – perlomeno all’inizio – è di sicuro la preferibile.
I turni di lavoro saranno due: dalle 20 alle due, e dalle 2 alle 8 di mattina, durante il quale prevedere comunque la pulizia dei locali e il ricarico delle merci, perché anche i posti aperti h24 si sporcano e a un certo punto vanno riforniti.
Poi c’è la sicurezza. E se dall’una i supermercati h24 non venderanno più alcolici, per stare comunque tranquilli in entrambi i punti vendita saranno presenti delle guardie giurate armate. Restano preoccupati i sindacati Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl, che martedì in assemblea hanno continuato a registrare i forti timori dei lavoratori: “La paura, per tutti – spiega Silvia Pergola (Cisl), in prima linea fin da maggio sulla vertenza Carrefour – è che a un certo punto l’azienda possa non rispettare la volontarietà del lavoro notturno e obbligare i lavoratori a cambiare i propri ritmi di vita”.
Merola dice che anche i vigili lavorano di notte? “Certo, con l’unica differenza che la sicurezza dei cittadini non ha orario. La spesa, invece, non è detto che si debba per forza farla alle 4 di notte. Con un po’ di sforzo si potrebbe aspettare le otto di mattina”.»

Fin qui il Carlino: personalmente, ho dei dubbi sull’utilità di quest’operazione e sui problemi che pone.

Anzitutto, la questione sicurezza di chi lavora e di chi, magari, alle due di notte esce per tornare a casa o, alla stessa ora si reca in uno di questi punti-vendita per compiervi il proprio turno di lavoro.
Immaginiamo che una giovane commessa venga aggredita da un bruto o che si presenti in negozio qualcuno che vuole impadronirsi dell’incasso: chi tutela questi lavoratori? Quali coperture assicurative hanno?

Vi è anche la possbilità che, generalizzandosi la cosa, perché è da supporre che altre catene di grande distribuzione faranno presto altrettanto, si verifichi un crescente aumento di traffico veicolare anche in orari in cui di solito c’è poca mosssa: l’amministrazione è preparata ad affrontare questa circostanza?

Poi c’è l’aspetto economico: siamo sicuri che tener aperto quando non c’è in giro nessuno crei profitto?

Dopo tutto, se uno vuol fare una spaghettata alle quattro con aglio,olio e peperoncino potrebbe far la spesa nelle ore canoniche, dalle 7 alle 21, in modo da aver in casa tutti gli ingredienti che servono, acqua, vino o birra compresi.

C’è, in fine, un aspetto apparentemente secondario, ma a mio parere importante: lavorare è, secondo la Costituzione, un diritto-dovere del cittadino (cfr. art. 4), ma in diversi settori dell’economia da alcuni anni gli orari di lavoro si sono notevolmente dilatati ed il livello di sfruttamento del personale è considerevolmente aumentato.

Siamo sicuri che questa sia una buona ricetta che getta le basi per una buona società? Siamo sicuri che imitare cinesi e coreani che lavorano 60 ore alla settimana sia il segnale d’una civiltà in cui c’è il momento del lavoro, ma c’è anche quello degli affetti, della cultura, della convivialità e di molto altro ancora?

Le Chiese, ad esempio, non hanno nulla da dire in proposito?

PIERLUIGI GIACOMONI

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