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MICRORACCONTI DEL 1° GENNAIO

(3 Febbraio 2019)

1.

Daniel era un professore d’orchestra dei wiener Phylharmonicker: come tutti gli anni il 1° gennaio 2019 doveva partecipare al concerto di Capodanno alla sala del Musikverein di Vienna. Da quando era stato preso vent’anni prima a far parte dei Wiener non ne aveva mai saltato nemmeno uno. Il 1° gennaio 2019 si svegliò con l’influenza e la febbre a 38. Prese il cellulare e mandò un messaggio al primo violoncello, Daniel era un violoncellista di fila, comunicandogli la malanotizia.

Il collega rispose quasi istantaneamente che non doveva preoccuparsi, ma che si doveva anzi riguardare perché l’orchestra avrebbe avuto bisogno di lui per i futuri concerti.

Al suo posto avrebbe suonato una giovane violoncellista coreana che da tempo faceva la riserva.

A mezzogiorno Daniel accese la tv per seguire il concerto e notò in un’inquadratura la presenza della ragazza coreana nella fila dei violoncelli: ci rimase doppiamente male, sia perché, a causa della febbre, aveva dovuto rinunciare al concerto più famoso al mondo, sia perché al suo posto c’era una bella figurina femminile che magari l’avrebbe scalzato nei favori del primo violoncello che era noto per esser un tombeur des femmes.

***

2.

Di malagrazia, alle prime luci dell’alba del 1° gennaio, Fred fu svegliato da una guardia:

«Alzati, poltrone, che è ora d’andare!»

«d’andare dove!» disse Fred con la voce impastata.

«Verso la tua esecuzione capitale!»

Fred se n’era dimenticato: quel 1° gennaio era il giorno in cui l’avrebbero fucilato.

L’uomo si alzò, si lavò sommariamente e si vestì. Appena pronto due guardie lo presero in consegna e lo condussero nella piazza d’armi. Lo bendarono e lo legarono al palo.

Il comandante della guarnigione stava per prendere la parola, quando un civile gli si avvicinò con un documento in mano.

A bassa voce il segretario disse: «E’ un decreto emesso iersera da Sua Maestà».

Il comandante represse un insulto verso quell’imbelle d’un re che anche stavolta aveva commutato la pena di morte. Aprì il plico e lesse:

«Noi, Gustavo VIII per volontà di Dio re di … decretiamo e ordiniamo che nel Nostro reame vengano commutate tutte le pene capitali che andranno in esecuzione il 1° gennaio prossimo venturo. I condannati saranno tuttavia tenuti a scontare la loro pena finché la loro vita non abbia termine, ma è fatto divieto a qualunque plotone d’esecuzione d’aprire il fuoco su di loro.»

Il comandante della piazza d’armi si disse che poi il re avrebbe accorciato anche per quel poco di buono la pena finché non sarebbe tornato libero. Lui, se fosse stato re, gli avrebbe tagliato la testa già da un pezzo a quel poco di buono.

Però l’ordine era chiaro: Il militare comunicò che il Re aveva concesso la grazia e che anche per quel giorno non ci sarebbe stata nessuna esecuzione capitale. Fred fu slegato e ricondotto alla sua cella. Per quella volta l’appuntamento con la morte era rinviato.

***

3.

Il razzo era sulla rampa di lancio pronto per esser spedito su Marte. Cape Canaveral, ribattezzata per l’occasione Cape Kennedy come ai tempi delle missioni Apollo, era affollata di spettatori come quando venivano lanciati nello spazio i Saturno 5 coi loro astronauti diretti sulla Luna.

C’era anche il Presidente degli Stati Uniti Eric Williams, che all’inizio del suo primo mandato aveva detto nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca «Entro la fine del mio mandato l’uomo sbarcherà su Marte.»

Quando queste parole furono pronunciate la maggioranza dei commentatori presero in giro il Presidente, ma ora gli stessi non avevano più il coraggio di far dell’ironia.

La NASA aveva lavorato duro per otto anni per risolvere la maggior parte dei problemi che un simile viaggio poneva ed ora era venuto il momento del lancio.

A venti giorni dalla fine del suo secondo mandato, il Presidente williams era orgoglioso di tutti coloro che avevano cooperato alla buona riuscita dell’operazione,perciò era venuto a cape Canaveral, anzi Cape Kennedy, per assistere alla partenza del razzo.

Era il 1° gennaio 2033: alle 12 il conto alla rovescia entrò nella sua fase finale: meno dieci, nove, otto… meno cinque, quattro, tre, … meno due, uno, via… In un mare di fiamme il razzo si staccò dalla rampa di lancio e decollò. A bordo i cinque astronauti, tre uomini e due donne erano legati ai loro seggiolini. Alla sala operativa di Houston nel Texas i dati che giungevano erano perfetti, tutto stava andando secondo le previsioni. Entro due minuti dal lancio, la navicella Mars 8 raggiunse l’orbita intorno alla Terra dove avrebbe stazionato per alcune ore per poi intraprendere la lunga strada verso Marte.

Il lancio era andato bene e il Presidente si complimentò coi dirigenti della NASA che avevano fatto – a suo dire – buon uso dei finanziamenti ricevuti da Washington: di sicuro il suo successore non li avrebbe tagliati se l’impresa fosse riuscita.

a metà gennaio la navicella Mars 8 si avvicinò al “Pianeta rosso” e cominciò a scendere. Dei cinque astronauti, due dovevano rimanere a bordo della navicella-madre, mentre tre avrebbero dovuto scendere su Marte a bordo d’un modulo simile al Lem che era già stato usato ai tempi delle missioni Apollo. Tutto andò liscio come l’olio ed il 16 gennaio 2033 il comandante Peter Miller posò il suo piede su Marte.

Gli astronauti rimasero sul pianeta tre giorni, poi ridecollarono e si ricongiunsero coi loro colleghi sulla  Mars.

Quando il 20 gennaio 2033 alle dodici, ora di Washington il nuovo Presidente degli Stati Uniti prestò giuramento, la navicella stava iniziando il viaggio di ritorno sulla Terra.

***

4.

Tommaso era un netturbino e, malgrado la giornata festiva, quel 1° gennaio era di turno. Gli ordini erano chiari: rimuovere da Piazza Maggiore tutti i rifiuti che vi si trovavano. Tommaso vi trovò montagne di bottiglie, sia di vetro che di plastica, parecchie anche rotte, cartacce e molte altre schifezze.

“Possibile, borbottò tra sé, che i bolognesi debbano fare tanto casino a capodanno”? Ci vollero molte ore di duro lavoro, ma alla fine Tommaso e i suoi colleghi riportarono Piazza Maggiore e le vie circostanti al suo splendore abituale.

Tommaso amava Bologna: rimaneva sbalordito tutte le volte che guardava la sua città. Era uno spazzino, ma aveva sviluppato la passione per l’arte e per il Rinascimento. Così quand’ebbe finito di ripulire la Piazza entrò in san Petronio. Non era un cattolico praticante, ma nemmeno un mangiapreti e quelle opere d’arte che si trovavano dentro al duomo l’affascinavano. Girò per la chiesa, che conosceva benissimo per averla visitata tante volte, si fermò ad osservare quadri, statue, affreschi.

Lo colpiva molto il dipinto di Giovanni da Modena in cui maometto era raffigurato all’Inferno.

Rimase talmente in estasi che gli passò la stanchezza e non s’accorse che passavano le ore.

Ad un certo punto, un prete gli disse che stavano per chiudere il duomo.

Tommaso uscì con ancora negli occhi quelle immagini che l’affascinavano tanto.

***

5.

Il contratto che legava Johann Sebastian Bach alle chiese di Lipsia era chiaro: doveva produrre una cantata alla settimana da eseguirsi nelle festività religiose a commento delle letture della domenica. Oltre che per le domeniche bisognava anche comporre delle cantate sontuose per le feste comandate. Il 1° gennaio era una di queste. Le letture del 1° gennaio raccontavano che il Bambino Gesù come previsto dalle leggi ebraiche del tempo doveva presentarsi al tempio per esser circonciso e perché gli venisse imposto il nome. Bach voleva realizzare una cantata solenne, festante, ricca di suoni e colori perché la venuta al mondo del Salvatore per lui, che era un uomo molto religioso, era un avvenimento da celebrarsi col massimo sfarzo. Però i cantanti e gli orchestrali erano quello che erano e bach temette fino all’ultimo che l’esibizione del coro e dell’orchestra sarebbe stato un fiasco.

Invece quando il 1° gennaio 1727 fu eseguita la cantata composta per quella festività tutti, Kantor compreso, rimasero stupefatti per la qualità dell’esecuzione. I ragazzi del coro e dell’orchestra ce l’avevano messa tutta pur di far bella figura davanti a tutta la Lipsia che contava.

***

6.

Roberto faceva il bagno in mare tutti i giorni d’estate come d’inverno. ormai da anni tutte le mattine si alzava, si metteva addosso il costume e giunto in spiaggia si buttava. D’estate indugiava perché l’acqua gli dava refrigerio, d’inverno faceva una nuotata energica per evitare che i muscoli prendessero freddo. Quel’1° gennaio era veramente molto freddo, il termometro segnava 0 gradi centigradi,ma roberto non volle rinunciare al suo bagnetto quotidiano.

Si alzò alle sette, si mise addosso il costume, si coprì bene, in fin dei conti aveva settant’anni, e poi a passo rapido raggiunse la spiaggia. Lì si spogliò e si lanciò in acqua. Mosse le braccia e le gambe il più rapidamente che potè, ma si accorse che la temperatura era veramente troppo bassa. Uscì dal mare e raggiunse il mucchio dei suoi abiti, si asciugò molto rapidamente e si rivestì. Una volta giunto a casa si fece una doccia bollente per togliersi il senso di freddo che aveva addosso.

Da allora decise che avrebbe fatto il bagno in mare solo se le condizioni  atmosferiche l’avessero davvero consentito.

***

7.

I giornali, si sa, il 1° gennaio non escono, ma ciò non vuol dire che non ci debbano esser dei giornalisti in redazione pronti a scrivere pezzi sia per l’edizione on line sia per l’eventuale allestimento d’un’edizione straordinaria.

Ovviamente chi lavorava a capodanno erano soprattutto i giovani giornalisti alle prime armi o i praticanti.

Susanna era una di queste: quando al giornale i redattori più anziani prendevano le ferie a lei veniva fatto un contratto temporaneo che le dava la possibilità di lavorare. doveva scrivere pezzi per gli avvenimenti più disparati: dall’incidente stradale al torneo di scopone scientifico. Oppure doveva raccontare la storia del primo bambino nato dopo la mezzanotte.

Susanna sperava di diventare una giornalista professionista, sperava di poter un giorno condurre un’inchiesta che avrebbe aperto gli occhi a tutti su una qualsiasi delle ingiustizie che c’erano nel mondo, ma per adesso le toccava seguire fatti e fatterelli di nessuna importanza per l’edizione on line del quotidiano per cui lavorava.

Quel giorno però le diedero l’incarico di seguire la storia di una ragazza che era stata aggredita e violentata durante una festa di Capodanno. Susanna condusse una vera inchiesta e a fine giornata scrisse un pezzo che per il redattore capo della cronaca era degno d’esser pubblicato il giorno dopo sull’edizione di carta con tanto di firma in fondo.

Susanna si sentì felice, ma fu ancora più felice quando qualche giorno dopo il direttore del quotidiano, rientrato dalle ferie ai Caraibi, le propose d’entrare in pianta stabile nella redazione di cronaca nera.

Susanna accettò e col tempo dimostrò d’essere una giornalista di classe con la vocazione propria del mestiere.

***

8.

Milena lavorava in una radio: tutte le mattine dalle 6 alle 9 conduceva una trasmissione a base di canzoni, inframmezzate da battute, notiziole ricavate dai giornali, chiacchiere, dediche, telefonate degli ascoltatori, messaggini… Milena per esser in radio alle 6 si alzava alle quattro e mezza, prendeva il motorino e si recava presso la sede della stazione. Arrivava più o meno alle cinque e mezza, beveva un caffè e poi, in attesa che il tecnico le desse il via, controllava la scaletta del programma che prevedeva minuto per minuto cosa doveva esser trasmesso. Già, perché la radio aveva dei contratti pubblicitari che dovevan esser rispettati al minuto altrimenti gli sponsor avrebbero tolto il saluto.

Alle sei in punto la voce di Milena usciva dal microfono col saluto abituale:

«Sveglia, Italia, svegliatevi amici, comincia un nuovo giorno!!!»

Poi rapidamente leggeva le ultime notizie, le previsioni del tempo e le informazioni sul traffico. Poi pubblicità. Poi una nuova canzone e così via.

Questo tutti i giorni dell’anno, anche il 1° gennaio perché i contratti vanno rispettati alla lettera.

Milena era precisa, non sbagliava un colpo, era una perfetta conduttrice: spigliata, allegra, gioviale, dotata d’una dizione perfetta.

Però quella mattina nel suo cervello s’insinuò il dubbio che alle sei del 1° gennaio ad ascoltarla non ci fosse nessuno, a parte il tecnico, più scorbutico del solito.

“Non c’era nessuno –  le disse il diavoletto che le si era insinuato dentro – perché tutti avevano passato la notte a divertirsi ed ora stavano tornandosene a casa stanchi ed ubriachi”.

Milena si disse che di questa realtà ne avrebbe avuto presto una controprova. alle sei e venti, come indicava la scaletta presentò il nuovo singolo di eros Ramazzotti e aggiunse:

«Dopo apriremo le linee per dar spazio a voi fedeli ascoltatori!»

Era anche un modo per farsi coraggio.

Alle 6,23 la canzone finì e Milena ripetè:

«E adesso a voi la parola: chi abbiamo in linea?»

Per un attimo udì la propria voce disperdersi per le linee telefoniche come in un’eco di montagna, poi una voce lontana, quasi intimidita, disse:

«Tocca a me?»

«Sì – rispose Milena gaia più del solito – come ti chiami e da dove telefoni?»

«Mi chiamo Max e telefono dalla Germania!»

«Dalla Germania?! Milena era incredula.

«Come mai ci ascolti da lì?»

«Perché anch’io oggi devo lavorare e tutte le mattine prima d’andare fuori vi ascolto via streaming.»

«Ma che meraviglia!»

«Ti chiedo – continuò Max – se puoi mettermi l’ultima canzone di Laura Pausini. La vorrei dedicare a tutti coloro che lavorano a Capodanno.»

«Certamente, rimani all’ascolto e vedrai che la tua richiesta sarà soddisfatta.»

Milena si sentì da quel momento meno sola: almeno c’erano là fuori delle persone che l’ascoltavano, malgrado fosse Capodanno. Si disse che da quel momento doveva dare al suo pubblico il meglio di sé. Fu veramente molto sorpresa quando il tecnico, a fine trasmissione, le disse che erano arrivate molte telefonate quasi come se fosse stata una mattina normale. Anche lui, di solito burbero e poco socievole, quella volta era quasi gioviale.

«Ci vediamo domattina, allora!» disse l’uomo.

«Certamente» rispose Milena «Vedrai che domani avremo più ascoltatori!»

La ragazza uscì dalla radio, prese il motorino per rientrare a casa: più tardi nella giornata avrebbe impostato la trasmissione del giorno dopo.

Mentre guidava per le vie di Milano ancora deserte si ripeté che lavorare alla radio le piaceva troppo perché ogni giorno c’era una sorpresa.

PIER LUIGI GIACOMONI

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