MAPPAMONDO.
PAESI DIMENTICATI
LE COLONIE
(15 Agosto 2023)
Esistono ancora le colonie? Ci sono ancora nel III millennio degli imperi coloniali come nel XIX o XX secolo? L’Union Jack o il tricolore francese sventolano ancora ovunque nel mondo, come ai tempi della Regina Vittoria o della Terza Repubblica?
La risposta è no, perché quegl’imperi sono finiti negli anni 60 all’epoca del movimento di decolonizzazione.
Tuttavia, sul nostro mappamondo esistono ancora dei “territori d’oltremare”: si tratta perloppiù di piccoli lembi di terra, francese, inglese o americana…, situati in aree lontane dalla madrepatria che, a seconda dei diversi ordinamenti giuridici, o sono parte integrante dello stato che li possiede o si trovano in una specie di limbo, muniti d’un certo grado d’autonomia interna, ma impossibilitati ad ottenere la piena sovranità.
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Le Nazioni Unite, al presente, individuano 17 “Non-Self-Governing Territories”[1] appartenenti perloppiù a Regno Unito, Francia, Stati Uniti, ma vi è anche il Sahara Occidentale, che nel 1975 cessò d’esser un possedimento spagnolo per diventare quasi subito proprietà del Marocco.
Ci sono anche le isole Falkland-Malvine che furono oggetto d’una breve guerra tra Gran Bretagna ed Argentina (aprile-giugno 1982).
Non figurano nell’elenco territori come la Guiana Francese (America del Sud), la Martinica e la Guadalupa (Antille) che la Francia considera come proprie province d’oltremare.
Non è nostra intenzione far qui un elenco dei numerosi possedimenti coloniali sparsi per il pianeta, vogliamo però soffermarci su alcune situazioni che ci paiono interessanti o semplicemente curiose.
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TERRITORI CHE VOGLION L’INDIPENDENZA
Tra i territori d’oltremare che vorrebbero l’indipendenza, che però non riescono ad ottenere, abbiamo il Sahara occidentale, di cui parleremo in un articolo a parte data la complessità della vicenda, la Polinesia Francese e la Nuova Caledonia.
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LA POLINESIA FRANCESE
Situata nell’Oceano Pacifico, occupa una superficie di 4.167 kmq. ed ospita una popolazione di 275.918 abitanti (2020).
È composta da un gruppo di cinque arcipelaghi, per un totale di 118 isole, di cui 67 abitate: Isole della Società (Isole del Vento e Isole Sottovento), Isole Australi, Isole Marchesi, Isole Gambier e Isole Tuamotu. La collettività include inoltre i vasti spazi marittimi adiacenti: dista 6.000 chilometri dall’Australia e 17.000 dalla Francia.
Capitale: Papeete (26.017 abitanti);
moneta: Franco CFP (1 euro ≈ 119,3317 Franchi CFP);
lingue: francese (ufficiale) e diverse lingue locali.
A Mururoa e Fangataufa dal 1966 al ’96 vengon effettuati per trent’anni, salbo una moratoria tra il 1992 e il ’95, centinaia di esperimenti nucleari, sia nell’atmosfera che sottoterra: ciò ha causato proteste in tutto il Pacifico e l’emergere, secondo i ricercatori che han condotto indagini, un incremento di casi di tumore al cervello ed altre patologie tra la popolazione.
Tutto ciò ha favorito la crescita del movimento indipendentista che proprio di recente ha vinto le elezioni per l’assemblea territoriale.
Il 30 Aprile 2023, infatti, una coalizione di sei partiti indipendentisti ha conquistato il 44,29% dei voti ed eletto 38 deputati su 57: il 12 maggio Moetai Brotherson, 53 anni, è diventato presidente del governo locale.
Brotherson è, secondo Le Monde, favorevole ad una transizione dolce verso l’indipendenza: tuttavia, finora Parigi si è rifiutata d’avviare negoziati per la decolonizzazione del territorio.
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NUOVA CALEDONIA
Qualcosa di simile è accaduto finora con la Nuova Caledonia, altra isola del Pacifico sotto sovranità francese.
Anche qui le rivendicazioni indipendentiste sono piuttosto vivaci, vi sono stati diversi referendum coi quali si è chiesto alla popolazione se vuol separarsi da Parigi, ma per un motivo o per l’altro, Noumea rimane legata all’esagono.
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TERRITORI CHE RIFIUTAN L’INDIPENDENZA
Vi sono però casi di colonie che han rifiutato l’indipendenza.
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ANGUILLA
E’ nelle Antille un “british overseas territory” dotato d’una certa autonomia, ma soggetto al Regno Unito: occupa una superficie di 96 kmq. ed è abitato da circa 16.000 persone.
Dopo un breve periodo come parte della Federazione delle Indie Occidentali (1958-62), è membro d’una federazione con St. Kitts and Nevis: gli anguillani però si senton discriminati dai vicini.
Il 30 maggio 1967, esplode la rabbia popolare contro un contingente di poliziotti provenienti dall’isola vicina: su istigazione di alcuni leader nazionalisti, è pubblicata una dichiarazione d’indipendenza dalla federazione, nasce un’effimera repubblica con Ronald Webster, uno dei leader del movimento come presidente.
l’obiettivo dei ribelli non è la sovranità nazionale, ma il ripristino del governo di Sua Maestà: Londra tenta, attraverso un suo inviato d’appianare i contrasti,ma gli anguillani con un altro plebiscito ribadiscono il loro no a St. Kitts.
Così, nel marzo ’69, 300 soldati britannici intervengon sull’isola, sciolgon la repubblica e restauran l’amministrazione di Sua Maestà.
Due anni più tardi (luglio 1971) Westminster emana l’anguilla Act e dieci anni più tardi il divorzio tra le isole è consumato:
• St. Kitts,unito a Nevis,diventa indipendente nel 1983;
• Anguilla torna sotto un governatore britannico nominato da Elisabetta II.
Da allora l’isola delle Antille conosce una forte crescita del proprio PIL grazie al turismo ed al suo ruolo di “paradiso fiscale”.
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TERRITORI NEL LIBMO
Tra i territori d’oltremare che si trovano in una specie di limbo vi è Puerto Rico, uno “stato liberamente associato agli USA”, secondo la definizione data da Washington alla condizione giuridica dell’arcipelago situato a sud di Cuba.
Conquistato dagli Stati Uniti dopo la guerra contro la Spagna (1898), Puerto Rico ha una propria amministrazione autonoma: un governatore, eletto ogni quattro anni, un parlamento locale, dei tribunali, ma dipende per la difesa e gli affari esteri dal governo centrale.
Gli abitanti eleggono un deputato alla Camera dei Rappresentanti, privo di diritto di voto; inoltre i cittadini non possono partecipare alle elezioni del Presidente USA.
Tutti i tentativi di trasformare Puerto Rico nel 51° stato dell’Unione si sono scontrati contro il veto del Senato che vi si è sempre opposto.
Nel 2014 l’amministrazione di San Juan fa default, perché non è in grado di ripagare l’enorme debito pubblico accumulato; nel ’17 l’isola è investita dall’uragano María che provoca gravissimi danni all’economia e alle infrastrutture: Donald J. Trump, che all’epoca è alla Casa Bianca, rifiuta d’inviare soccorsi a Puerto Rico che è abbandonato a sé stesso.
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TERRITORI RIVENDICATI
Tra le colonie ve ne sono il cui possesso è rivendicato da Paesi vicini che le ritengono parti integranti del proprio territorio nazionale.
Abbiamo già ricordato il caso delle isole Falkland, che gli argentini chiamano Malvine, ma vi sono altre aree oggetto di controversie internazionali.
In diverse occasioni, la Spagna ha fatto capire che Gibilterra, colonia britannica a sud della penisola iberica, sarebbe ora che tornasse sotto la sua sovranità, ma gli abitanti, interpellati due volte mediante referendum han risposto “no” col 99% dei voti.
Le isole Chagos, 62 atolli corallini, situate nel sud dell’Oceano indiano, sono rivendicate da Mauritius, stato isolano ubicato ad est di Madagascar.
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LA VERTENZA DELLE CHAGOS
«”L’oggetto dell’operazione è occupare qualche pietra che rimarrà nostra… non dovranno esserci indigeni a parte i gabbiani”, scriveva Paul Gore-Booth, alto funzionario del Foreign office britannico quando, nel 1966, cominciava a prendere forma il progetto di espellere i duemila abitanti delle isole Chagos dalle loro case. “Su questo non dobbiamo assolutamente transigere”.
E così è stato. Sei anni dopo gli abitanti delle Chagos (ilois, come si auto-definiscono) sono stati radunati, caricati sulle navi e scaricati sul lungomare di Port Louis, nell’arcipelago delle Mauritius, dove la maggior parte di loro è vissuta nella più assoluta povertà fino a oggi», narra Gwynne Dyer[2].
Nel 1966, quando Mauritius sta per diventare indipendente, gli Stati Uniti fan capire a Londra che quelle isole farebbero molto comodo per costruirvi una base da cui far decollare i B52 diretti in Vietnam.
«Agli Stati Uniti non piaceva l’idea di avere un’importante base strategica in un paese africano indipendente, perciò bisognava fare qualcosa», scrive ancora Dyer[3].
La soluzione ovviamente è separare le isole Chagos dalle Mauritius e dichiararle Territorio britannico dell’oceano Indiano (Biot).
Vengon offerti 3 milioni di sterline al governo maurziano, come indennizzo per la perdita subìta,
Allo stesso tempo gli si dice che se rifiuta il compenso non avrà l’indipendenza.
Port Louis, ob torto collo, accetta.
Per tutti questi anni agli “ilois”, non è stato permesso tornare, ma nel 2000 i loro discendenti riescon ad ottenere una sentenza che stabilisce che la deportazione compiuta nel ’72 è illegale e Londra deve consentire ai chagosiani di rientrare a casa propria.
Senonché, l’11 Settembre 2001 a New York vengon abbattute le Torri Gemelle e Washington promuove la guerra al terrorismo prima in Afghanistan poi in Iraq.
Conseguenza, la base aeronavale di Diego Garcia sulle Chagos torna strategica: da lì partono i B52 e lì giungono i “terroristi” catturati che verranno inviati nelle varie prigioni allestite dappertutto per esser interrogati o eliminati.
Si deve attendere il gennaio 2021 perché arrivi una nuova sentenza favorevole a Mauritius e ai chagosiani: intervenendo su una controversia confinaria tra Mauritius e Isole Maldive, che discutono da anni sulle loro frontiere marittime, l’United Nations International Tribunal for the Law of Sea, stabilisce che il Regno Unito non ha sovranità sulle Chagos e che devon esser restituite a Port Louis.
Ovviamente il capo del governo mauriziano esulta:
«Il giudizio è chiaro e inequivocabile, il mio paese ha la sovranità sulle Chagos», ma un portavoce del Foreign Office replica gelido:
«Il Regno Unito non ha alcun dubbio sulla propria sovranità sul British Indian Ocean Territory, che è rimasto sotto continuo controllo britannico dal 1814 ad oggi. Le Mauritius non hanno mai avuto sovranità su tali isole e il nostro paese non accetta la richiesta di cederle».
Questione chiusa, allora? Forse no perché Port Louis nel frattempo ha aperto alla possibilità che anche dopo la restituzione delle isole alla sua amministrazione possa permanere la base di Diego Garcia, cui tengono tanto americani e britannici.
Il fatto è che le Chagos per Londra e Washington sono tuttora strategiche perché temono l’espansione cinese nell’Indo-Pacifico e queste isole possono ancora aver un ruolo a tutela degl’interessi occidentali nella regione, a due passi, per così dire, da Africa orientale, Medio Oriente e subcontinente indiano.
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CONSIDERAZIONI FINALI
Gl’imperi coloniali,come li abbiamo studiati a scuola non esistono più: le carte colorate di rosa che segnavano dove garriva l’Union Jack son obsolete, ma l’imperialismo è tuttora vivo e vegeto e si esprime sotto varie forme.
Gli Stati Uniti han ben chiaro quali siano le loro aree d’influenza più o meno diretta, Francia e Gran Bretagna cercan di non perder del tutto contatto coi paesi nati dalla dissoluzione dei loro imperi, Russia e Cina fan di tutto per dimostrare che sono o saran delle superpotenze.
Nel loro piccolo anche altri Paesi si
comportano più o meno nello stesso modo:
Israele vuol a tutti i costi dominare i territori occupati con la guerra dei sei giorni (1967) e l’ARabia Saudita vuol accreditarsi come la potenza regionale del Golfo Persico.
La Turchia, oltre ad occupare illegalmente Cipro Nord, sogna di restaurare almeno in parte i fasti dell’impero ottomano, oltre che esser un punto di riferimento per i paesi turcofoni dell’Asia centrale;
l’Australia si sente una potenza regionale per l’Oceania e il sudest asiatico;
E gli esempi potrebbero continuare: di fatto cambiano i modi d’esprimere la volontà di potenza, sorretta talvolta da un’ideologia e una retorica nazionalista, ma il desiderio dell’uomo di dominare altri uomini non vien meno come dimostrano le decine di guerre in atto, a cominciare da quella in corso nell’Ucraina orientale, un tipico conflitto imperialista, portato avanti da un paese, la Russia, che non si rassegna al suo ruolo di “tigre di carta” o di “gigante coi piedi d’argilla”.
Ha ragione Salvatore Quasimodo quando in una sua celebre poesia scrive:
«Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo.
Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura.
T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo.
Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi».
E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.[4]
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTE:
[1] Per leggere l’elenco completo delle 17 colonie individuate dalle Nazioni Unite si veda
https://www.un.org/dppa/decolonization/en/nsgt
[2] G. Dyer, Le isole Chagos vittime di un crimine lungo mezzo secolo, internazionale.it, 25 Febbraio 2022;
[3] G. Dyer, Le isole Chagos vittime di un crimine lungo mezzo secolo, cit.;
[4] S. Quasimodo, uomo del mio tempo, https://www.isoladellapoesia.com/poesie_famose/97-poesia-di-quasimodo-uomo-del-mio-tempo.php