MAPPAMONDO
PAESI DIMENTICATI
LA MONGOLIA
(14 Settembre 2023)
Dall’1 al 4 Settembre Papa Francesco s’è recato in visita pastorale in Mongolia: è raro che un leader di livello internazionale si rechi in questo Paese, uno dei più marginali nella scena politica internazionale: prima di lui l’ha fatto, come vedremo, per altri scopi, Emmanuel Macron.
Sembra quindi che questo Paese, incastonato fra Cina e Russia, stia tornando a svolgere un ruolo soprattutto a causa delle materie prime racchiuse nel suo sottosuolo, ma forse anche per la posizione geografica che occupa.
Ecco allora l’occasione giusta per soffermarsi su questA Nazione, tentando di tracciarne un profilo.
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LA MONGOLIA
GEOGRAFIA
La Repubblica di Mongolia si trova nell’Asia centrale: confina a nord con la Federazione russa e a sud con la Repubblica Popolare Cinese. E’ priva di sbocco al mare.
Occupa una superficie di 1.566.500 kmq. ed è popolata da 3,5 milioni d’abitanti.
La capitale è Ulan Bator (Ulaanbaatar in mongolo).
Il territorio comprende la parte settentrionale della Mongolia, conosciuta anche come “Mongolia Esterna” (il sud, o “Mongolia Interna”, è una regione autonoma cinese).
Il grande deserto del Gobi, nel centro, confina al nord e al sud con regioni steppose dove si pratica l’allevamento estensivo, in parte anche nomade, d’ovini, equini e cammelli. Ad ovest si trova la regione montuosa degli Altay, ricca di risorse minerarie: rame, stagno, fosfati, carbone e petrolio.
La desertificazione è aggravata dal clima arido e dalla fragilità dei suoli. L’acqua scarseggia, specialmente nelle regioni prossime al deserto del Gobi.
La popolazione si compone Per la maggior parte d’elementi d’origine kalka-mongola (79%), con minoranze di kazachi (6%); mongoli occidentali (3%); mongoli bayad (2%); mongoli boriati (2%); mongoli daríganga (1%); altri (7%).
La religione più diffusa è il buddhismo; vi sono minoranze di musulmani e di fede sciamanica. Per la costituzione non c’è nessuna religione ufficiale.
Lingua più parlata: il Mongolo: nel 2020, alla riapertura delle scuole in Cina, molti studenti della Mongolia Interna han protestato contro la politica del bilinguismo imposta da Pechino.
Le nuove linee guida educative, emanate dal Ministero cinese dell’Istruzione mirano, sotto la copertura della politica del cosiddetto “bilinguismo”, a sostituire il mongolo col mandarino nell’insegnamento di quasi tutte le materie, tranne che per la lingua e la letteratura.
La stessa politica di assimilazione linguistica si è già imposta in
Tibet e in Xinjiang da più di dieci anni, dove il mandarino ha soppiantato tibetano e uiguro nell’istruzione primaria e secondaria, nonostante la resistenza locale.
Tibetani e Uiguri che han preso l’iniziativa di creare laboratori linguistici o reti di scuole private son stati perseguitati senza pietà.
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STORIA
I MONGOLI
Costituiscono una delle principali etnie del nord e dell’est asiatico, formata da un insieme di popoli che han legami culturali e una lingua comune. I dialetti variano dall’una all’altra zona della regione in cui abitano, ma pochi di questi risultano incomprensibili a un mongolo.
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ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Tradizionalmente, i discendenti d’un antenato maschio trasmettevano il nome dell’avo all’insieme della famiglia (discendenza patriarcale), anche se vi son testimonianze dell’esistenza d’una tradizione anteriore, in cui la linea ereditaria era femminile. I matrimoni tra i membri dello stesso clan eran proibiti e ciò permetteva alleanze tra diversi gruppi familiari in modo da formare poi delle tribù.
Anche quando si dedicavano a qualche tipo di coltivazione, i mongoli eran principalmente nomadi. Il trasferimento del bestiame e degli accampamenti era determinato dal cambio dei pascoli durante l’anno. Gli animali eran di proprietà individuale, mentre i campi di proprietà collettiva.
I clan più potenti tendevano a controllare le attività delle tribù più piccole e le famiglie più deboli conservavan l’autorità e il possesso dei propri animali, ma dovevan pagar un tributo al clan dominante e si spostavano, accampavano, pascolavano il bestiame e guerreggiavano sotto i suoi ordini.
L’organizzazione politica e militare era adattata alla composizione del clan: un uomo in grado di maneggiare un’arma era capo o soldato, secondo le necessità del momento. La cattura di bestiame, donne e prigionieri di altre tribù era un metodo comune di arricchimento.
Quando una tribù era molto potente, come quella di Gengis Khan nel XIII secolo, si organizzava in maniera decimale, in gruppi di 10, 100, 1.000 e 10.000 soldati. Ai capi delle grandi unità veniva assegnato un territorio all’interno del quale riscuotevano tributi e reclutavano guerrieri per il capo supremo.
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GLI UNNI
La storia dei mongoli oscilla tra periodi di concentrazione e di dispersione tribale. Gli hsiung-nu o unni furon i primi abitanti delle valli del Selenga, che uniscon la Siberia al cuore dell’Asia. Si ipotizza che sian giunti nella regione almeno quattro secoli prima di Cristo.
Gli Unni crearono un grande impero tribale in Mongolia quando la Cina viveva il processo d’unificazione promosso dalle dinastie Ch’in e Han (221 a.C.-220 d.C.). L’impero degli unni guerreggiò per secoli per limitare l’espansionismo cinese e, forse a causa delle lotte interne, si disintegrò nel IV secolo d.C.
Alcune delle tribù meridionali si arresero alla Cina e si stabiliron nel suo territorio, dove finiron per esser assorbite, mentre altre emigraron verso ovest: tra queste la milizia guidata nel V secolo da Attila (433 – 453) che prima invase l’impero bizantino,poi su istigazione di questo il romano d’Occidente.
Gli Unni entrarono in Val padana passando dalle Alpi giulie, provenienti dalla Pannonia (Ungheria): misero a ferro e fuoco Aquileia e poi dilagarono per tutta la pianura.
Il loro obiettivo era conquistare Roma, ma il generale Ezio li fermò e poco dopo Attila morì: ciò provocò la disgregazione del fragile impero unno.
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I TURCHI
In Mongolia, spentisi gli Unni, comparvero i turchi che si stabiliron in tutta la regione. In quei secoli, l’organizzazione sociale non era costituita solamente da tribù nomadi. I grandi capi si stabiliron in quartieri generali, circondati da terre coltivate, che permettevan loro di allevar cavalli più grandi e forti, in grado di portare in groppa un guerriero con l’armatura.
Così aumentò la differenza tra l’aristocratico e l’arciere tradizionale della tribù, che montava un cavallo più piccolo. Anche l’agricoltura passò a occupare una posizione più importante nell’economia: gli uiguri, eredi del potere dei turchi della valle dell’Orhon, eran un popolo la cui vita si svolgeva intorno a un’oasi.
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I KIDAN
I Kidan, (X-XI secolo) governaronn la Mongolia mantenendo le tribù divise tra loro.
E’ a quest’epoca che compare nei registri ufficiali l’espressione Mongolia: una nazione
che comprendeva tutti i mongoli, tuttavia essa non includeva la totalità dei popoli che parlavan quella lingua.
I successori dei kidan furon gli Yuchen prima e i tartari poi, prima dell’era di Gengis Khan (XI-XIII secolo).
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GENGIS KHAN (1162 – 1227)
Nato nel 1162, all’interno d’un clan tradizionalmente potente, nipote di Qabul (Kublai Khan), capo maggiore dei mongoli fin a quel momento, Temujin ereditò vari feudi che eran stati tolti alla sua famiglia.
Nel 1206, grazie alle sue capacità politiche e militari, Temujin fu riconosciuto capo di tutti i mongoli con il titolo di Gengis Khan. Da allora in poi, i suoi eserciti invasero il nord della Cina e giunsero a Pechino. Nel 1215, l’impero mongolo si estendeva fino al Tibet e al Turkestan.
Nel 1227, quando però morì, anche quest’impero si disintegrò a causa delle dispute tra i suoi successori.
Tuttavia, presto la spinta espansionistica mongola riprese: nel 1240 fu estinto il regno dei Russ di Kiev e nel 1258 scomparve il califfato degli Abassidi di Baghdad.
Quando Marco Polo giunse in Cina nel 1271 vi trovò al potere Kubilay Khan, un mongolo, di cui divenne per una ventina d’anni uno dei più apprezzati consiglieri.
I mongoli tentarono anche di sbarcare in Giappone, ma l’impresa fallì: infatti eran un popolo poco avvezzo a navigare e i giapponesi ne ebbero facilmente ragione.
1368: I Ming presero il potere in Cina e poco tempo dopo, la capitale mongola Karakorum, fu incendiata. Tutti i tentativi compiuti dai cinesi per assoggettare al proprio dominio la Mongolia fallirono.
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LA NASCITA DELLO STATO MODERNO
Il Novecento fu un secolo di grandi trasformazioni nell’Asia centrale:
• nel 1912 scoppiò la rivoluzione repubblicana in Cina di Sun YatSen che pose fine al secolare impero, del resto già indebolito dalle innumerevoli guerre contro gli occidentali e i giapponesi;
• nel ’17 anche la Russia fu sconvolta da ben due rivoluzioni.
Per i nazionalisti mongoli era l’occasione giusta per proclamare l’indipendenza dello Stato:
Dopo una serie di rivolgimenti, il potere fu preso dal Partito Popolare Rivoluzionario (PPR) e Ulan Bator gravitò sempre di più nell’orbita russo-sovietica.
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LA MONGOLIA COMUNISTA
Il PPR, che all’inizio era composto anche da elementi nazionalisti e conservatori, finì per esser controllato dai comunisti che imposero al Paese un regime che applicava le teorie in voga a Mosca: abolizione della proprietà privata, ateismo di Stato, (furon distrutti centinaia di monasteri buddisti),persecuzione degli avversari della rivoluzione.
Le epurazioni non risparmiarono nemmeno quadri del PPR che nel 1938 furon passati per le armi.
Nel ’39 però la Mongolia fu di nuovo nell’occhio del ciclone: il Giappone già dal ’37 aveva invaso la Cina e la Manciuria e ora mirava esplicitamente a conquistare l’est sovietico.
Stalin fu costretto ad inviar truppe proprio nel momento in cui la Germania nazista invadeva la Polonia.
I combattimenti si protrassero per anni:solo nel ’45 fu ristabilita la pace.
Gli accordi di Yalta tra Stalin, Churchill e Roosevelt inserirono la Mongolia nella sfera d’influenza sovietica.
La Cina non accettò tale realtà fin a quando nel 1986 un vice ministro degli esteri di Pechino non visitò la capitale mongola e non furono firmati accordi di cooperazione e collaborazione tra i due Paesi.
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FINE DEL COMUNISMO
Con l’introduzione della Perestrojka voluta da Mikhail Gorbacev entrò in crisi tutto il sistema di potere comunista: anche in Mongolia il PPR perse gradualmente il ruolo di partito guida.
Non solo: il governo riconobbe che le varie riforme introdotte in economia non stavan dando i risultati previsti, perciò fu abbandonata la pianificazione e si avviò il passaggio all’economia di mercato.
Fu introdotto il multipartitismo e furono presto convocate libere elezioni.
Ricca di petrolio, minerali, bestiame, legname e lana, la Mongolia ha carenze nei settori monetario, dei macchinari e nella manodopera specializzata per poter sfruttare tali risorse. E’ ancora diffusa la pastorizia e il nomadismo. A Ulan Bator la gente vive in tende munite di elettricità, mentre l’acqua arriva grazie a pompe comuni che la prelevano dai pozzi.
Non son mancate in questi decenni crisi alimentari: la FAO, ad esempio stimò che nel 1998, in occasione d’una carestia, il Paese avesse bisogno di 90.000 tonnellate di cibo.
Non son neanche mancati scandali di corruzione dei vertici del mondo politico.
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LE TERRE RARE
La Mongolia è tornata d’attualità negli ultimi mesi non solo per la visita del Papa, ma anche per la missione che vi ha compiuto in maggio Emmanuel Macron: il Presidente francese sa che il Paese possiede diverse materie prime, in particolare certe terre rare che interessano molto l’industria del III Millennio per la produzione di batterie e microchip.
In questo ambito è fondamentale che vengan firmati con Ulan Bator contratti che privilegino le imprese occidentali a scapito di quelle cinesi o russe.
Ecco perché forse in futuro di questo Paese parleremo più spesso.
PIER LUIGI GIACOMONI