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L’UNESCO FOMENTA LO SCONTRO DI CIVILTA’
(15 Ottobre 2016)

PARIGI. L’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione,la scienza e la cultura che ha sede nella capitale francese, fomenta lo scontro di civiltà tra musulmani ed ebrei.

Con una risoluzione approvata con 26 sì, 6 no e 24 astensioni, il comitato esecutivo
chiede ad Israele di riaffidare la gestione della spianata delle moschee al Dipartimento giordano per le dotazioni religiose (Awqaf) e di ripristinare le regole di accesso alle moschee in vigore fino al settembre 2000.

Fino a quella data, Awqaf esercitava l’autorità su Al Aqsa/Al Haram Al Sharif, ne regolava l’accesso dei fedeli e provvedeva alla manutenzione dell’area.

Da allora, però, Israele ha esteso la sua amministrazione a tutti i Luoghi Santi, soprattutto per evitare che s’infiltrassero tra i pellegrini, anche dei terroristi, intenzionati a commettere attentati in territorio israeliano.

Non bisogna dimenticare, infatti, che negli anni Novanta e Duemila erano frequenti le incursioni di kamikaze islamici che si facevano esplodere, soprattutto di domenica mattina, alle fermate degli autobus uccidendo soldati, alunni delle scuole o semplici passeggeri, anche di lingua araba.

Il testo. Intitolata «Palestina Occupata», la proposta di risoluzione è stata presentata dalle delegazioni palestinese e giordana.

Con essa:
• si chiede di considerare i termini “Al Aqsa” e “Al Haram Al Sharif” (che in arabo significa “il nobile Santuario”) come sinonimi, e la “Porta Mughrabi” (Bab Al Magharbeh) come
parte integrante e inscindibile di Al Aqsa;
• si respingono «le crescenti aggressioni israeliane e le misure illegali contro Awqaf e il suo personale e contro la libertà di culto e di accesso dei musulmani a Al Aqsa/Al Haram Al Sharif”»;
• Si deplora «l’assalto continuo di Al Aqsa da parte di estremisti israeliani e di uomini in uniforme»;
• si mette in dubbio, infine, l’ebraicità del muro occidentale e quindi il diritto degli ebrei di recarvisi a pregare.

Ora il documento verrà sottoposto al Consiglio generale dell’Unesco.

Le motivazioni storiche. La risoluzione approvata coincide con gli obiettivi del Re di giordania Abdallah II che si considera, per diritto ereditario, custode dei Luoghi Santi di Gerusalemme.

Fino al 1967, infatti, Gerusalemme Est, dove si trova la spianata delle moschee ed il muro occidentale, noto come “muro del pianto”, residuo dell’ultimo grande tempio ebraico, distrutto dai Romani nel 70 d.C., era situato in territorio giordano.

Per effetto della vittoria israeliana nella “Guerra dei Sei Giorni” (5-10 giugno 1967) tutta quell’area divenne zona occupata dallo Stato ebraico; nel 1980, in seguito all’approvazione della legge su Gerusalemme, tutta la città fu dichiarata “capitale eterna ed indivisibile dello Stato di Israele.

Il 28 settembre 2000, con una famosa passeggiata compiuta sulla spianata delle Moschee, Ariel Sharon, allora leader del Likud e successivamente Primo Ministro, scatenò la seconda Intifada: con quel gesto il Generale voleva riaffermare la sovranità israeliana sui Luoghi Santi.

Le reazioni. I primi a reagire sono stati gli Israeliani che hanno accusato l’agenzia dell’ONU di voler negare i legami storici tra il popolo ebraico ed il Monte del Tempio, su cui sorge la Spianata delle Moschee.

Perciò, il ministro per l’Educazione Naftali Bennett ha inviato una lettera alla direttrice Irina Bokova, accusando l’organizzazione di «fornire supporto al terrorismo.» e comunicando l’immediata sospensione di ogni relazione con l’agenzia residente a Parigi.
«Non ci saranno incontri coi suoi rappresentanti e non parteciperemo alle conferenze internazionali», ha scritto.

Il premier Benyamin Netanyahu, per parte sua, ha rincarato la dose: dopo aver definito la risoluzione «un testo del teatro dell’assurdo» ha aggiunto: «Negare i legami ebraici con il Monte del Tempio è come negare quelli della Cina con la Grande Muraglia o quelli degli egiziani con le Piramidi.»

Irina Bokova, direttrice dell’UNESCO, forse sorpresa per le polemiche suscitate sulla stampa internazionale dalla deliberazione assunta durante la 200ª sessione del Comitato Esecutivo dell’organizzazione, è corsa ai ripari ed ha preso le distanze dal documento.
«La Moschea di Al-Aqsa, o Al-Haram al-Sharif, il sacro santuario dei musulmani – ha precisato in un comunicato – è anche Har HaBayat, il Tempio del Monte, e il Muro occidentale del Tempio (Muro del Pianto), il luogo più sacro per l’ebraismo».

Europei divisi. Al momento della votazione i Paesi UE membri del Comitato esecutivo, una sorta di Consiglio di Sicurezza dell’agenzia, si sono pronunciati in modo diverso:
Gran Bretagna, Germania, Olanda, Lituania ed Estonia, hanno votato contro, unitamente agli Stati Uniti; Francia e Spagna si sono astenute.

La vicenda getta una luce fosca sull’UNESCO che già in passato era stata accusata di posizioni ideologiche, al punto che per un certo periodo, negli anni Ottanta, Stati Uniti, Gran Bretagna e Singapore avevano abbandonato l’organizzazione.

Quest’iniziativa, intrapresa dall’Autorità nazionale Palestinese, ammessa con diritto di voto nel 2011 – al Palazzo di Vetro Ramallah ha solo un ruolo di osservatore – rischia di fomentare lo “scontro di civiltà” tra cristiani, musulmani ed ebrei in una città che per le tre religioni abramitiche ha un significato davvero molto particolare. Non a caso, proprio lo statuto di Gerusalemme è stato uno degli scogli su cui si è arenato il processo di pace tra palestinesi ed Israeliani.

Per Israele, come s’è detto, la città è la capitale “eterna ed indivisibile dello Stato”, per i Palestinesi è una delle città sante dell’Islam, sede della Moschea della roccia.
Per gli Ebrei lì stava il Tempio, per i Cristiani vi è morto e risorto Cristo, per gli Islamici Maometto vi ha compiuto un viaggio portato dall’arcangelo Gabriele.

Ce n’è davvero abbastanza per consigliare di maneggiare la questione con molta prudenza.

PIER LUIGI GIACOMONI

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