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L’AUSTRALIA CONCEDE ASILO CLIMATICO A TUVALU
(14 Novembre 2023)

CANBERRA. L’Australia concede “asilo climatico” a Tuvalu, arcipelago del Pacifico a rischio d’esser sommerso entro pochi anni.

I due premier han sottoscritto un accordo, pubblicato il 10 novembre, da sottoporre ai rispettivi parlamenti, che riconosce ai tuvalesi il diritto di «vivere, studiare e lavorare altrove, a causa dell’aggravarsi del cambiamento climatico».

Perciò «i tuvalesi potranno accedere ai servizi sociali australiani, in modo da vivere con dignità», conclude il comunicato firmato dai capi di governo australiano, Anthony Albanese, e tuvalese, Kausea Natano.

«L’accordo – scrive AFP – prevede “diritti speciali” per i tuvalesi e impegna l’Australia ad assistere Tuvalu in caso di disastro naturale.»

Con questa iniziativa il premier laburista di Canberra, in carica dal giugno 2022, modifica almeno in parte la politica migratoria del suo paese: finora l’australia ponevamoltissimi ostacoli all’arrivo di migranti, soprattutto dall’Asia.

Ora, invece, di fronte ai già evidenti effetti del riscaldamento globale, apre le porte a tutti i tuvalesi.

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COSCIENZA SPORCA

All’origine del trattato bilaterale appena sottoscritto vi sono, notano i commentatori, almeno due ragioni:

1. Canberra è un grande estrattore e consumatore di gas e carbone ed è vista dagli stati del Pacifico come uno dei massimi responsabili del riscaldamento globale.

Quindi è molto probabile che pesi sui dirigenti australiani la coscienza sporca generata dall’aver finora dato più retta alla lobby dei combustibili fossili invece che avviare seri programmi di decarbonizzazione.

2. vuol inoltre evitare che la Cina estenda i propri tentacoli all’area oceanica: già Salomone e Kiribati han rafforzato i loro legami con Pechino.

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ALLARMI INASCOLTATI

Il piccolo arcipelago, che ha solo undicimila abitanti, è tra i paesi del mondo più esposti alla crisi climatica e dall’aumento del livello del mare: due dei suoi nove atolli sono già sommersi in parte; secondo alcune stime, queste isole diverranno inabitabili entro il 2100. Così, ad ottobre, il premier tuvalese ha nuovamente lanciato l’allarme: l’arcipelago «rischia di sparire dalle carte geografiche se non si adottano misure drastiche».

In precedenza, in occasione della COP26 (2021), per attirare l’attenzione sull’incerto futuro di queste isole, il ministro degli Esteri, della Giustizia e delle Comunicazioni, Simon Kofe, registrò un video in cui era immerso fin al ginocchio. L’immagine ebbe un discreto risalto sulla stampa mondiale.

Kofe l’accompagnò con lo slogan «Stiamo affondando».

Tutto inutile: i governanti di Funafuti son davvero preoccupati per il loro futuro al punto d’aver inserito nella costituzione che il loro paese esisterà anche quando le acque l’avranno sommerso.

«tuvalu esisterà in perpetuo – si legge – anche quando fisicamente non ci sarà più, perciò manterrà il diritto sulle acque circostanti l’attuale arcipelago» che occupa apena 26 chilometri quadrati di superficie terrestre, ma ha interessi su un’area marittima pari a 800mila kmq.

«La nostra sovranità non è negoziabile”, ha ribadito di recente Kausea Natano: parole che potrebbero esser vuota retorica fra ottant’anni, quando l’oceano avrà completato la propria opera.

PIER LUIGI GIACOMONI

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