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CONTRO L’ANTISEMITISMO DEL XXI SECOLO
(29 gennaio 2016).

ROMA. «Auschwitz, con i suoi reticolati, le camere a gas, le baracche, i forni crematori non ci abbandona. Al contrario, ci interpella costantemente, ci costringe ogni volta a tornare sul ciglio dell’abisso e a guardarvi dentro, con gli occhi e la mente pieni di dolore e di rivolta morale.» ottimo, signor Presidente!

E più oltre:
«Auschwitz, con tutto quel che racchiude e rappresenta, è un buco nero nella storia dell’umanità. Un buco nero che ha di colpo inghiottito – insieme a milioni di vittime innocenti – secolari conquiste nel campo del diritto, della scienza, del pensiero, dell’arte.

Ma l’inferno dei campi di sterminio, come ha scritto con grande acume un altro sopravvissuto, l’ebreo ungherese Imre Kertész, premio Nobel per la letteratura nel 2002, «non costituisce solo la singolare e sconcertante, incomprensibile storia di un paio di generazioni, ma anche una possibilità dell’uomo in generale».

Hannah Arendt ci ha ricordato che il male assoluto può prendere anche la forma della assoluta banalità; è un dèmone quotidiano che si può trovare annidato nel fondo più oscuro dell’animo umano, pronto a riaffiorare in determinate circostanze storiche o sociali e a diffondersi con la potenza di un virus, trasformandosi in fenomeno di massa.

Per questo nessuno, né oggi né mai in futuro, può sottrarsi dal peso che la Shoah colloca sulle spalle dell’umanità e dalle conseguenti responsabilità per il tempo presente e per l’avvenire.

Auschwitz ci ricorda, ci insegna ogni giorno di quali orrori può essere capace l’uomo, anche il più istruito e apparentemente civilizzato, se si lascia catturare dall’odio, dal fanatismo, da teorie aberranti.

Odio, fanatismo e aberrazioni che purtroppo anche oggi spargono sangue innocente in tante parti del mondo, mettendo a rischio la pace, la civiltà e la convivenza. L’antisemitismo che, talvolta, si fa schermo di forme di antisionismo, non è mai completamente debellato.

Mentre altri tipi micidiali di razzismo, di discriminazione, di intolleranza si diffondono attraverso il web, in maniera insidiosa e incontrollata.

Ma la forza dell’odio e dell’intolleranza non può prevalere, e non prevarrà, sulla civiltà e sul diritto.

Auschwitz è la “Notte” descritta da Wiesel, il luogo senza luce raccontato da Primo Levi, il sonno della ragione e del sentimento.

Rappresenta anche lo spartiacque della nostra storia recente. E’ stato l’apice, il punto più acuto e raccapricciante dei decenni del secolo scorso contrassegnati da guerre, da progetti di dominio sul continente, dal culto della potenza, da totalitarismi. La costruzione dell’Unione Europea – la nuova Europa della pace e della democrazia – rappresenta la risposta politica, storicamente più importante, a tutto questo e la coscienza del genocidio è stato uno dei motori fondamentali del processo di convergenza tra Paesi democratici.
Oggi l’Europa manifesta affanno di fronte a sfide nuove e impegnative. Ma la nostra storia, la storia d’Europa e la Shoah ci dicono che il nazionalismo di ritorno non ci proteggerà dalle nuove insidie. E’ un’illusione alzare muri e ricercare negli Stati nazionali un’inverosimile sovranità perduta. I nazionalismi generano diffidenza, rivalità crescenti, contrapposizioni, ostilità: una china pericolosa che abbiamo vissuto nel Novecento e alla quale statisti illuminati hanno contrapposto l’integrazione europea. E’ allarmante che tutto questo rischi di appannarsi, in Europa, nella sensibilità comune e nell’agenda di alcuni governi.

E’ bene, allora, ricordare che le radici di questi settanta anni di pace e di sviluppo vanno individuate anche nel sangue delle vittime e nella terra fredda, mista a cenere, di Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Bergen Belsen, Buchenwald, Mauthausen, Dachau e di tutti gli altri campi.

Non la rimozione o, peggio, la negazione della Shoah, ma la sua memoria, viva e presente, ha contribuito a dare consistenza e forza ai principi che fondano la nostra civiltà e il nostro patto di convivenza, in Italia e in Europa: la democrazia, l’eguaglianza, la giustizia, la pace, il rispetto dei diritti dell’uomo. Nella nostra Costituzione, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in tanti altri documenti internazionali si affermano con forza e con chiarezza quei principi inalienabili che l’ideologia che aveva prodotto Auschwitz, disprezzava e calpestava.

Ricorro ancora alle parole, in apparenza paradossali, di Kertész: «La Shoah è un valore, in quanto ha condotto, attraverso una incommensurabile sofferenza, a un’incommensurabile conoscenza; e in tal modo nasconde dentro di sé un’incommensurabile riserva morale».
***
Ben detto, Signor Presidente!

E’ proprio perché tutto si tiene, tutto ha una logica, tutto si collega che ricordare ogni anno la Shoah, l’angoscioso passato che ha caratterizzato la prima parte del XX secolo, le leggi razziali vergognosamente varate dal governo fascista, i rastrellamenti degli Ebrei e di coloro che li aiutavano, il campo di raccolta di Fossoli, il campo di sterminio della Risiera di San Sabba, nei pressi di Trieste pone a noi Italiani, che spesso ci siamo definiti “brava gente” (in proposito si leggano, tra gli altri gli studi di Angelo Del Boca sulla dominazione italiana in Africa) degli angosciosi interrogativi.

Com’è stato possibile che ci siamo lasciati intossicare da veleni così nocivi? Come possiamo evitare che tali veleni ci intossichino di nuovo, magari sotto forme apparentemente diverse dal passato? Come possono le giovani generazioni che non hanno conosciuto e vissuto quelle epoche e quegli orrori, che vivono in un’epoca di pace, di relativa tolleranza, di libertà personale e collettiva apparentemente acquisite una volta per tutte non lasciarsi accalappiare da falsi maestri che con una predicazione accattivante possono seminare odio verso certe categorie umane?

C’è nel discorso del Presidente della repubblica un passaggio che direttamente ci riguarda e ci coinvolge tutti,
soprattutto noi adulti:
«L’antisemitismo – dice il Capo dello Stato – che, talvolta, si fa schermo di forme di antisionismo, non è mai completamente debellato.»

Non si vuol dire con ciò che non si può criticare israele per la sua politica nei Territori occupati della Cisgiordania e Gaza, ma si vuol sottolineare che, talvolta, soprattutto sul web dove la libertà di parola e d’insulto è assoluta, passano, magari mascherati da slogan espressi a sostegno del popolo palestinese,
contenuti antisemiti, miranti a colpire tutto il popolo ebraico, ovunque si trovi.

Non è per nulla un caso se negli ultimi anni si sono moltiplicate le profanazioni a tombe ebraiche, attentati a sinagoghe, a centri culturali ebraici ed a supermercati Cosher, aggressioni a singole persone che portavano sul capo la Kippah.

Non si vuole in questo modo colpire Israele, ma l’ebreo che vive e lavora in mezzo a noi.

Il web, i social network sono uno strumento di comunicazione molto potente, utilizzato massicciamente dagli adolescenti che, non sempre, son in grado di decodificare i messaggi.

Ecco, allora, che proprio lì si annida la “nuova frontiera” dell’intolleranza, del fanatismo, dell’odio sparso a piene mani da chi si nasconde dietro l’anonimato d’uno pseudonimo, come a Venezia, un tempo, ci si nascondeva il volto dietro ad una bautta.

PIERLUIGI GIACOMONI

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