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LA VOLGARITA’ AL POTERE
(9 Novembre 2018)

ROMA. Da quasi un quarto di secolo i politici si esprimono pubblicamente come la gente nei bar. si può dire che la volgarità sia andata al potere.

Il flusso di parolacce, espressioni triviali cominciò negli anni novanta e da allora non si è fermato: anzi non passa giorno che non vi sia una nuova provocazione.

Oggi, leggo su Avvenire che il portavoce del Primo Ministro italiano, Rocco Casalino, ha detto, parlando a degli studenti nel 2004, che anziani, bambini «e down» gli «danno fastidio», lo «irritano» e gli «fanno schifo.»

Più oltre si spinge a dire: «Non possiamo semplificare la seconda Guerra mondiale con Hitler=Male e Ebrei=Poveretti, ma dobbiamo comprendere la complessità storica che ha portato i tedeschi a odiare gli ebrei e poi a incenerirli.»

Ecco, si arriva sempre lì: si arriva sempre a colpire le persone più deboli, quelle che non possono difendersi. si arriva sempre a colpire gli altri in ciò di cui non hanno colpa: non è una colpa esser bambino, anziano, affetto dalla sindrome di Down, esser cieco, sordo o colpito da altra infermità.

Peraltro, disabili spesso si nasce, ma sicuramente si diventa: a mano a mano che s’invecchia il corpo umano si deteriora e si ammala anche cronicamente con affezioni che di fatto limitano l’autonomia personale.

Anche ai giovani può capitare di farsi del male e divenire dei disabili definitivi: un incidente in macchina o un grave infortunio nella pratica sportiva possono cambiare definitivamente la vita.

Le dichiarazioni di quest’uomo sono offensive perché colpiscono quei milioni di esseri umani che non sono perfetti in ogni parte del loro corpo o hanno un’origine che al Nostro non piace.

Sono gravi perché quest’uomo in questo momento occupa un incarico pubblico, è portavoce del Premier in carica ed è pagato col denaro di tutti, ma sono sommamente gravi perché fomentano quell’odio verso il più debole che già si manifesta quotidianamente con decine di atti di bullismo e di sopraffazione verso il più debole.

Scrive S. Giacomo nella sua epistola: «Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica. Ora, uno solo è legislatore e giudice, colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?» (Gc 4, 11-12)

C’è un altro aspetto della questione che ci deve preoccupare e che m’infastidisce: il revisionismo storico acritico.

Intendiamoci, la storia non è scritta una volta per tutte, anzi il lavoro di coloro che la studiano è continuamente volto ad approfondire, indagare, studiare, cercare nuove fonti, rimettere in discussione il passato per capirlo meglio.

Ma il sostenere che occorre capire come mai i Tedeschi son arrivati ad odiare gli Ebrei – citiamo quasi testualmente – e ad incenerirli, insinua il dubbio, soprattutto in giovani menti che poco sanno del passato, che i nazisti abbiano fatto bene ad eliminare milioni di persone, tra cui, com’è noto, oltre agli Ebrei, anche disabili, zingari, omosessuali, sacerdoti cattolici…

Ecco, questo Casalino, oggi purtroppo eccessivamente famoso per la sua pochezza umana e per la sua incapacità di provare empatia verso gli altri, è un esempio di quei cattivi maestri che possono dare cattive lezioni.

Sarebbe davvero giusto che chi l’ha fatto diventare portavoce del Primo Ministro italiano lo sollevi dall’incarico e lo inviti a trascorrere un lungo periodo di eremitaggio dove ritrovar se stesso, rileggere qualche buon libro. Poi, dopo, sarà cosa buona e giusta fare un po’ di volontariato con qualcuna delle categorie per le quali oggi prova disgusto: potrà scegliere tra anziani, bambini, persone affette da sindrome di Down, oppure ciechi, sordi, sordociechi. Potrà conoscere in quella sede le loro famiglie e capire quale sia la fatica di sostenere un congiunto disabile nella crescita e nel suo inserimento sociale.

Poi gli consigliamo anche un viaggio ad Auschwitz, assieme a quell’altra signora di Budrio che portava un’infame maglietta in una recente manifestazione a Predappio.

PIER LUIGI GIACOMONI

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