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LA SVIZZERA ELEGGE UN NUOVO PARLAMENTO
(19 ottobre 2015)

BERNA. In questo fine settimana, in Svizzera si sono svolte le elezioni federali:
si trattava di rinnovare interamente l’assemblea Federale per il quadriennio 2015-19.
I risultati su cui oggi si soffermano i media di mezzo mondo riguardano però solo l’elezione del Consiglio Nazionale, ossia l’equivalente della nostra camera dei Deputati,mentre pochi si soffermano sul parallelo rinnovo del Consiglio degli Stati, o senato, che ha un metodo d’elezione diverso e la cui composizione finale sarà nota solo a fine novembre.

soffermiamoci, allora, anche noi sull’elezione del Nazionale.

Dai risultati, ormai quasi definitivi, emergono due dati:
– l’affermazione dell’UDC-SVP che passa da 54 a 65 seggi su 200;
– il crollo quasi verticale delle due liste verdi che perdono 11 mandati.

Da questo duplice e convergente elemento, si comprende che per l’opinione pubblica elvetica oggi la vera emergenza non è quella ambientale, ma quella determinata dal flusso migratorio.

I votanti, circa il 49,5% sul totale degli aventi diritto, ritengono quindi che il Paese alpino si debba difendere dal siriano, non dalla pioggia acida, dall’iracheno, non dal riscaldamento globale, dal curdo, non dallo scioglimento dei ghiacci, dall’afghano, non dal fungo nucleare.

Quattro anni fa, in seguito al maremoto che investì Fukushima con le connesse note vicende relative a quella centrale termonucleare, sia i verdi che i verdi-liberali ebbero un balzo in avanti e l’UDC perse otto seggi, oggi si verifica il fenomeno opposto.

La crescita dell’UDC-SVP segue un trend che ha le sue origini nel referendum del 6 dicembre 1992 con cui l’elettorato svizzero bocciò l’ingresso del Paese nello spazio economico europeo e mise in soffitta la domanda d’adesione di Berna all’Unione Europea. Da quel momento l’UDC-SVP non ha fatto altro che crescere, di elezione in elezione, a tutti i livelli, soprattutto nelle aree linguistiche tedesca, romancia ed italiana.

Nell’area di lingua francese, la presenza del partito di Christoph blocher è meno accentuata, ma sta lentamente guadagnando terreno.

chi ne ha pagato le spese, in passato, sono stati gli altri partiti “borghesi”: i democristiani ed i liberal-radicali: ieri, come s’è detto, la punizione ha colpito soprattutto i verdi di qualunque tendenza.

Commentando l’esito dello scrutinio di questa domenica Géraldine Savary, vice presidente del Partito Socialdemocratico svizzero, la cui forza è risultata sostanzialmente inalterata, ha detto: “L’UDC fa leva sulle paure degli svizzeri, ma gli altri partiti non hanno ancora trovato il modo di ridurne l’effetto”.

Ciò significa che il partito della destra nazionalista e populista riesce a comunicare i suoi messaggi con facilità e trova orecchie pronte ad ascoltarli, anche perché sono semplici e sempre gli stessi, gli altri partiti non riescono ad essere nella comunicazione altrettanto efficaci e non sono in grado di calmare le ansie d’una popolazione che teme d’essere schiacciata da forze più dinamiche e travolgenti.

Da qui, da questa sindrome da accerchiamento, nasce la reazione nazionalistica e isolazionista che però rischia d’esser controproducente per la stessa Svizzera e per le sue potenzialità economiche, soprattutto se diminuirà nel tempo, come già in parte è avvenuto, l’importanza della piazza finanziaria di Zurigo e se verrà firmato, come si sussurra, entro il 2017 il TTIP che può trasformare l’area delle’europa e del Nord America in una vasta zona di libero scambio. Sono queste solo alcune delle sfide che attendono i nuovi legislatori svizzeri, eletti ieri, confrontati a problemi che già interpellano tutti e che mettono in discussione certezze consolidate, ma, forse proprio per questo, obsolete.

PIERLUIGI GIACOMONI

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