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CONTRO LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA PAURA
(31 DICEMBRE 2017)

ROMA. Domani 1° Gennaio 2018 si celebra la 49° giornata mondiale della Pace: Fu istituita da Paolo VI nel 1967 nel

momento in cui nel mondo si combattevano molte guerre sia calde, come in Viet Nam, sia fredde, come in Europa.

Nel suo messaggio, che qui di seguito pubblico integralmente, Papa Francesco stigmatizza «Quanti fomentano la paura

nei confronti dei migranti, magari a fini politici», perché, invece di costuire la pace, »seminano violenza,

discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la

tutela di ogni essere umano.»

Il Papa, alla paura, oppone la cooperazione perché il migrante o il rifugiato può contribuire al rinnovamento di

società che stanno pericolosamente invecchiando.

Partendo dalla considerazione che il fenomeno migratorio è globale e che muri e reticolati non lo fermeranno,

perché ha le sue origini nelle diseguaglianze e negli squilibri socioeconomici che affliggono l’intera umanità,

propone ai responsabili delle Nazioni d’applicare delle politiche inclusive, ispirandosi a quattro verbi che da

soli indicano già diverse piste d’azione:
«accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, nei limiti consentiti dal bene

comune.»

A tutti coloro che leggono queste pagine, allora, l’augurio che il 2018 sia l’anno in cui si comincino a metter in

pratica questi quattro verbi fondamentali, perché in questo modo contribuiremo tutti all’edificazione della pace.

PIER LUIGI GIACOMONI
***
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

1° GENNAIO 2018

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace

1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte

di Natale,[1] è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più

duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora

una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati.

Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e

anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».[2] Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita

in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare

reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a

lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i

nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro

richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la

gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già

esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno

accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune

rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie

comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore

stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]
***
2. Perché così tanti rifugiati e migranti?

In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II

annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di

conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»,[5] che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora

registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare

spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte

volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire».[6] Si parte

per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di

questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento

dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della

disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile,

bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza

nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere

a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini

politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di

grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a

segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo

carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.
***
3. Con sguardo contemplativo

La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia,

migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra,

la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la

solidarietà e la condivisione».[9] Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del

profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre

aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano

che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di

fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze […] promuovendo la

solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»,[10] in altre parole realizzando la

promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un

carico di coraggio,capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo

arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito

di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il

cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da

spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»,[11]

considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si

prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e

polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati.
***
4. Quattro pietre miliari per l’azione

Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che

stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e

integrare.[12]
“Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e

migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza

nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità;

alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».[13]
“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo

reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini

che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi.

Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova».[14]
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che

possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani

l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le

proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di

dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»;

perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».[15]
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società

che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello

sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né

ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».[16]
***
5. Una proposta per due Patti internazionali

Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e

all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari,

l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un

quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da

compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della

pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla

globalizzazione dell’indifferenza.
Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità

internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un

numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la

disponibilità dei fondi necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti

di azione[17] quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che

nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere

l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni

Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in

molteplici sue opere fino ai nostri giorni.
***
6. Per la nostra casa comune

Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si

valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra

terra una reale “casa comune”».[18] Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto

testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile.
Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al

cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che

consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come

possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione

il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che

fanno opera di pace».[19]

Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti
Francesco
***
NOTE:
[1] Luca 2,14.
[2] Angelus, 15 gennaio 2012.
[3] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[4] Cfr. Luca 14, 28-30.
[5] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 3.
[6] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2013.
[7] N. 25.
[8] Cfr. Discorso ai Direttori nazionali della pastorale per i migranti partecipanti all’Incontro promosso dal

Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), 22.09.2017.
[9] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011.
[10] Esort. ap. Evangelii gaudium, 71.
[11] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[12] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017.
[13] Ebrei 13,2.
[14] Salmo 146,9.
[15] Deuteronomio 10,18-19.
[16] Efesini 2,19.
[17] “20 Punti di Azione Pastorale” e “20 Punti di Azione per i Patti Globali” (2017); vedi anche Documento ONU

A/72/528.
[18] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2004, 6.
[19] Giacomo 3,18.

 

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